ESORTAZIONE APOSTOLICA POST-SINODALE ECCLESIA IN OCEANIA DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II AI VESCOVI AI PRESBITERI E AI DIACONI AI CONSACRATI E ALLE CONSACRATE ED A TUTTI I FEDELI LAICI SU GESÙ CRISTO E I POPOLI DELL’OCEANIA: SEGUIRE LA SUA VIA PROCLAMARE LA SUA VERITÀ VIVERE LA SUA VITA INTRODUZIONE

 

1. La Chiesa in Oceania dà gloria a Dio all’alba del Terzo Millennio e proclama al mondo la propria speranza. La sua gratitudine a Dio scaturisce dalla contemplazione dei molti doni che essa ha ricevuto, inclusa la ricchezza di popoli e di culture e le meraviglie della creazione. Ma al di sopra di tutto vi è l’immenso dono della fede in Gesù Cristo «generato prima di ogni creatura» (Col 1, 15). Nel millennio trascorso, la Chiesa in Oceania ha accolto di buon grado e custodito questo dono della fede, e lo ha trasmesso fedelmente alle nuove generazioni. Per tale ragione, la Chiesa intera dà lode alla Santissima Trinità. Sin dall’antichità, i popoli dell’Oceania erano commossi dalla presenza divina nelle ricchezze della natura e della cultura. Ma solo con la venuta di missionari stranieri nell’ultima metà del secondo millennio i nativi udirono per la prima volta di Gesù Cristo, il Verbo fatto carne. Quanti emigrarono dall’Europa e da altre parti del mondo portarono con sé la propria fede. Per tutti, il Vangelo di Gesù Cristo, ricevuto con fede e vissuto nella communio della Chiesa, compiva, superandole, le aspettative più profonde del cuore umano. La Chiesa in Oceania è forte nella speranza, poiché ha sperimentato l’infinita bontà di Dio in Cristo. Fino ad oggi, il tesoro della fede cristiana è immutato nel suo dinamismo e nelle sue prospettive, dato che lo Spirito di Dio è sempre nuovo e sorprendente. La Chiesa sparsa in tutto il mondo condivide la speranza dei popoli dell’Oceania che il futuro porti nuovi e ancor più meravigliosi doni di grazia alle terre del Grande Oceano.

 

2. Un momento davvero particolare in cui la Chiesa in Oceania ha potuto parlare della propria gratitudine e speranza è stata l’Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi, svoltasi dal 22 novembre al 12 dicembre 1998. Di essa avevo suggerito l’utilità nella Lettera apostolica Tertio millennio adveniente, proponendola come una della serie di assemblee continentali volte a preparare la Chiesa al nuovo millennio.(1) Ai Vescovi dell’Oceania si unirono Vescovi di altri continenti e Capi di Dicasteri della Curia Romana. Vi parteciparono altri membri della Chiesa, tra i quali sacerdoti, laici e persone consacrate, come pure delegati fraterni di altre Chiese e Comunità ecclesiali. L’Assemblea ha analizzato e discusso la situazione attuale della Chiesa in Oceania, per poter programmare più efficacemente il suo futuro. Inoltre, ha focalizzato l’attenzione della Chiesa universale sulle speranze e le sfide, i bisogni e le opportunità, le lacrime e le gioie del vasto arazzo umano che è l’Oceania. L’incontro a Roma di molti Vescovi, riuniti con e attorno al Successore di Pietro, è stata una splendida occasione per celebrare i doni di grazia, che hanno portato una messe tanto abbondante tra i popoli dell’Oceania. La fede in Gesù Cristo è stata il fondamento e il centro focale dei partecipanti durante la preghiera e le discussioni. I Vescovi e quanti erano con loro sono stati animati dall’unica fede in Cristo; tutti sono stati ispirati e rafforzati dalla communio ecclesiale, che li ha uniti insieme ed è stata espressa durante i giorni dell’Assemblea Sinodale in maniera molto forte e commovente come vera unità nella diversità. CAPITOLO I GESÙ CRISTO E I POPOLI DELL’OCEANIA «Mentre camminava lungo il mare di Galilea vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano la rete in mare, poiché erano pescatori. E disse loro: “Seguitemi, vi farò pescatori di uomini”. Ed essi subito, lasciate le reti, lo seguirono» (Mt 4, 18-20).

 

La persona di Gesù La chiamata

 

3. Durante l’Assemblea Sinodale, la Chiesa universale giunse a vedere più chiaramente come il Signore Gesù incontra i molti popoli dell’Oceania, nelle loro terre e nelle molte isole. In verità, è il Signore stesso che li guarda con un amore che è insieme una sfida e una chiamata. Come Simon Pietro e suo fratello Andrea, essi sono invitati a lasciare tutto, a volgersi a lui che è il Signore della vita, e a seguirlo. Devono abbandonare non solo i sentieri del peccato, ma anche le vie sterili di un certo modo di pensare ed agire, così da intraprendere il cammino di una fede sempre più profonda e seguire il Signore con una fedeltà sempre più grande. Il Signore ha chiamato a sé la Chiesa in Oceania: è una chiamata che, come sempre, comporta anche un invio in missione. Lo scopo per cui si è con Gesù è di partire da Gesù, sempre contando sulla sua potenza e sulla sua grazia. Cristo chiama ora la Chiesa a condividere la sua missione con energia e creatività nuove. Il Sinodo ha chiaramente visto questo nella vita della Chiesa in Oceania. I Vescovi si sono rallegrati nel costatare che nella vita della Chiesa in Oceania il Signore Gesù si è dimostrato fedele alla sua promessa: «Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28, 20). L’assicurazione della sua presenza fornisce la forza e il coraggio necessari ai discepoli per divenire «pescatori di uomini». Durante l’Assemblea Speciale, la presenza del Signore è stata sperimentata nella preghiera, nella condivisione delle speranze e delle preoccupazioni, e nel vincolo della communio ecclesiale. La fede nella presenza di Gesù fra il suo popolo in Oceania renderà sempre possibili nuovi e meravigliosi incontri con lui, e questi diverranno seme di una nuova missione. Quando camminiamo con il Signore, lasciamo a lui ogni nostro fardello, e questo ci dona la forza di compiere la missione che egli ci affida. Egli, che prende da noi, a sua volta si dona a noi; si carica della nostra debolezza e ci dona la sua forza: questo è il grande mistero della vita del discepolo e dell’apostolo. E certo che Cristo opera con noi e in noi mentre «prendiamo il largo», come ora dobbiamo fare. Quando i tempi sono difficili e avari di promesse, il Signore stesso ci sprona a «gettare le reti ancora una volta» (cfr Lc 5,1-11).(2)

 

Non possiamo disobbedire. Presentare Gesù Cristo

 

4. La preoccupazione centrale dell’Assemblea Sinodale era di trovare vie adeguate per presentare oggi ai popoli dell’Oceania Gesù Cristo quale Signore e Salvatore. Ma qual è questo nuovo modo di presentarlo che dovrebbe attrarre un maggior numero di persone ad incontrarlo e a credere in lui? Negli interventi dei Padri sinodali si sono rispecchiate le sfide e le difficoltà, ma anche le speranze e le possibilità evocate da tale domanda. Nel corso della storia, grazie agli straordinari sforzi missionari e pastorali della Chiesa, i popoli dell’Oceania hanno incontrato Gesù Cristo che non cessa di chiamarli alla fede e dona loro la vita nuova. Nei tempi della colonizzazione, il clero cattolico e i religiosi hanno prontamente fondato delle istituzioni per aiutare le persone giunte in Australia e in Nuova Zelanda, a conservare e a rafforzare la loro fede. Missionari recarono il Vangelo agli abitanti originari dell’Oceania, invitandoli a credere in Cristo e a trovare la loro vera casa nella sua Chiesa. Le persone risposero in gran numero alla chiamata, divennero seguaci di Cristo e cominciarono a vivere secondo la sua parola. Il Sinodo non ha avuto dubbi che la Chiesa, la communio dei credenti, sia ora una realtà palpitante di vita tra molti popoli dell’Oceania. Oggi Gesù rivolge nuovamente a loro la sua attenzione amorevole, chiamandoli ad una fede ancor più profonda ed a una più ricca vita in lui. Pertanto, i Vescovi non hanno potuto non chiedersi: Come la Chiesa può essere uno strumento efficace di Gesù Cristo, che ora vuole incontrare i popoli dell’Oceania in modi nuovi?

 

Gesù Cristo: Pastore, Profeta e Sacerdote

 

5. Nel suo amore infinito per il mondo, Dio ha donato il suo unico Figlio perché fosse il Dio-con-noi. Spogliando se stesso per diventare come noi, Gesù nacque dalla Vergine Maria in semplicità e povertà. E pur essendo totalmente povero e umiliato sulla Croce, Gesù è l’amato Figlio di Dio, il Salvatore del mondo in tutta la sua umiliazione e la sua povertà.(3) Quando Cristo dimorò tra di noi, proclamò la Buona Novella che il Regno di Dio è giunto, un Regno di pace, di giustizia e di verità. Molti, specialmente tra i poveri, i bisognosi e gli esclusi, lo seguirono, ma i potenti del mondo in gran parte si rivoltarono contro di lui. Lo condannarono e lo inchiodarono sulla Croce. Questa morte ignobile, accolta dal Padre come sacrificio di amore per la salvezza del mondo, aprì la via alla gloriosa Risurrezione per la potenza dell’amore del Padre. Gesù, quindi, è stato stabilito Re dell’universo, Profeta per tutte le genti, e Sommo Sacerdote del santuario eterno. Egli è Profeta, Sacerdote e Re non soltanto per quanti lo seguono, ma anche per tutti i popoli della terra. Il Padre lo offre come Via, Verità e Vita a tutti gli uomini e donne, a tutte le famiglie e comunità, a tutte le nazioni e a tutte le generazioni.

 

Quale Figlio di David, Gesù non è solo Re ma anche Buon Pastore di quanti odono la sua voce. Egli conosce e ama quanti lo seguono; (4) è il Pastore supremo delle nostre anime e il Pastore di tutti i popoli; guida la Chiesa con la potenza dello Spirito Santo, che dimora pienamente in lui e che egli alita sui suoi discepoli (cfr Gv 20, 22). Lo Spirito guida mediante la forza dell’amore, dal profondo, toccando i cuori e le menti dei popoli dell’Oceania e rendendoli liberi di vivere la vita piena per la quale sono stati creati. Come Parola di Dio, Gesù è il Profeta universale, la rivelazione totale di Dio.(5) Egli è la Verità ed invita le persone a credere in lui e a condividere la sua vita. Il suo Spirito conduce il battezzato in un quotidiano pellegrinaggio verso nuove profondità di quella verità. Spinti dallo Spirito Santo, i Padri del Sinodo hanno discusso molte preoccupazioni che sorgono dalla loro esperienza pastorale e dal loro amore per il popolo di Dio. Non è stato possibile trovare tutte le risposte durante i giorni del Sinodo, dato che molte questioni hanno bisogno di ulteriore riflessione, esperienza e preghiera; tuttavia, nella loro ricerca di illuminazione, i Vescovi hanno profondamente condiviso e professato la convinzione che la verità della salvezza può essere trovata solo in Gesù Cristo, e che il suo Spirito offre sollievo e guida a quanti vengono a lui con i loro problemi e i loro fardelli. Il Signore crocifisso e risorto è il Sommo Sacerdote che offre se stesso al Padre quale sacrificio eterno per la vita del mondo. Egli ha dato la vita per tutti e continua a riempire i suoi seguaci con la propria vita, in maniera specialissima attraverso i Sacramenti. Nella sua preghiera, le preghiere di tutti i credenti giungono al Padre. Mediante lo Spirito Santo, egli li rende capaci di vivere un’esistenza di intima unione con Dio e di una più generosa carità verso i loro fratelli e sorelle, in modo particolare i poveri e i bisognosi. Le discussioni del Sinodo hanno sottolineato che, nel presentare Gesù, la Chiesa deve dimostrare il proprio amore compassionevole ad un mondo che ha necessità di guarigione. Tutti i battezzati sono chiamati ad essere il popolo sacerdotale di Dio ad immagine di Gesù, Sommo Sacerdote, e, come popolo sacerdotale, ad essi è richiesto di avvicinare tutti con la misericordia, particolarmente gli indigenti, i più lontani, coloro che sono perduti. Nell’avvicinarli e nell’offrire loro la vita in nome di Gesù, la Chiesa oggi in Oceania sarà sacramento della giustizia e della pace di Dio.(6)

 

I popoli dell’Oceania Spazio e tempo

 

6. Il Sinodo non ha riconosciuto soltanto l’unicità di un’area vasta quasi un terzo della superficie terrestre, ma anche la grande varietà di popoli indigeni, la cui gioiosa accettazione del Vangelo di Gesù Cristo è evidente nella loro celebrazione entusiastica del messaggio della salvezza.(7) Tali popoli formano una porzione unica di umanità in un’unica regione del pianeta. Geograficamente, l’Oceania comprende il continente dell’Australia, molte isole, piccole e grandi, e vaste estensioni di acqua. Il mare e la terra, l’acqua e il suolo si incontrano in innumerevoli maniere, spesso colpendo l’occhio con il loro splendore e la loro bellezza. Anche se l’Oceania è geograficamente vastissima, la sua popolazione è relativamente poca e distribuita in maniera irregolare, nonostante comprenda un grande numero di popoli indigeni e di immigrati. Per molti di loro, la terra è importantissima: il suo suolo fertile o i suoi deserti, la sua varietà di piante e di animali, la sua abbondanza o scarsità. Altri, pur vivendo sulla terraferma, dipendono maggiormente dai fiumi e dal mare. L’acqua permette loro di spostarsi di isola in isola, di costa in costa. La grande varietà di lingue – 700 soltanto in Papua Nuova Guinea – e le grandi distanze tra isole e aree rende le comunicazioni una sfida particolare in tutta la regione. In molte parti dell’Oceania, viaggiare per mare o per aria è più importante che spostarsi per terra. Le comunicazioni possono essere ancora lente e difficili come in epoche precedenti, anche se oggi in molte aree l’informazione viene trasmessa istantaneamente grazie alla nuova tecnologia elettronica.(8) La nazione più grande dell’Oceania, sia come estensione che come popolazione, è l’Australia, dove gli Aborigeni sono vissuti per migliaia di anni, spostandosi per ampi tratti di territorio e vivendo in profonda armonia con la natura. Scoperta e colonizzata da Europei che la battezzarono con il nome di Terra del Sud dello Spirito Santo (Terra Australis de Spiritu Sancto), l’Australia è divenuta molto occidentale nei modelli culturali e nella struttura sociale. Profondamente coinvolta negli sviluppi scientifici, tecnologici e sociali dell’Occidente, l’Australia è oggi una nazione largamente urbanizzata, moderna e secolarizzata, che successive migrazioni dall’Europa e dall’Asia hanno contribuito a rendere una società multiculturale. Gli Australiani sono perciò «un popolo originale, risultato dell’incontro di popoli, di nazioni, lingue e civiltà molto differenti».(9) La fede cristiana venne portata dagli immigrati provenienti dall’Europa. Molti sacerdoti e religiosi si unirono ad essi, ed il loro zelo pastorale e la loro opera educativa li aiutò a vivere la vita cristiana in una terra nuova e straniera. Persone del posto chiamate al sacerdozio e alla vita religiosa nonché molti laici diedero il loro indispensabile contributo alla crescita della Chiesa in Australia e all’adempimento della sua missione. Tra di loro vi fu una straordinaria consacrata, la Beata Mary MacKillop, morta nel 1909, che ebbi la gioia di beatificare nel 1995. In quella occasione ricordai che «la Chiesa, dichiarandola “Beata”, dice che la santità richiesta dal Vangelo è anche australiana come ella era australiana».(10) La relazione della Chiesa con gli Aborigeni e gli abitanti delle isole dello Stretto di Torres resta importante, anche se difficile, a causa di ingiustizie passate e presenti, e di differenze culturali. Al di là di queste sfide, la Chiesa in Australia si trova di fronte a molti «deserti» (11) moderni, simili a quelli di altri Paesi dell’Occidente. Gli abitanti originari della Nuova Zelanda, un’isola-Stato, erano i Maori che chiamarono il loro Paese Aotearoa, «Terra della Grande Nuvola Bianca». La colonizzazione e poi l’immigrazione hanno forgiato la nazione in una società biculturale, dove l’integrazione fra Maori e cultura occidentale rimane una sfida pressante. Furono missionari stranieri, da principio, ad annunciare il Vangelo al popolo Maori. Poi, quando i coloni europei giunsero in gran numero, arrivarono anche sacerdoti e religiosi che aiutarono a sostenere e a sviluppare la Chiesa. Gli sviluppi moderni hanno reso la Nuova Zelanda una società più urbana e secolarizzata, nella quale la Chiesa si trova di fronte a sfide simili a quelle dell’Australia. Anche se tra i cattolici vi è una «crescente consapevolezza di appartenere alla Chiesa», è altrettanto vero che in generale «il senso di Dio e della sua amorevole Provvidenza è diminuito». Una simile «società secolarizzata deve nuovamente confrontarsi con tutto il vangelo di salvezza in Gesù Cristo».(12) La Papua Nuova Guinea è la più vasta delle nazioni melanesiane. Si tratta di una società a prevalenza cristiana con molte lingue locali diverse e una grande ricchezza di culture. Al pari di altre isole-Stato melanesiane, essa ha ottenuto l’indipendenza politica in tempi abbastanza recenti e da allora la sua storia è stata contrassegnata da lotte per una democrazia stabile, per la giustizia sociale e per uno sviluppo equilibrato ed integrale della sua gente. Tali lotte in Papua Nuova Guinea e in altre parti della Melanesia sono state di recente segnate da violenza e da movimenti separatisti, nei quali le popolazioni e le istituzioni hanno sofferto grandemente. I leader della Chiesa e molti cristiani hanno fatto tanto per portare la pace e la riconciliazione, e questo deve chiaramente continuare in una situazione che permane molto instabile. Le isole-Stato della Polinesia e della Micronesia sono relativamente piccole, ciascuna con la propria lingua e cultura indigene. Anch’esse si trovano ad affrontare pressioni e sfide di un mondo contemporaneo che esercita una forte influenza sulle loro società. Senza perdere la loro identità o abbandonare i valori tradizionali, esse vogliono prendere parte allo sviluppo che risulta dall’interazione più diretta e complessa con altri popoli e culture. E ciò si sta rivelando un equilibrio delicato in tali società piccole e vulnerabili, alcune delle quali debbono confrontarsi con un futuro molto incerto, non soltanto a causa di massicce emigrazioni, ma anche per l’innalzamento del livello dei mari causato dall’aumento delle temperature della terra. Per loro, il cambiamento del clima è ben più che una semplice questione di carattere economico.

 

Missione e cultura

 

7. Sin dal XVI secolo, quando i missionari provenienti da fuori giunsero per la prima volta in Oceania, gli isolani udirono e accolsero il Vangelo di Gesù Cristo. Fra quanti iniziarono e proseguirono il compito missionario vi furono Santi e Martiri, che non sono soltanto la gloria maggiore del passato della Chiesa in Oceania, ma anche la sorgente più sicura di speranza per il futuro. Eminenti fra questi testimoni della fede sono san Pietro Chanel, martirizzato nel 1841 nell’isola di Futuna; i beati Diego Luis de san Vitores e Pedro Calungsod, uccisi insieme nel 1672 a Guam; il beato Giovanni Mazzucconi, martirizzato nel 1851 nell’isola di Woodlark; e il beato Pietro To Rot, ucciso nella Nuova Britannia nel 1945, verso la fine della Seconda Guerra mondiale. Assieme a molti altri, questi eroi della fede cristiana hanno contribuito, ciascuno nel modo suo proprio, ad «impiantare» la Chiesa nelle isole dell’Oceania. La loro memoria non sia mai dimenticata! Non cessino mai di intercedere per gli amati popoli per i quali hanno versato il proprio sangue! Quando i missionari recarono per la prima volta il Vangelo agli Aborigeni o ai Maori, o alle isole-Stato, trovarono popoli che già possedevano un antico e profondo senso del sacro. Le pratiche e i riti religiosi erano parte integrante della vita quotidiana e permeavano totalmente le loro culture. I missionari portarono la verità del Vangelo che non è estranea a nessuno; ma talvolta alcuni cercarono di imporre elementi che erano culturalmente alieni a quei popoli. Ora vi è la necessità di un accurato discernimento per vedere ciò che appartiene al Vangelo e ciò che non gli appartiene, ciò che è essenziale e ciò che lo è meno. Un simile compito, occorre dirlo, è stato reso ancor più difficile a causa del processo di colonizzazione e di modernizzazione, che ha offuscato il confine fra ciò che è indigeno e ciò che è importato. I popoli tradizionali dell’Oceania formano un mosaico di molte culture diverse: aborigena, melanesiana, polinesiana e micronesiana. Sin dai tempi della colonizzazione, anche la cultura occidentale ha modellato la regione. In anni recenti pure le culture dell’Asia sono divenute parte della scena culturale, particolarmente in Australia. Ciascun gruppo culturale, differente per grandezza e per forza, ha le proprie tradizioni e la propria esperienza di integrazione in una nuova terra. Essi vanno da società con forti caratteristiche tradizionali e comunitarie, a società di stampo principalmente occidentale e moderno. In Nuova Zelanda, e ancor più in Australia, le politiche di immigrazione coloniali e post-coloniali hanno reso gli indigeni una minoranza nella propria terra e un gruppo culturale espropriato in molti modi. Una delle più ragguardevoli caratteristiche dei popoli dell’Oceania è il loro forte senso comunitario e solidale in famiglia e nella tribù, nel villaggio o nel vicinato. Questo significa che le decisioni vengono raggiunte mediante consenso ottenuto attraverso un processo di dialogo spesso lungo e complesso. Toccato dalla grazia di Dio, il naturale senso comunitario di questi popoli li ha resi recettivi nei confronti del mistero della communio offerta in Cristo. La Chiesa in Oceania dimostra un reale spirito di cooperazione, che si estende alle varie comunità cristiane e a tutte le persone di buona volontà. Anche il profondo rispetto per la tradizione e per l’autorità è parte delle culture tradizionali dell’Oceania. Da qui il senso di solidarietà della generazione attuale con quanti vennero prima di essa, e l’autorità eccezionale data ai genitori e ai leader tradizionali. La varietà culturale dell’Oceania non è immune dal processo mondiale di modernizzazione, che ha effetti sia positivi che negativi. Certo, i tempi moderni hanno dato un profilo nuovo e più alto ai valori umani positivi, come ad esempio il rispetto dei diritti inalienabili della persona, l’introduzione di procedure democratiche nell’amministrazione e nel governo, il rifiuto della povertà strutturale come condizione che non si può cambiare, il rigetto del terrorismo, della tortura e della violenza quali mezzi per cambiamenti politici, il diritto all’educazione, alle cure sanitarie e all’abitazione per tutti. Tali valori, spesso radicati nel cristianesimo – anche se non in modo esplicito – stanno esercitando un’influenza positiva in Oceania, e la Chiesa non può non far tutto quanto è in suo potere per incoraggiare tale processo. Tuttavia la modernizzazione ha pure effetti negativi nella regione, dove le società tradizionali stanno combattendo per mantenere la propria identità quando vengono a contatto con le società occidentali secolarizzate e urbanizzate, come pure con la crescente influenza culturale degli immigrati asiatici. I Vescovi hanno parlato, ad esempio, di una graduale diminuzione del senso religioso naturale che ha disorientato la vita e la coscienza morale delle persone. Una larga parte dell’Oceania, in particolare l’Australia e la Nuova Zelanda, è entrata in un’epoca segnata da una secolarizzazione crescente. Nella vita civile la religione, e specialmente il cristianesimo, è spostata ai margini e tende ad essere vista come un fatto strettamente privato dell’individuo, con poca rilevanza nella vita pubblica. Alle convinzioni religiose e ai dati della fede è talvolta negato il legittimo ruolo di formare le coscienze delle persone. Allo stesso modo, la Chiesa e altri organismi religiosi hanno una voce ridotta negli affari pubblici. Nel mondo contemporaneo una tecnologia più avanzata, una maggiore conoscenza della natura e dei comportamenti umani, e gli sviluppi politici ed economici in tutto il globo pongono domande nuove e difficili ai popoli dell’Oceania. Nel presentare Gesù Cristo come la Via, la Verità e la Vita, la Chiesa deve rispondere in modi nuovi ed efficaci a tali interrogativi morali e sociali, senza permettere in alcuna maniera che la sua voce sia ridotta al silenzio o la sua testimonianza venga marginalizzata.

 

L’Assemblea speciale del Sinodo Il tema

 

8. Come risultato dei suggerimenti del Consiglio pre-sinodale, che ha cercato di registrare le preoccupazioni dei Vescovi dell’Oceania, il tema scelto per l’Assemblea speciale per l’Oceania è stato: Gesù Cristo e i popoli dell’Oceania: seguire la sua via, proclamare la sua verità, vivere la sua vita. L’argomento è ispirato alle parole del Vangelo di Giovanni, là dove Gesù presenta se stesso come la Via, la Verità e la Vita (cfr 14, 6). Tale tema richiama l’invito che Gesù estende a tutti i popoli dell’Oceania: essi sono invitati ad incontrarlo, a credere in lui e a proclamarlo Signore di tutti. Esso ricorda inoltre che la Chiesa in Oceania è riunita come Popolo di Dio che cammina in pellegrinaggio verso il Padre. Mediante lo Spirito Santo, il Padre chiama i credenti, sia individualmente sia comunitariamente, a camminare sulla via sulla quale Cristo ha camminato, ad annunciare a tutte le nazioni la verità rivelata da Gesù, a vivere in pienezza l’esistenza che Gesù ha vissuto e continua a condividere con noi. Il tema è particolarmente appropriato per la Chiesa in Oceania oggi, poiché i popoli del Pacifico si stanno battendo per la propria unità e identità; tra essi vi è la preoccupazione per la pace, per la giustizia e per l’integrità del creato, e molti sono alla ricerca di un significato della vita. Soltanto accettando Gesù Cristo come Via, i popoli dell’Oceania troveranno ciò che ora stanno cercando e per cui stanno lottando. La via di Cristo non può essere percorsa senza un senso ardente della missione; ed il centro stesso della missione della Chiesa è quello di proclamare Gesù Cristo Verità vivente, una verità rivelata, una verità spiegata, compresa e accolta nella fede, una verità trasmessa alle nuove generazioni. La verità di Gesù è sempre più grande di noi, più grande dei nostri cuori, poiché scaturisce dalle profondità della Santissima Trinità; ed è una verità che richiede alla Chiesa di rispondere ai problemi e alle sfide di oggi. Alla luce del Vangelo, scopriamo Gesù la Vita. La vita di Cristo è offerta anche come grazia risanante, che porta l’umanità ad essere ciò che il Creatore ha inteso fosse. Vivere l’esistenza di Gesù Cristo implica un profondo rispetto per ogni vita; inoltre, implica una spiritualità viva e una moralità autentica, rafforzata dalla parola di Dio nella Scrittura e celebrata nei Sacramenti della Chiesa. Quando i cristiani vivono la vita di Cristo con una fede più profonda, la loro speranza diviene più forte e la loro carità più radiosa. Era questo lo scopo del Sinodo, ed è lo scopo della nuova evangelizzazione alla quale lo Spirito chiama la Chiesa universale.

 

L’esperienza

 

9. E stato provvidenziale che l’Assemblea sinodale iniziasse nella solennità di Cristo Re, quando la Chiesa celebra Gesù come il Signore, nel quale il Regno di Dio è fondato in tutto il mondo e nella storia intera. Durante il periodo dell’Assemblea, divenne sempre più chiaro che era Cristo a fare strada, era lui a regnare in mezzo all’Assemblea. Le liturgie di apertura e di conclusione hanno annoverato segni e simboli tratti dalle culture delle isole del Pacifico, come espressioni di fede e di rispetto. In una miscela unica, queste cerimonie hanno manifestato l’unità nella diversità della fede e del culto cattolici; e hanno mostrato in modo mirabile come la fede cattolica raggiunga i più lontani lidi del Grande Oceano e come tutti trovino la loro casa nella Chiesa cattolica. Come simbolico scambio di doni, le liturgie hanno espresso la profonda communio fra la Chiesa di Roma e le Chiese locali dell’Oceania. I Vescovi hanno portato la loro vasta gamma di esperienze e di tesori culturali e, a loro volta, si sono rafforzati nel vincolo della communio locale e universale, cosa che per loro è stata una grande consolazione ed incoraggiamento per il futuro. Le caratteristiche distintive della Chiesa in Oceania hanno reso opportuno convocare un’Assemblea Sinodale separata. I Vescovi dell’Oceania sono organizzati in quattro Conferenze, che formano insieme la Federazione delle Conferenze dei Vescovi cattolici dell’Oceania (F.C.B.C.O). Il numero dei Vescovi è relativamente piccolo, cosa che ha permesso al Sinodo di riunire insieme tutti i Vescovi attivi, i quali rappresentavano tutte le Chiese particolari. Per molti partecipanti fu una reale scoperta dei doni religiosi, delle culture e delle storie dei popoli dell’Oceania. Essi divennero così maggiormente coscienti delle grazie spesso nascoste o non riconosciute che il Signore ha elargito alla sua Chiesa: anche questo è stata sorgente di grande incoraggiamento. Il dialogo e il discernimento del Sinodo hanno aperto gli occhi del cuore e dell’anima per scoprire cosa può essere fatto per vivere la fede cristiana in modo più pieno ed efficace. Vi sono state molte ragioni per lodare e ringraziare Dio per i tesori scoperti o nuovamente valorizzati. Per i Vescovi, l’Assemblea è stata un’esperienza di fraternità e di communio attorno alla Sede di Pietro. Essendosi svolta in Vaticano, essa ha permesso a tutti i partecipanti di «sentirsi a casa» insieme con il Vescovo di Roma; inoltre, ha permesso al Vescovo di Roma di «sentirsi a casa» accanto a loro e di udire quanto essi hanno apprezzato questa esperienza unica di universalità della Chiesa. Il senso di unità e di fedeltà ha consentito di superare le grandi distanze geografiche e culturali tra Roma e l’Oceania, e tale esperienza è stata uno dei doni che Cristo nella sua bontà ha elargito durante il Sinodo. Anche tra di loro i Vescovi hanno sperimentato un nuovo e più grande senso di identità e di communio. Molti di loro sono separati da grandi distanze e la comunicazione regolare non è facile. Per la Chiesa tutta, la diversità di culture in Oceania è una sfida costante a lavorare per una maggiore unità. I Vescovi vogliono rafforzare la loro communio ed aiutare i popoli dell’Oceania a collaborare in maniera più efficace. Le Chiese locali di questa regione del mondo sono una parte unica della Chiesa universale, e, stando così le cose, esse comprendono di potere e di dovere contribuire con i loro doni speciali alla Chiesa tutta. Prego che, attraverso il Sinodo, i Vescovi dell’Oceania sentano più che mai di appartenere l’uno all’altro ed anche di appartenere pienamente, con le loro Chiese particolari, alla Chiesa universale, alla quale recano uno speciale arricchimento.(13) E stato significativo che l’Assemblea sinodale si sia svolta durante la preparazione immediata del Grande Giubileo dell’Anno 2000. La Bolla che annunciava il Giubileo, Incarnationis mysterium, fu promulgata durante il periodo del Sinodo,(14) e l’Assemblea stessa fu un’opportunità per la Chiesa in Oceania di prepararsi per il dono dell’Anno Santo. Certamente l’Assemblea ha aiutato le Chiese del Pacifico a celebrare il Giubileo con un nuovo impegno a portare riconciliazione e pace, più coscienti che mai che «la Chiesa, avendo ricevuto da Cristo il potere di perdonare in suo nome, è nel mondo la presenta viva dell’amore di Dio che si china su ogni umana debolezza per accoglierla nell’abbraccio della sua misericordia».(15) Sarebbe uno splendido frutto del Giubileo se la Chiesa in Oceania, rinsaldata in molti modi dall’esperienza del Sinodo, continuasse a dar esecuzione alle intuizioni e agli appelli del Giubileo sulla linea suggerita dalla Lettera apostolica Novo millennio ineunte. Come il Giubileo ha proclamato le profondità infinite della misericordia di Dio rivelata in Cristo, così ha smosso nuove energie per il compito di affrontare le sfide che il Sinodo ha identificato e discusso.(16) «Nell’amore che perdona [egli] anticipa i cieli nuovi e la terra nuova»: (17) possa la visione del nuovo cielo e della nuova terra mai cessare di attirare i popoli dell’Oceania più intensamente a questa novità di vita!

 

CAPITOLO II

 

CAMMINARE SULLA VIA DI GESÙ CRISTO IN OCEANIA

 

«Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo di Zebedeo e Giovanni suo fratello, che nella barca insieme con Zebedeo, loro padre, riassettavano le reti; e li chiamò. Ed essi subito, lasciata la barca e il padre, lo seguirono» (Mt 4, 21-22).

 

La Chiesa come communione

 

Mistero e dono

 

10. Camminando sulle rive del mare di Galilea, Gesù chiamò la gente ad intraprendere la strada del discepolato. La chiamò alla sua sequela, a camminare sulle sue orme. «E dunque sulla medesima strada percorsa da Cristo stesso che deve procedere, sospinta dallo Spirito di Cristo, la Chiesa, e la Chiesa vuol dire tutti noi, uniti come un solo organismo che riceve il suo influsso vitale dal Signore Gesù».(18) La via di Gesù è sempre la strada della missione; egli ora invita i suoi seguaci a proclamare nuovamente il Vangelo ai popoli dell’Oceania, così che la cultura e la predicazione del Vangelo si incontrino in una maniera che li arricchisca mutuamente e la Buona Novella sia udita, creduta e vissuta più profondamente. Tale missione è radicata nel mistero della comunione. Il Concilio Ecumenico Vaticano II ha scelto il termine di communio come particolarmente adatto ad esprimere il mistero profondo della Chiesa; (19) e l’Assemblea straordinaria del Sinodo del 1985 ci ha resi ancor più coscienti della communio quale cuore vero della Chiesa. Quindi anche i Padri del Sinodo hanno dichiarato che la Chiesa è essenzialmente mistero di comunione, popolo reso uno nell’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Tale condivisione della vita con la Santissima Trinità «è la sorgente e l’ispirazione di ogni relazione cristiana e di ogni forma di comunità cristiana».(20) Una simile comprensione è stata il retroterra dottrinale e spirituale di ogni deliberazione del Sinodo ed è «completata ed illustrata nella comprensione della Chiesa come Popolo di Dio e comunità dei discepoli. La Chiesa come comunione riconosce l’uguaglianza di appartenenza di tutti i fedeli laici, religiosi e ministri ordinati. La comunione è modellata e animata dai doni ministeriali e carismatici dello Spirito Santo».(21) La communio della Chiesa è un dono della Santissima Trinità, la cui profonda vita intima è mirabilmente partecipata all’umanità; essa è il frutto dell’iniziativa amorevole di Dio, adempiutasi nel mistero pasquale di Cristo mediante il quale la Chiesa partecipa alla divina communio di amore tra il Padre e il Figlio nello Spirito Santo. «L’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato» (Rm 5, 5). Nel giorno di Pentecoste, la Pasqua di Cristo è giunta a compimento con l’effusione dello Spirito, che ci ha dato le primizie della nostra eredità, la partecipazione alla vita del Dio Uno e Trino, il quale ci rende capaci di amare «come Dio ci ha amato» (1 Gv 4, 11).

 

La Chiesa particolare e universale

 

11. Durante l’Assemblea Sinodale, i Vescovi presero secondo una particolare accezione il concetto di Chiesa come communio: accentuarono gli aspetti di appartenenza e di relazione interpersonale, fondati sulla comprensione della Chiesa quale Popolo di Dio. La communio ecclesiale viene espressa e vissuta in modo speciale dalla Chiesa particolare radunata attorno al Vescovo, del quale le persone sono cooperatrici nella missione.(22) Come Pastore, ogni Vescovo tende a promuovere questa communio mediante il proprio ministero, che è una condivisione dell’ufficio pastorale, profetico e sacerdotale di Cristo. Il segno e l’effetto di tale communio viene descritto negli Atti degli Apostoli: «La moltitudine di coloro che eran venuti alla fede aveva un cuor solo e un’anima sola» (4, 32). I Padri sinodali hanno intravisto un’espressione molto pratica di tale spirito nella preparazione di un piano pastorale diocesano in collaborazione con i fedeli e le loro organizzazioni. Ciò permetterà di far sì che il piano scaturisca dalla spiritualità della communio promossa dal Concilio Vaticano II.(23) La communio tra le Chiese particolari è basata sull’unità della fede, del Battesimo e dell’Eucaristia, ma anche sull’unità dell’Episcopato. Essa comprende tutte le Chiese particolari attraverso i rispettivi Vescovi, uniti al Vescovo di Roma, capo visibile della Chiesa. «Il Collegio episcopale unito al Successore di Pietro offre un’espressione autorevole di questa comunione ecclesiale».(24) Questa unità dell’Episcopato viene perpetuata lungo i secoli attraverso la successione apostolica; in ogni epoca è il fondamento dell’identità della Chiesa, costituita dal Cristo su Pietro e sul collegio degli Apostoli. Il Successore di Pietro è in verità «il permanente principio di unità e il visibile fondamento» della Chiesa.(25) Il Signore stesso incaricò Pietro e i suoi successori di confermare i fratelli nella fede (cfr Lc 22, 32) e di pascere il gregge di Cristo (cfr Gv 21, 15-17). «Esiste tra [i Vescovi] un legame che esprime in modo personale e collegiale la comunione – la koinonia – che caratterizza l’intera vita della Chiesa… Insieme, nel Collegio Episcopale, condividiamo il ministero di promuovere l’unità del Popolo di Dio nella fede e nella carità».(26) Il Sinodo ha espresso la speranza che la relazione tra le Chiese particolari e la Chiesa universale, in modo speciale la Santa Sede, riflettano ed edifichino la communio, e che tali relazioni si sviluppino con il dovuto rispetto sia per il ministero petrino dell’unità sia per le Chiese particolari.(27) Le Chiese locali in Oceania riconoscono di condividere la communio con la Chiesa universale, e per loro questo è motivo di gioia. Nonostante la vastità delle diverse culture e le grandi distanze in Oceania, i Vescovi locali hanno coscienza di essere uniti tra di loro e con il Vescovo di Roma, e ciò è da loro considerato come un grande dono. «Tra il Successore di Pietro ed i successori degli altri Apostoli esiste veramente un profondo legame spirituale e pastorale; è la nostra collegialitas affectiva et effectiva. Ci sia dato di trovare sempre le strade per sostenerci a vicenda nei nostri sforzi, uniti nella costruzione della Chiesa e per vivere questa comunione nel servizio e nella fede».(28) Quali fratelli nel Collegio dei Vescovi, i Padri sinodali sono stati inequivocabili nell’espressione del desiderio di rafforzare la loro unione con il Vescovo di Roma; (29) il Vescovo di Roma, per parte sua, è stato a sua volta commosso ed incoraggiato dal loro desiderio.

 

Mutuo arricchimento

 

12. La Conferenza Episcopale è un segno e uno strumento di collegialità e di comunione tra i Vescovi, «una santa convergenza di forze, per il bene comune delle Chiese»,(30) che contribuisce in molti modi alla concreta realizzazione dello spirito di collegialità. Vi sono molte aree nelle quali le Conferenze Episcopali hanno stabilito dei rapporti fruttuosi. Lo scambio di doni è caratteristica di molte parti dell’Oceania e può servire come modello di relazioni positive tra i Vescovi dell’Oceania ed altri. Un simile modello incoraggia uno scambio di doni spirituali che promuove rapporti di amore, rispetto e fiducia reciproci. Base per un dialogo aperto, sono la partecipazione e la consultazione come espressioni pratiche della communio che contraddistingue la Chiesa. Le Chiese orientali cattoliche sono giunte in Oceania in tempi relativamente recenti e vi si sono insediate come espressione ricca di cattolicità in varie parti dell’Oceania, particolarmente in Australia. «Attraverso le loro tradizioni e la loro storia unica, esse danno significativa testimonianza della diversità e unità della Chiesa universale».(31) Al Sinodo è risultato chiaro come le Chiese orientali cattoliche siano coscienti della generosità della Chiesa cattolica latina in Oceania. Nel corso degli anni, spesso in circostanze difficili, Vescovi, sacerdoti e parrocchie hanno offerto l’ospitalità delle loro Chiese e scuole, e i vincoli di amicizia e di collaborazione continuano ad ogni livello. E tuttavia queste Chiese sono vulnerabili a causa del numero relativamente piccolo di fedeli e delle grandi distanze che le separano dalle loro Chiese madri, così che i loro fedeli possono sentirsi spinti o tentati di assimilarsi alla Chiesa latina predominante. Ma il Sinodo ha detto chiaramente anche che i Vescovi latini dell’Oceania sono desiderosi di apprezzare, capire e promuovere le tradizioni, la liturgia, la disciplina e la teologia delle Chiese orientali cattoliche. Pertanto, è importante che tra i cattolici latini vi sia una maggiore consapevolezza e comprensione delle ricchezze delle Chiese orientali cattoliche. La sfida per la Chiesa in Oceania è di pervenire ad una più profonda comprensione della communio locale e universale e ad una maggiore attuazione delle sue implicazioni pratiche. Il mio Predecessore Paolo VI ha riassunto la sfida in questi termini: «La prima comunione, la prima unità, è quella della fede. L’unità nella fede è necessaria e fondamentale […] Il secondo aspetto della comunione cattolica è quello della carità […] Noi dobbiamo praticare nei suoi aspetti ecclesiali una carità più cosciente e operosa».(32) I popoli dell’Oceania hanno istintivamente un forte senso della comunità, ma è richiesta l’unità nella fede se si vuole superare il conflitto e l’odio con la riconciliazione e l’amore. Nelle culture più occidentalizzate della regione, le istituzioni sociali sono sotto pressione e le persone anelano ad una vita più degna per l’essere umano. Là dove l’individualismo minaccia di erodere l’edificio della società umana, la Chiesa si offre come sacramento che risana, un focolare di communio che offre risposte ai bisogni più profondi del cuore. Di questo dono vi è ora bisogno tra i popoli dell’Oceania.

 

Comunione e missione Chiamata alla missione

 

13. La Chiesa in Oceania ha ricevuto il Vangelo da generazioni precedenti di cristiani e da missionari giunti da oltre oceano. Il Sinodo ha reso omaggio ai molti missionari – sacerdoti, consacrati, consacrate e laici – che si sono spesi per portare il Vangelo in Oceania; (33) i loro sacrifici hanno recato, per grazia di Dio, molto frutto. Nell’accettare la pienezza della redenzione in Cristo, i popoli dell’Oceania hanno trovato un formidabile simbolo nella volta celeste notturna, dove la Croce del Sud rimane segno luminoso della grazia e delle benedizioni di Dio che tutti abbraccia.(34) La generazione attuale di cristiani è chiamata e inviata a realizzare una nuova evangelizzazione tra i popoli dell’Oceania, una nuova proclamazione della permanente verità evocata dal simbolo della Croce del Sud. Questa chiamata alla missione pone grandi sfide, ma apre altresì nuovi orizzonti, ricolmi di speranza e persino di un senso di avventura. La chiamata alla missione è rivolta ad ogni membro della Chiesa. «Tutta la Chiesa è missionaria, perché l’attività missionaria […] è parte integrante della sua vocazione».(35) Alcuni membri della Chiesa sono inviati a popoli che non hanno mai udito nulla di Gesù Cristo e la loro missione rimane vitale come sempre; ma molti di più sono inviati al mondo in prossimità della loro casa, e i Padri sinodali hanno insistito nel sottolineare la missione dei laici nella Chiesa. Nella famiglia, nel luogo di lavoro, nelle scuole, nelle attività comuni, ogni cristiano può offrire aiuto per recare la Buona Novella al mondo in cui vive. Una comunità cristiana non deve mai essere semplicemente un luogo confortevole per quanti ne fanno parte. I Padri del Sinodo hanno voluto incoraggiare le comunità locali a guardare oltre le loro preoccupazioni immediate per raggiungere gli altri. La parrocchia come comunità non può isolarsi dalle realtà che la circondano. La comunità cristiana deve essere attenta ai problemi della giustizia sociale e alla fame spirituale della società. Ciò che Gesù offre ai suoi seguaci deve essere condiviso con tutti i popoli dell’Oceania, in qualsiasi situazione siano, poiché soltanto in lui vi è la pienezza della vita.

 

Sfide

 

14. I Padri del Sinodo hanno manifestato con forza il desiderio che Gesù Cristo sia udito e capito dalle persone affidate alle loro cure pastorali, e anche da molte di più; hanno visto la necessità di raggiungere quanti vivono con speranze e desideri non soddisfatti, quanti sono cristiani soltanto di nome, e quanti si sono allontanati dalla Chiesa, forse a causa di esperienze dolorose. Si dovrebbe compiere ogni sforzo per sanare queste ferite e per far ritornare all’ovile la pecorella smarrita. Soprattutto i Padri sinodali hanno voluto toccare i cuori dei giovani, molti dei quali sono alla ricerca di verità e di felicità; tale ricerca può manifestare l’esperienza di attrattive e richiami del mondo contemporaneo, alcuni dei quali sono chiaramente distruttivi. Ciò può creare confusione nei giovani e li può lasciare senza conoscenza di ciò che possono essere i veri valori e dove può essere trovata la vera felicità. La grande sfida e la grande opportunità è quella di offrire loro i doni di Gesù Cristo nella Chiesa, poiché questi doni soltanto potranno soddisfare il loro intenso desiderio. Ma Cristo deve essere presentato in modo idoneo alla nuova generazione che risente dei rapidi cambiamenti della cultura in cui essa vive. Talvolta la Chiesa cattolica è vista come portatrice di un messaggio irrilevante, che non attrae o non convince; ma non possiamo permettere mai che tali pretese minino la nostra fiducia, poiché abbiamo trovato la perla di grande valore (cfr Mt13, 46). E tuttavia non c’è spazio per compiacersi. La Chiesa viene sfidata ad interpretare la Buona Novella per i popoli dell’Oceania secondo gli attuali loro bisogni e circostanze. Dobbiamo presentare Cristo al mondo in maniera che porti speranza ai molti che soffrono la miseria, l’ingiustizia o la povertà. Il mistero di Cristo è un mistero di vita nuova per quanti sono nel bisogno o nel dolore, per le famiglie sfasciate o per le persone che sono senza lavoro, emarginate, ferite nell’anima o nel corpo, malate o schiave della droga, e per quanti hanno perso la strada. Questo mistero di grazia, il mysterium pietatis, è il cuore stesso della Chiesa e della sua missione.

 

Una Chiesa di partecipazione

 

15. Le comunità cattoliche dell’Oceania hanno crescente fiducia circa ciò che possono offrire alla Chiesa universale e, a sua volta, la Chiesa si rallegra dei doni speciali che queste comunità recano. Molte di loro sono impegnate in attività missionarie in Oceania e oltre, nelle isole del Pacifico e in Papua Nuova Guinea, come pure nell’Asia sud orientale e in altri luoghi più lontani. Chiese particolari, fondate da missionari, a loro volta stanno inviando missionari e questo è un segno inequivocabile di maturità. Esse hanno compreso il messaggio missionario che il Papa Paolo VI inviò, insieme con i Samoani, ai cattolici del mondo: «Raccogliete l’invito a divenire gli araldi della Buona Novella della salvezza».(36) Quanto espressi come desiderio ai Vescovi della C.E.PAC. a Suva nel 1986 si è avverato, e cioè che: «Le Chiese istituite da missionari possano a loro volta inviare missionari in altre nazioni».(37) Tuttavia alcune Diocesi dell’Oceania debbono tuttora dipendere dalla solidarietà di altre Chiese particolari, e non si dovrebbe permettere che la mancanza di risorse freni la loro generosità nell’adempimento della loro missione. La condivisione delle risorse per il bene di tutti è un dovere solenne della vita cristiana e talvolta una necessità urgente della missione cristiana. In molte isole dell’Oceania i catechisti si trovano ad assistere i ministri ordinati nel lavoro missionario o pastorale. In Australia e in Nuova Zelanda, i catechisti insegnano la fede nella comunità locale, specialmente ai bambini e ai catecumeni e «sono testimoni diretti, evangelizzatori insostituibili, che rappresentano la forza basilare delle comunità cristiane».(38) Questi operatori laici sono spesso efficaci perché vivono e agiscono vicino alle persone nella vita di tutti i giorni ed essi «hanno dato e continuano a dare un contributo realmente insostituibile alla missione della Chiesa».(39) In molte isole i catechisti non sono soltanto educati a insegnare, ma anche a guidare la comunità nella preghiera e ad evangelizzare oltre i confini della comunità cattolica. Nelle culture tradizionali spesso la fede viene meglio comunicata oralmente con dei racconti, con la predicazione, con la preghiera vocale, con canti e danze. Per guidare e sviluppare questo tipo di attività, c’è bisogno di corsi speciali, di programmazioni e di ritiri. Il compito ora è di presentare Gesù Cristo a quanti sperimentano un indebolimento della fede a causa delle pressioni della secolarizzazione e del consumismo; essi tendono a vedere la Chiesa semplicemente come una delle molte istituzioni della società moderna che influenzano il pensiero e i comportamenti delle persone. In una simile situazione, la Chiesa ha bisogno di leader e teologi ben preparati a presentare in modo convincente Gesù Cristo ai popoli dell’Oceania. Fu una gioia udire, durante l’Assemblea, molti Vescovi parlare dei programmi di rinnovamento cristiano nelle loro Diocesi, e dell’approfondimento della fede che tali programmi offrono ai loro fedeli. Uno degli aspetti straordinari di tali programmi è il coinvolgimento di molti laici. Siamo tutti grati per i vari doni che Dio ha dato ai laici, sia uomini che donne, per adempiere alla loro missione: essa non è soltanto una chiamata all’azione e al servizio, ma anche un invito alla preghiera.(40) I laici e i loro pastori sono incoraggiati a proseguire con rinnovata energia e a predicare Gesù Cristo al loro popolo con nuova convinzione. Le comunità cattoliche in Oceania stanno già effettuando grandi sforzi per raggiungere gli altri sia nelle parole che nei fatti; i Padri sinodali hanno espresso profondo apprezzamento per tali sforzi, e forte sostegno per quanti sono pronti ad offrirsi per operare nella missione della Chiesa. Mi unisco alla preghiera affinché questi operatori della vigna del Signore trovino appagamento e gioia nel lavoro al quale Dio stesso li ha chiamati. Vi sono molte altre sfide che attendono i membri della Chiesa, specie coloro ai quali è stata affidata una responsabilità pastorale. Coscienti dei limiti di ogni sforzo umano, i Padri del Sinodo non si sono scoraggiati, ma hanno ricordato l’assicurazione semplice e forte del Signore. Nell’inviare gli Apostoli a predicare la Buona Novella a tutte le nazioni, il Risorto dice loro: «Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28, 20). La promessa del Signore è stata una fonte di speranza nuova per i Vescovi mentre consideravano le molte sfide da affrontare nel tentativo di predicare Gesù Cristo, Via, Verità e Vita; essi hanno invitato tutti i cattolici dell’Oceania ad unirsi a loro in questa speranza.

 

Il Vangelo e la cultura Inculturazione

 

16. I Padri Sinodali hanno sottolineato di frequente l’importanza dell’inculturazione per una vita autenticamente cristiana in Oceania. Il processo di inculturazione è la maniera graduale mediante la quale il Vangelo è incarnato nelle varie culture. Occorre tener presente che alcuni valori culturali devono essere trasformati e purificati, se si vuole che trovino posto in una cultura genuinamente cristiana. D’altra parte, in varie culture i valori cristiani attecchiscono facilmente. L’inculturazione nasce dal rispetto sia del Vangelo che della cultura nella quale esso è annunciato e accolto. Tale processo in Oceania iniziò quando gli immigrati portarono la fede cristiana dalle loro terre di provenienza. Per i popoli indigeni dell’Oceania, l’inculturazione significò un nuovo dialogo tra il mondo che avevano conosciuto e la fede alla quale erano pervenuti. Il risultato è che l’Oceania offre molti esempi di espressioni culturali specifiche nelle aree della teologia, della liturgia e nell’uso di simboli religiosi.(41) I Padri del Sinodo hanno visto un’ulteriore inculturazione della fede cristiana come la via principale per la pienezza della communio ecclesiale. L’autentica inculturazione della fede cristiana è fondata sul mistero dell’Incarnazione: «Dio ha tanto amato il mondo da mandare il suo unico Figlio» (Gv 3, 16). Il Figlio di Dio assunse la carne, «nato da donna» (Gal 4, 4) in uno specifico tempo e luogo. Per preparare un evento così rilevante, Dio scelse un popolo con una cultura distinta, e ne guidò la storia sul cammino verso l’Incarnazione. Ciò che Dio fece tra il popolo prescelto rivelò cosa voleva fare a favore di tutta l’umanità, di ogni popolo e di ogni cultura. La Scrittura ci racconta la storia di Dio che agisce in mezzo al suo popolo; soprattutto ci racconta la storia di Gesù Cristo, mediante il quale Dio stesso entrò nel mondo e nelle sue molteplici culture. In tutto ciò che disse e fece, ma specialmente nella sua Morte e Risurrezione, Gesù rivelò l’amore divino per l’umanità. Dal profondo della storia umana, la vicenda di Gesù parla non soltanto alle persone del suo tempo e della sua cultura, ma anche a quelle di ogni epoca e cultura. Egli è per sempre il Verbo fatto carne per il mondo; è il Vangelo che fu portato in Oceania; è il Vangelo che ora occorre sia nuovamente annunciato. Il Verbo fatto carne non è estraneo ad alcuna cultura e deve essere predicato a tutte le culture. «Il processo di incontro e confronto con le culture è un’esperienza che la Chiesa ha vissuto sin dagli inizi della predicazione del Vangelo».(42) Come il Verbo fatto carne è entrato nella storia e ha dimorato tra di noi, così il Vangelo entra profondamente nella vita e nella cultura di quanti odono, ascoltano e credono. L’inculturazione, l’«incarnazione» del Vangelo nelle varie culture, condiziona il modo stesso in cui il Vangelo è predicato, compreso e vissuto.(43) La Chiesa insegna l’immutabile verità di Dio, rivolta alla storia e alla cultura di un popolo specifico. Pertanto, in ogni cultura la fede cristiana deve essere vissuta in una maniera speciale. I Padri sinodali si sono mostrati convinti che la Chiesa, nello sforzo di presentare Gesù Cristo in maniera efficace ai popoli dell’Oceania, deve rispettare ogni cultura e mai chiedere alle persone di rinunciarvi. La Chiesa invita tutti i popoli ad esprimere la parola viva di Gesù nei modi che parlano alla loro mente e al loro cuore.(44) «Il Vangelo non è contrario a questa od a quella cultura come se, incontrandosi con essa, volesse privarla di ciò che le appartiene e la obbligasse ad assumere forme estrinseche che non le sono conformi».(45) E vitale che la Chiesa si inserisca pienamente nella cultura e dall’interno porti avanti il processo di purificazione e di trasformazione.(46) Un’autentica inculturazione del Vangelo ha un duplice aspetto: da una parte, ogni cultura offre valori e forme positivi che possono arricchire il modo in cui il Vangelo è annunciato, compreso e vissuto; dall’altra parte, il Vangelo sfida le culture ed esige che alcuni valori e forme cambino.(47) Proprio come il Figlio di Dio è divenuto carne fuorché nel peccato (cfr Eb 4, 15), così la fede cristiana accoglie e promuove tutto ciò che è genuinamente umano e rigetta quanto è peccaminoso. Il processo di inculturazione coinvolge il Vangelo e la cultura in «un dialogo che include l’identificazione di ciò che è e di ciò che non è di Cristo».(48) Ogni cultura necessita di essere purificata e trasformata dai valori rivelati nel Mistero pasquale.(49) Così, i valori e le forme positivi che si trovano nelle culture dell’Oceania arricchiscono la maniera in cui il Vangelo è annunciato, compreso e vissuto.(50) Il Vangelo «è forma reale di liberazione da ogni disordine introdotto dal peccato e, nello stesso tempo, è chiamata alla verità piena. In questo incontro, le culture non solo non vengono private di nulla, ma sono anzi stimolate ad aprirsi al nuovo della verità evangelica per trarne incentivo verso ulteriori sviluppi».(51) Trasformate dallo Spirito di Cristo, tali culture raggiungono la pienezza della vita alla quale i loro valori più profondi hanno sempre mirato e ai quali i loro popoli hanno sempre aspirato. In realtà, senza Cristo nessuna cultura umana può diventare ciò che è veramente.

 

La situazione attuale

 

17. In tempi recenti, la Chiesa ha caldamente incoraggiato l’inculturazione della fede cristiana. A tale proposito, Papa Paolo VI, nel visitare l’Oceania, ha insistito sul fatto che il cattolicesimo, «non solo non soffoca quanto vi è di buono e di originale in ogni forma di cultura umana, ma accoglie, rispetta e valorizza il genio di ogni popolo, e riveste di varietà e di bellezza l’unica inconsutile veste della Chiesa di Cristo».(52) Con parole simili mi sono rivolto agli Aborigeni dell’Australia, quando li ho incontrati: «Il Vangelo di nostro Signore Gesù Cristo parla tutte le lingue. Apprezza e abbraccia tutte le culture. Le sostiene in tutto ciò che in esse vi è di umano e, se necessario, le purifica. Il Vangelo esalta e arricchisce sempre e ovunque le culture con il messaggio rivelato di un Dio amoroso e misericordioso».(53) I Padri sinodali hanno chiesto che la Chiesa in Oceania sviluppi una comprensione e una presentazione della verità di Cristo partendo dalle tradizioni e dalle culture della regione. In aree missionarie, tutti i missionari sono fortemente invitati a operare in armonia con i cristiani indigeni per assicurare che la fede e la vita della Chiesa siano espresse in forme legittime appropriate a ciascuna cultura.(54) Sin dai tempi in cui arrivarono i primi immigrati e i missionari, la Chiesa in Oceania è stata coinvolta inevitabilmente in un processo di inculturazione all’interno delle molte culture della regione, che spesso esistono fianco a fianco. Attenti ai segni dei tempi, i Padri del Sinodo hanno riconosciuto «che molte culture, ciascuna a suo modo, offrono degli squarci che aiutano [la Chiesa] a comprendere ed a esprimere meglio il Vangelo di Gesù Cristo».(55) Per guidare questo processo, è necessaria la fedeltà a Cristo e alla Tradizione autentica della Chiesa. Una inculturazione genuina della fede cristiana deve sempre essere condotta con la guida della Chiesa universale. Pur rimanendo completamente fedeli allo spirito della communio, le Chiese particolari dovrebbero cercare di esprimere la fede e la vita della Chiesa in forme legittime, appropriate alle culture indigene. Nuove espressioni e forme devono essere verificate e approvate dalle competenti autorità. Una volta approvate, queste forme autentiche di inculturazione renderanno più facile ai popoli dell’Oceania sperimentare nel loro modo peculiare la vita abbondante offerta da Gesù Cristo.(56) I Padri sinodali hanno espresso il desiderio che i futuri sacerdoti, diaconi e catechisti abbiano piena familiarità con la cultura delle persone alle quali prestano il loro servizio. Per divenire buoni leader cristiani dovrebbero essere educati in forme che non li separino dal contesto in cui vive la gente comune, poiché sono chiamati ad un servizio di una evangelizzazione inculturata, mediante un lavoro pastorale premuroso che permetta alla comunità cristiana di accogliere, vivere e trasmettere la fede nella propria cultura, in armonia con il Vangelo e nella comunione con la Chiesa universale.(57) Come visione prospettica, i Padri del Sinodo hanno evocato l’ideale di molte culture dell’Oceania che possano formare una civiltà ricca e caratteristica, ispirata dalla fede in Gesù Cristo. Insieme con loro, prego fervidamente che tutti i popoli dell’Oceania scoprano l’amore di Cristo, Via, Verità e Vita, così da sperimentare ed edificare insieme la civiltà dell’amore e della pace che il mondo del Pacifico ha sempre desiderato.

 

CAPITOLO III

 

ANNUNCIARE LA VERITA DI GESÙ CRISTO IN OCEANIA

 

«Un giorno, mentre, levato in piedi, stava presso il lago di Genesaret e la folla gli faceva ressa intorno per ascoltare la parola di Dio, vide due barche ormeggiate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedutosi, si mise ad ammaestrare le folle dalla barca» (Lc 5, 1-3).

 

Una nuova evangelizzazione Evangelizzazione in Oceania

 

18. L’evangelizzazione è la missione della Chiesa di proclamare al mondo la verità di Dio rivelata in Gesù Cristo. I Padri sinodali erano molto contenti che la communio fosse il tema e lo scopo di qualsiasi evangelizzazione in Oceania (58) e la base di ogni pianificazione pastorale. Nell’evangelizzazione la Chiesa manifesta la propria intima comunione ed agisce come un corpo unico, sforzandosi di portare l’umanità intera all’unità in Dio mediante Cristo. Ogni battezzato ha la responsabilità di annunciare il Vangelo in parole e azioni nel mondo in cui vive.(59) Il Vangelo deve essere udito in Oceania da tutti, credenti o non credenti, nativi e immigrati, ricchi e poveri, giovani e anziani: tutti hanno il diritto di ascoltare il Vangelo e ciò significa che i cristiani hanno il solenne dovere di condividerlo con loro. Oggi occorre una nuova evangelizzazione, così che ognuno possa udire, comprendere e credere nella misericordia di Dio destinata, in Cristo Gesù, a tutti i popoli. Durante l’Assemblea speciale, i Vescovi hanno condiviso il loro ricco bagaglio di esperienze pastorali e quello delle persone con le quali operano più da vicino; pertanto, hanno potuto discernere insieme nuove prospettive per il futuro della Chiesa in Oceania. Molti di loro hanno parlato del peso dell’isolamento, della necessità di attraversare amplissime distanze e di vivere in ambienti inospitali. Allo stesso tempo, hanno comunicato anche esperienze molto positive della freschezza della fede e della communio, quando le persone accolgono il Vangelo e scoprono l’amore di Dio. I Vescovi hanno parlato inoltre delle speranze e dei timori, delle realizzazioni e delle delusioni, della crescita e del declino delle Chiese particolari in Oceania. Alcuni hanno percepito che la Chiesa come tale si trova in Oceania ad un bivio, che richiede scelte importanti per il futuro. Erano coscienti che le nuove circostanze nel Continente presentano grandi sfide, e che è giunto il tempo per una ripresentazione del Vangelo ai popoli del Pacifico, così che questi possano udire la parola di Dio con fede rinnovata e trovare più abbondante vita in Cristo. Ma per fare ciò, hanno convenuto, occorrono nuove vie e nuovi metodi di evangelizzazione, ispirati da una fede, da una speranza e da un amore più profondi per il Signore Gesù. Come primo passo nel necessario «rinnovamento della mente» (cfr Rm 12, 2), i Vescovi hanno parlato molto positivamente dei numerosi sforzi per applicare le direttive del Concilio Vaticano II. Essi hanno insistito che queste devono essere poste in atto gradualmente, cosa che implica il bisogno di altre iniziative per rafforzare la fede di quanti sono divenuti deboli e di presentare questa fede in maniera più convincente alla società in genere. L’invito al rinnovamento è una chiamata ad annunciare al mondo la verità di Gesù Cristo rendendo a lui testimonianza, anche sino al punto del supremo sacrificio del martirio. La Chiesa in Oceania è chiamata proprio a ciò; e questa è stata la ragione di fondo per la celebrazione dell’Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi.(60) Data la situazione in Oceania, la chiamata di Dio può facilmente non essere udita a causa della trasformazione globale che influenza l’identità culturale e le istituzioni sociali della regione. Alcuni temono che tali cambiamenti possano minare le fondamenta della fede, e condurre a una spossatezza dello spirito e allo scoraggiamento. Di fronte a ciò, dobbiamo ricordare a noi stessi che il Signore ci offre la forza per superare tali tentazioni. La fede in lui è come una casa costruita sulla roccia: «Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa non cadde, perché era fondata sopra la roccia» (Mt 7, 25). Con la potenza dello Spirito Santo, la Chiesa in Oceania si sta preparando per una nuova evangelizzazione di popoli che oggi sono affamati di Cristo. «Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza!» (2 Cor 6, 2). Molti Padri sinodali hanno dato voce alla preoccupazione circa la considerazione pubblica della fede cristiana in Oceania, osservando che essa esercita meno influenza su temi che riguardano il bene comune, la moralità pubblica e l’amministrazione della giustizia, lo stato del matrimonio e della famiglia, o il diritto stesso alla vita. Alcuni dei Vescovi hanno segnalato che l’insegnamento della Chiesa è talvolta messo in questione anche dai cattolici. Nella misura in cui ciò è vero, sorprende poco che la voce della Chiesa sia meno influente nella vita pubblica. Le sfide della modernità e della post-modernità vengono sperimentate da tutte le Chiese particolari in Oceania, ma con speciale forza da quelle che vivono in società più potentemente toccate dalla secolarizzazione, dall’individualismo e dal consumismo. Molti Vescovi hanno individuato i segni di un affievolimento della fede e della pratica cattolica nella vita delle persone nella misura in cui accettano una visione completamente secolare quale norma di giudizio e di comportamento. A tale proposito, già il Papa Paolo VI mise in guardia i credenti osservando che «vi è un rischio di ridurre tutto ad un umanesimo terreno, di dimenticare la dimensione morale e spirituale della vita, e di non preoccuparsi del necessario rapporto dell’uomo con il Creatore».(61) La Chiesa deve adempiere alla sua missione evangelizzatrice in un mondo sempre più secolarizzato. Il senso di Dio e della sua amorevole Provvidenza è in molti diminuito, persino in settori interi della società. L’indifferenza pratica alle verità e ai valori religiosi oscura il volto dell’amore di Dio. Perciò, «tra le priorità di un rinnovato impegno di evangelizzazione vi è quello di promuovere un ritorno al senso del sacro, ad una consapevolezza della centralità di Dio nella globalità dell’esperienza umana».(62) La nuova evangelizzazione è una priorità per la Chiesa in Oceania. In un certo senso, la missione della Chiesa è semplice e chiara: proporre ancora una volta all’umana società tutto il Vangelo della salvezza in Gesù Cristo. Essa è inviata al mondo contemporaneo, agli uomini e alle donne del nostro tempo, «a predicare il Vangelo […] perché non venga resa vana la croce di Cristo. La parola della croce infatti […] è potenza di Dio» (1 Cor 17-18).(63)

 

Gli agenti dell’evangelizzazione

 

19. Come gli Apostoli, i Vescovi sono inviati nelle loro Diocesi come primi testimoni del Risorto. Uniti attorno al Successore di Pietro, formano un Collegio responsabile di diffondere il Vangelo nel mondo. Durante l’Assemblea speciale per l’Oceania, i Vescovi hanno riconosciuto di essere loro stessi i primi chiamati ad una rinnovata vita e testimonianza cristiana. Un maggiore studio della Scrittura e della Tradizione, alimentato dalla preghiera, li condurrà ad una più profonda conoscenza e amore della fede. In tal modo, come Pastori del loro popolo, contribuiranno ancor più efficacemente all’opera della nuova evangelizzazione.(64) Come gli Atti degli Apostoli attestano chiaramente, caratteristica peculiare della missione apostolica sostenuta dallo Spirito Santo è il coraggio di annunciare «la parola di Dio con franchezza» (4, 31). Tale coraggio fu dato loro in risposta alla preghiera di tutta la comunità: «Concedi ai tuoi servi di annunziare con tutta franchezza la tua parola» (4, 29). L’identico Spirito rende anche oggi i Vescovi capaci di parlare con chiarezza e con coraggio quando si trovano davanti ad una società che ha bisogno di ascoltare la parola della verità cristiana. I cattolici dell’Oceania continuano a pregare con fervore affinché, come gli Apostoli, i loro Pastori siano testimoni audaci di Cristo; e il Successore di Pietro si unisce a loro nella preghiera. Insieme con i Vescovi, tutti i fedeli di Cristo – sacerdoti, consacrati e laici – sono chiamati a proclamare il Vangelo. La loro communio si esprime in uno spirito di collaborazione, essa stessa testimonianza potente al Vangelo. I sacerdoti sono i più stretti cooperatori dei Vescovi e costituiscono per loro il maggiore aiuto nell’opera dell’evangelizzazione, particolarmente nelle comunità parrocchiali affidate alle loro premure.(65) Essi offrono il Sacrificio di Cristo per le necessità della comunità, riconciliano con Dio e con la comunità i peccatori, rafforzano i malati nel loro pellegrinaggio verso la vita eterna,(66) rendendo perciò l’intera comunità capace di dare testimonianza al Vangelo in ogni istante della vita e della morte. Uomini e donne nella vita consacrata sono segni viventi del Vangelo. I voti di povertà evangelica, di castità e di obbedienza sono un itinerario sicuro per una più profonda conoscenza e amore di Cristo, e da questa intimità con il Signore discende il loro servizio consacrato nella Chiesa, cosa che si è rivelata una grazia potente in Oceania.(67) Anche i laici hanno il proprio specifico ruolo nel consacrare il mondo a Dio, e molti di loro giungono ad un più profondo senso del loro ruolo indispensabile nella missione evangelizzatrice della Chiesa.(68) Attraverso la testimonianza di amore nel sacramento del Matrimonio o la generosa dedizione di persone chiamate ad una vita celibe, mediante l’attività nel mondo, di qualsiasi genere essa sia, i laici possono e devono essere vero lievito in ogni angolo della società in Oceania. Proprio da questo dipende in larga parte il successo della nuova evangelizzazione. Un nuovo annuncio di Cristo deve sgorgare da un rinnovamento interiore della Chiesa, e ogni rinnovamento nella Chiesa deve avere la missione come suo scopo per non cadere preda di una specie di introversione ecclesiale. Ogni aspetto della missione della Chiesa nel mondo deve scaturire da un rinnovamento che procede dalla contemplazione del volto di Cristo.(69) Tale rinnovamento, a sua volta, fa sorgere nuove strategie pastorali. A tale proposito, l’Assemblea Speciale ha invitato le comunità locali a contribuire alla nuova evangelizzazione coltivando uno spirito di fraternità nelle loro liturgie e nelle loro attività sociali ed apostoliche; avvicinando i cattolici non praticanti o lontani; rafforzando l’identità delle scuole cattoliche, offrendo opportunità agli adulti di crescere nella fede mediante programmi di studio e di formazione; insegnando e spiegando la dottrina cattolica in maniera efficace a quanti sono fuori della comunità cristiana, e facendo sì che l’insegnamento sociale della Chiesa influisca sulla vita civile in Oceania.(70) Con queste ed altre simili iniziative, il Vangelo sarà presentato alla società in modo più convincente e potrà influenzare la cultura più profondamente. I primi cristiani furono sospinti dallo Spirito Santo a credere in Cristo e ad annunciarlo quale unico Redentore del mondo, inviato dal Padre. In ogni epoca, il vero agente del rinnovamento e dell’evangelizzazione è lo Spirito Santo, che certamente non mancherà di aiutare ora la Chiesa a trovare, in una società in rapido cambiamento, le energie evangelizzatrici e i metodi necessari; né la nuova evangelizzazione mancherà di portare frutti meravigliosi dello Spirito Santo ai popoli dell’Oceania, allo stesso modo dei primi cristiani, quando incontrarono il Risorto e ricevettero il dono del suo amore, che è più forte persino della morte.

 

Il primato dell’annuncio

 

20. Il kerygma è la parola di Dio annunciata al fine di porre l’umanità nel giusto rapporto con Dio mediante la fede in Cristo. Vediamo all’opera la potenza del kerygma nella prima comunità di Gerusalemme: «Erano assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli Apostoli e nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere» (At 2, 42). Questa è l’essenza della vita della Chiesa, il frutto della prima evangelizzazione. L’adesione a Gesù Cristo si manifesta mediante la fede nella sua parola annunciata dalla Chiesa. Si chiede san Paolo: «E come lo annunzieranno, senza essere prima inviati?» (Rm 10, 15); e in verità Cristo inviò gli Apostoli, la cui voce si diffuse «per tutta la terra e la parola sino ai confini del mondo» (cfr Sal 18 [19], 5). Quali «testimoni della verità divina e cattolica»,(71) i missionari in Oceania hanno viaggiato per terra e per mare, sono passati attraverso deserti e inondazioni, hanno affrontato grandi difficoltà culturali nel compimento della loro opera eccezionale. Ispirati dalla storia della nascita della Chiesa in Oceania, i Padri Sinodali hanno percepito il bisogno di una nuova e coraggiosa predicazione del Vangelo ai nostri giorni. La Chiesa si trova ad affrontare una doppia sfida nel cercare di annunciare il Vangelo in Oceania: da una parte le religioni e le culture tradizionali, dall’altra il moderno processo di secolarizzazione. In un caso e nell’altro, il primo e più urgente dovere è l’annuncio di Cristo risorto da riproporre in un incontro personale capace di condurre l’interlocutore alla conversione del cuore e alla richiesta del Battesimo.(72) Sia che si trovi ad affrontare le religioni tradizionali o una filosofia raffinata, la Chiesa annuncia con parole e fatti «la verità che è in Gesù» (Ef 4, 21; cfr Col 1, 15-20). Alla luce di tale verità, essa offre il proprio contributo alla discussione sui valori e principi etici, che concorrono alla felicità della vita umana e alla pace della società. La fede deve essere sempre presentata in un modo razionalmente coerente, favorendone così la penetrazione in campi sempre più vasti dell’esperienza umana. La fede, infatti, ha in sé la forza di plasmare la cultura stessa penetrandone le motivazioni sin nel suo nucleo essenziale. Allertata sia dalla tradizione cristiana che dai cambiamenti culturali contemporanei, la parola della fede e della ragione deve andare di pari passo con la testimonianza della vita se si vuole che l’evangelizzazione rechi frutto. Al di sopra di tutto c’è, tuttavia, bisogno di un annuncio senza paura di Cristo, c’è bisogno di una «parresia della fede».(73)

 

Evangelizzazione e mezzi di comunicazione

 

21. Nel mondo contemporaneo, i mezzi di comunicazione sociale sono sempre più potenti come agenti della modernizzazione, anche nelle zone più remote dell’Oceania. Essi hanno un grande impatto sulla vita delle persone, sulla loro cultura, sul loro pensiero morale o sul loro comportamento religioso, per cui, quando sono usati in maniera indiscriminata, possono avere un effetto deleterio sulle culture tradizionali. I Padri del Sinodo hanno invocato una maggiore consapevolezza del potere dei media che «offrono una eccellente opportunità alla Chiesa di evangelizzare, e di costruire la comunità e la solidarietà».(74) Realmente i mass media offrono spesso l’unico contatto che la Chiesa ha con i non cattolici o la comunità in senso più ampio e, pertanto, dovrebbero essere usati in modo creativo e responsabile.(75) Laddove è possibile, la Chiesa dovrebbe escogitare un piano pastorale per le comunicazioni a livello nazionale, diocesano e parrocchiale. Il coordinamento degli sforzi ecclesiali è necessario per meglio assicurare la preparazione di quanti rappresentano la Chiesa nei mass media,(76) come pure per incoraggiare laici di provata fede ad entrare in quel mondo come risposta ad una vocazione. E un segno di speranza il fatto che i cristiani che operano nei mezzi di comunicazione stiano dimostrando il loro impegno nei valori cristiani. Con la loro assistenza, materiali e programmi religiosi che riflettono valori umani e morali possono essere prodotti professionalmente, anche se il finanziamento di tali attività è spesso un problema. Un centro cattolico per i mezzi di comunicazione per l’intera Oceania potrebbe essere un valido aiuto per l’uso dei mass media nel campo dell’evangelizzazione. I Vescovi hanno pure espresso preoccupazione per gli standard di decenza nei mezzi di comunicazione pubblici e denunciato il livello di violenza in essi raggiunto.(77) I responsabili della Chiesa devono collaborare quando viene steso un codice dei comportamenti etici per i mass media,(78) come pure le famiglie e i giovani necessitano di assistenza per valutare criticamente il contenuto dei programmi. Perciò, le istituzioni educative cattoliche hanno un ruolo vitale nell’aiutare le persone, specie i giovani, a giungere ad una comprensione critica dei media. La fede cristiana ci sfida a divenire ascoltatori, spettatori e lettori che sanno scegliere.(79) Preoccupazione i Vescovi hanno pure espresso per l’utilizzazione della pubblicità nei mass media, rilevando il grande influsso che essa possiede nell’incoraggiare sia il bene sia il male. Il processo di globalizzazione e il crescente scenario di monopoli nei mezzi di comunicazione offre alla pubblicità un potere ancor più grande sulle persone. Con la forza delle immagini e delle suggestioni, essa propaga spesso una cultura consumistica, riducendo le persone a ciò che possiedono o che possono acquistare. Le porta a credere che non vi è nulla al di là di ciò che una economia di consumo può offrire. «La più grande preoccupazione riguardo a un simile potere è che, per la maggior parte, diffonde senza sosta un’ideologia totalmente in conflitto con la visione della fede cattolica».(80)

 

La sfida della fede oggi Catechesi

 

22. La missione della Chiesa di «annunciare la verità di Gesù Cristo» oggi in Oceania la richiama a rinnovare la catechesi, l’istruzione e la formazione nella fede. L’impatto dei mass media nella vita delle persone illustra quanto fortemente una nuova realtà sociale richieda modi innovativi di presentare la fede. Lo scopo della catechesi è di educare i bambini, i giovani e gli adulti nella fede, «la quale comprende in special modo un insegnamento della dottrina cristiana, generalmente dato in modo organico e sistematico, al fine di iniziarli alla pienezza della vita cristiana».(81) I Padri sinodali hanno proposto un maggiore impegno sia economico che di personale per raggiungere anche i soggetti più facilmente ignorati. Il bisogno di corsi completi per adulti e fanciulli con necessità speciali, i quali non frequentano scuole cattoliche, esige una cura particolare e una pianificazione sistematica. Fra tutti i diritti umani, basilare è la libertà di religione, che include il diritto di essere istruiti nella fede.(82) «Ogni battezzato, per il fatto stesso del Battesimo, possiede il diritto di ricevere dalla Chiesa un insegnamento e una formazione che gli permettano di raggiungere una vera vita cristiana».(83) Questo richiede che i governi e le autorità scolastiche assicurino che tale diritto sia effettivamente rispettato. «Dove vi è un autentica collaborazione fra il governo e la Chiesa nell’istituire e far funzionare le scuole, l’educazione dei bambini e dei giovani del Paese viene grandemente promossa».(84) Religiosi e religiose, laici e sacerdoti hanno faticato a tale scopo, spesso con sforzi prodigiosi e tanti sacrifici. Il loro lavoro deve essere consolidato ed esteso per far sì che tutti i battezzati crescano nella fede e nella comprensione della verità di Cristo.

 

Ecumenismo

 

23. I Padri del Sinodo hanno constatato come la divisione tra i cristiani sia un grande ostacolo alla credibilità della testimonianza della Chiesa. Essi hanno espresso l’accorato desiderio che lo scandalo della divisione non continui e che siano fatti nuovi sforzi di riconciliazione e di dialogo, così che lo splendore del Vangelo possa irradiarsi più chiaramente. In molte aree missionarie dell’Oceania, le differenze tra Chiese e Comunità ecclesiali nel passato hanno condotto a competizioni e contrapposizioni. Nei tempi recenti, tuttavia, le relazioni sono state più positive e fraterne. La Chiesa in Oceania ha dato all’ecumenismo alta priorità e ha portato freschezza e apertura alle attività ecumeniche. Sono accolte con favore le occasioni per «un dialogo di salvezza»,(85) teso ad una maggiore comprensione ed arricchimento reciproci. Il forte desiderio dell’unità nella fede e nel culto è uno dei doni dello Spirito Santo all’Oceania,(86) e la cooperazione nelle aree della carità e della giustizia sociale è un chiaro segno di fraternità cristiana. L’ecumenismo ha trovato in Oceania terreno fertile nel quale radicarsi, dato che in molti luoghi le comunità locali sono strettamente unite. Un desiderio ancor maggiore di unità nella fede aiuterà a mantenere unite insieme tali comunità. Il desiderio di comunione più profonda in Cristo era simboleggiato al Sinodo dalla presenza di delegati fraterni di altre Chiese e Comunità ecclesiali. I loro contributi sono stati incoraggianti ed utili nel promuovere progressi verso l’unità voluta da Cristo. Nell’attività ecumenica, è essenziale che i cattolici siano più preparati nella conoscenza della dottrina, della tradizione e della storia della Chiesa, così che, comprendendo più profondamente la propria fede, sappiano impegnarsi meglio nel dialogo e nella collaborazione ecumenici. Vi è la necessità inoltre di un «ecumenismo spirituale», inteso come ecumenismo di preghiera e di conversione del cuore. L’orazione ecumenica condurrà a una condivisione di vita e di servizio nella quale i cristiani fanno insieme tutto ciò che è possibile fare nelle circostanze attuali. Un «ecumenismo spirituale» può portare anche a un dialogo dottrinale, o a un suo consolidamento là dove già esiste. I Padri sinodali hanno ritenuto molto utile avere, per l’uso comune, edizioni della Scrittura e preghiere accettate ecumenicamente; hanno sostenuto, inoltre, il desiderio che si desse maggiore attenzione ai bisogni pastorali di famiglie i cui membri appartengono a differenti comunità cristiane; infine, hanno incoraggiato le commissioni ecclesiali, là dove possibile, a condividere i servizi sociali con altre comunità cristiane. E cosa buona che i responsabili cristiani agiscano di concerto e rendano dichiarazioni comuni su problemi religiosi o sociali, quando tali dichiarazioni sono necessarie e opportune.(87)

 

Gruppi fondamentalisti

 

24. L’ecumenismo necessita di essere distinto dall’approccio ecclesiale a gruppi o movimenti religiosi fondamentalisti, alcuni dei quali sono di ispirazione cristiana. In alcune aree missionarie, i Vescovi sono preoccupati degli effetti che simili gruppi o sette stanno avendo sulla comunità cattolica. Alcuni di essi basano le proprie idee su una lettura della Scrittura che adopera spesso immagini apocalittiche, minacce di un futuro fosco per il mondo, e promesse di ricompense economiche per i loro seguaci. Mentre alcuni di questi gruppi sono apertamente ostili alla Chiesa, altri desidererebbero impegnarsi nel dialogo. Nelle società più sviluppate e secolarizzate vi è una crescente apprensione per gruppi cristiani fondamentalisti che attirano giovani lontano dalla Chiesa e persino dalle famiglie. Molti movimenti diversi offrono una specie di spiritualità quale supposto rimedio agli effetti dannosi di una cultura tecnologica alienante nei confronti della quale le persone si sentono spesso disarmate. La presenza e l’attività di tali gruppi e movimenti sono una sfida alla Chiesa, affinché rivitalizzi il suo approccio pastorale e sia più accogliente verso i giovani e quanti sono in grave bisogno spirituale o materiale.(88) Inoltre, è una situazione che richiede una migliore catechesi biblica e sacramentale ed una formazione spirituale e liturgica appropriata. Vi è pure il bisogno di una nuova apologetica, secondo l’insegnamento di san Pietro di essere «pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi» (1 Pt 3, 15). Così, i fedeli avranno più fiducia nella propria fede cattolica e saranno meno esposti agli allettamenti di questi gruppi e movimenti, che spesso danno in cambio l’opposto di ciò che promettono.

 

Dialogo interreligioso

 

25. Maggiori opportunità di spostamento e più facili possibilità di immigrazione si sono risolte in incontri senza precedenti fra le culture del mondo, e questa è la ragione della presenza in Oceania delle grandi religioni non cristiane. Alcune città hanno comunità ebraiche, costituite da un considerevole numero di sopravvissuti all’Olocausto; esse possono avere un ruolo importante nel rapporti ebraico-cristiani. In alcune parti vi sono pure comunità musulmane fondate da lunga data, in altre, vi sono comunità indù, ed ancora in altre aree si stanno fondando dei centri buddisti. E importante che i cattolici conoscano meglio tali religioni, i loro insegnamenti, i loro modi di vita e il loro culto. Là dove genitori appartenenti a queste religioni iscrivono i figli in scuole cattoliche, la Chiesa ha un compito particolarmente delicato. La Chiesa in Oceania deve studiare più accuratamente le religioni tradizionali delle popolazioni indigene, per entrare più efficacemente in quel dialogo richiesto dall’annuncio cristiano. «L’annuncio e il dialogo, ciascuno nel proprio ambito, sono ambedue considerati come elementi integranti e forme autentiche dell’unica missione evangelizzatrice della Chiesa. Ambedue sono orientati verso la comunicazione della verità salvifica».(89) Per poter perseguire un dialogo fruttuoso con queste religioni, la Chiesa ha bisogno di esperti in filosofia, antropologia, religioni comparate, scienze sociali e, soprattutto, in teologia.

 

Speranza per la società. L’insegnamento sociale della Chiesa

 

26. La Chiesa guarda all’apostolato sociale come ad una parte integrante della missione evangelizzatrice, per dire al mondo una parola di speranza; il suo impegno in tal senso può essere visto nel contributo che offre allo sviluppo umano, nella promozione dei diritti umani, nella difesa della vita umana e della sua dignità, nella giustizia sociale e nella protezione dell’ambiente. I Padri del Sinodo erano profondamente uniti al loro popolo nell’esprimere la determinazione di agire contro le ingiustizie, la corruzione, le minacce alla vita e le nuove forme di povertà.(90) Verso la fine del XIX secolo, quando la società industriale e consumistica era ai primi passi, la Chiesa in Oceania accolse con favore l’insegnamento sociale pontificio sui diritti dei lavoratori all’occupazione e al giusto salario. Nei Paesi in via di sviluppo in Oceania, la dottrina sociale della Chiesa è stata recepita bene, specialmente a partire dal Concilio Vaticano II, e i Vescovi l’hanno insegnata in maniera efficace, nonché applicata alle questioni sociali correnti. Dichiarazioni della Federazione delle Conferenze Episcopali dell’Oceania, delle singole Conferenze Episcopali e di Vescovi riflettono l’intera gamma dell’insegnamento sociale della Chiesa ed illustrano come essa abbia cercato di promuovere la causa dei popoli indigeni e i diritti delle nazioni più piccole, come pure di rinsaldare i vincoli della solidarietà internazionale. La Chiesa ha pure aiutato a sviluppare forme democratiche di governo che rispettano i diritti umani, l’autorità della legge e la sua giusta applicazione. Senza dubbio simile impegno nella giustizia sociale e nella pace è una parte integrale della missione della Chiesa nel mondo.(91) Tuttavia, questa missione non dipende dal potere politico. «La Chiesa si interessa degli aspetti temporali del bene comune in quanto sono ordinati al Bene supremo, nostro ultimo fine».(92) L’insegnamento sociale della Chiesa deve essere insegnato e posto in atto in maniera ancor più efficace in Oceania, specialmente mediante strutture come le commissioni per la giustizia e la pace. Tale insegnamento sociale deve essere «chiaramente presentato ai fedeli con termini comprensibili e testimoniato da uno stile di vita semplice».(93) Si deve fare un’analisi più penetrante dell’ingiustizia economica e della corruzione così che si possano proporre misure adeguate per superarle. Le organizzazioni cattoliche coinvolte nell’azione a favore della giustizia sono incoraggiate ad essere attente alle nuove forme di povertà e di ingiustizia e ad aiutare a eliminarne le cause.

 

Diritti umani

 

27. I Padri sinodali hanno manifestato il desiderio che i popoli dell’Oceania diventino ancor più consci della dignità umana, basata sul fatto che tutti sono creati ad immagine di Dio (cfr Gn 1, 26). Il rispetto per ogni persona umana comporta il rispetto per i diritti inviolabili, che discendono dalla dignità della persona. Tutti i diritti basilari vengono prima della società e da questa devono essere riconosciuti.(94) Il non rispetto della dignità o dei diritti della persona è contrario al Vangelo ed è distruttivo nei confronti della società umana. La Chiesa incoraggia giovani e adulti a rispondere in modo efficace all’ingiustizia e alla mancanza di rispetto dei diritti umani, alcuni dei quali in Oceania o sono minacciati o hanno bisogno di essere maggiormente rispettati. Fra questi c’è il diritto al lavoro e all’impiego, così che le persone possano sostenersi, formare ed educare una famiglia. La disoccupazione dei giovani è una grave preoccupazione, che in alcuni Paesi aumenta l’incidenza dei suicidi tra la gioventù. I sindacati possono svolgere un ruolo insostituibile nel difendere i diritti dei lavoratori. I politici, i pubblici amministratori e la polizia, per essere fedeli alle loro mansioni, devono essere onesti ed evitare la corruzione in tutte le sue forme, poiché ciò costituisce sempre un’ingiustizia seria nei confronti dei cittadini. Lavorando insieme con i politici, con gli uomini d’affari e con i capi della società, i responsabili della Chiesa possono offrire una preziosa assistenza nel formulare linee di comportamento etiche su questioni che toccano il bene comune, e far sì che tali linee siano messe in atto. Senza pretendere di essere esperti nel campo, i responsabili ecclesiali devono essere ben al corrente dei problemi economici e del loro impatto sulla società. I Padri del Sinodo hanno chiaramente ripetuto che «una teoria che fa del profitto la regola esclusiva e il fine ultimo dell’attività economica è moralmente inaccettabile»; (95) il cosiddetto «razionalismo economico» (96) è un principio che tende sempre di più a dividere le nazioni ricche e povere, le comunità e gli individui. Le nazioni più piccole dell’Oceania sono particolarmente vulnerabili alle politiche economiche basate su una filosofia sociale di questo tipo, che ha un senso affievolito della giustizia distributiva, ed è troppo poco preoccupata che ciascuno abbia le cose necessarie alla vita nonché uno sviluppo umano integrale. Il fatto che le famiglie soffrano a causa di queste politiche economiche è particolarmente preoccupante. I Vescovi hanno indicato che un ulteriore fenomeno distruttivo in Oceania è la diffusione del gioco d’azzardo, specialmente in case da gioco che promettono una soluzione veloce e spettacolare delle difficoltà economiche, mentre in realtà conducono le persone ad una situazione di difficoltà ancor maggiore.

 

I popoli indigeni

 

28. Politiche economiche ingiuste danneggiano specialmente i popoli indigeni, le nazioni giovani e le loro culture tradizionali; è compito della Chiesa aiutare le culture indigene a preservare la propria identità e a mantenere le proprie tradizioni. Il Sinodo ha fortemente incoraggiato la Santa Sede a continuare la difesa della Dichiarazione delle Nazioni Unite sui Diritti dei Popoli Indigeni.(97) Un caso speciale è quello degli Aborigeni australiani, la cui cultura lotta per sopravvivere. Per molte migliaia di anni essi hanno cercato di vivere in armonia con l’ambiente sovente aspro del loro «grande Paese»; ora, tuttavia, la loro identità e la loro cultura sono gravemente minacciate. In tempi più recenti, però i loro sforzi congiunti volti ad assicurare la sopravvivenza e ottenere giustizia hanno cominciato a dar frutti. C’è un proverbio proveniente dalla vita nelle foreste nell’Australia, che è stato riferito nell’Aula del Sinodo: «Se rimarrete strettamente uniti, sarete come un albero dritto nel mezzo di un incendio che brucia e consuma il legno nella boscaglia. Le foglie ne risultano inaridite e la robusta scorza viene scalfita e bruciata; ma all’interno dell’albero la linfa continua a scorrere, e sotto la terra le radici sono ancora robuste. Come quell’albero voi avete sopportato le fiamme, e avete ancora il potere di rinascere. E giunto adesso il momento di rinascere!».(98) La Chiesa sosterrà la causa di tutti i popoli indigeni che cercano un riconoscimento giusto ed equo della propria identità e dei propri diritti.(99) I Padri sinodali hanno manifestato il loro sostegno alle aspirazioni dei popoli indigeni per una giusta soluzione alla complessa questione dell’alienazione delle loro terre.(100) Ogni qualvolta la verità è stata negata da governi o da loro organismi o persino da comunità cristiane, il male fatto ai popoli indigeni deve essere onestamente riconosciuto. Il Sinodo ha sostenuto l’istituzione di «Commissioni di verità»,(101) là dove possono aiutare a risolvere ingiustizie storiche e a promuovere la riconciliazione all’interno della società più vasta o della Nazione. Il passato non può essere cambiato, ma un onesto riconoscimento di passate ingiustizie può condurre a misure e atteggiamenti che aiutano a rettificare gli effetti dannosi sia per la comunità indigena sia per la società in senso più ampio. La Chiesa esprime profondo rincrescimento e chiede perdono là dove i suoi figli sono stati o sono tuttora complici di questi errori. Consapevoli delle ingiustizie vergognose fatte a danno dei popoli indigeni dell’Oceania, i Padri sinodali hanno chiesto scusa senza riserve per la parte in esse svolta da membri della Chiesa, specialmente quando bambini furono separati a forza dalle loro famiglie.(102) I governi sono invitati a perseguire con maggiore energia programmi che migliorino le condizioni e gli standard di vita dei gruppi indigeni nei campi vitali della salute, dell’educazione, dell’impiego e della casa.

 

Aiuto per lo sviluppo

 

29. Come nella Chiesa primitiva ciascuna comunità cristiana era legata all’altra dall’ospitalità offerta ai pellegrini, dalla reciproca assistenza e dalla condivisione di risorse materiali e umane, la solidarietà pratica tra le Chiese particolari in Oceania rende visibile al mondo la communio. Molte economie nazionali in Oceania sono tuttora dipendenti dall’aiuto internazionale e hanno bisogno di un continuo sostegno economico per lo sviluppo. Mentre l’aiuto per lo sviluppo socio-economico viene offerto generosamente dalle agenzie internazionali, la Chiesa ha difficoltà ad ottenere aiuto diretto per i suoi progetti pastorali, anche se molti di essi giungono ben oltre i confini della comunità cattolica. Data questa situazione, il Sinodo ha raccomandato che le agenzie di sostegno collegate alla Chiesa rivedano i loro criteri, così da aprire le loro risorse alle opere apostoliche che sono un pre-requisito necessario allo sviluppo sociale richiesto per migliorare i livelli di vita.(103) I Padri sinodali hanno chiesto inoltre che la Chiesa diffusa nelle parti più ricche dell’Oceania «condivida le proprie risorse con le varie Chiese particolari del Pacifico e cooperi con loro nell’istituzione di legami con organismi finanziatori».(104) Né la Chiesa in Oceania può essere indifferente al destino delle Chiese più povere della vicina Asia, ogni qual volta queste si trovano ad aver bisogno del suo aiuto e dei suoi servizi. Il Sinodo riconosce con gratitudine i generosi contributi in denaro e in risorse dati da cattolici per sostenere programmi, e specialmente l’opera del personale laico impegnato in situazioni a volte molto difficili al fine di migliorare le condizioni umane in Oceania.

 

La santità della vita

 

30. Nelle società più secolarizzate e ricche dell’Oceania, il diritto alla vita è tra quelli maggiormente in pericolo. Vi è una profonda contraddizione in questo fatto, dato che queste spesso sono società che parlano in maniera molto insistente di diritti umani mentre al contempo negano il diritto più basilare di tutti. Non disse forse Cristo stesso: «Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza» (Gv10, 10)? In realtà, «il Vangelo della vita sta al cuore del messaggio di Gesù».(105) Nell’attuale conflitto fra una «cultura della vita» e una «cultura della morte», la Chiesa deve difendere il diritto alla vita dal momento del concepimento sino al momento della morte naturale, in ogni stadio dello sviluppo. I valori morali e sociali che dovrebbero plasmare la società sono basati sulla sacralità della vita creata da Dio. Il presentare una chiara prospettiva circa l’origine dell’umanità da Dio creatore e il suo eterno destino aiuterà molte persone ad intravedere il vero valore della vita. Non è che la Chiesa voglia imporre la sua moralità ad altri; essa vuole piuttosto essere fedele alla sua missione di condividere la verità piena sulla vita, insegnata da Gesù Cristo. La promozione della sacralità della vita è una conseguenza della comprensione cristiana dell’umana esistenza. Tale messaggio deve essere insegnato dalla Chiesa non soltanto all’interno della comunità cattolica, bensì, in modo profetico, alla società intera così da annunciare la potenza e la bellezza del Vangelo della vita. Su questo punto, la testimonianza delle istituzioni sanitarie cattoliche è essenziale, come lo è quella dei mass media nel promuovere il valore della vita. Per presentare la posizione della Chiesa alla pubblica opinione in modo chiaro e fedele su questioni bioetiche e sanitarie, i Vescovi, i sacerdoti e gli esperti in diritto e medicina debbono essere istruiti in modo adeguato.(106) La vita deve essere promossa e la sua santità difesa contro ogni minaccia di violenza nelle sue varie forme, specialmente la violenza contro i più deboli, e cioè gli anziani, i morenti, le donne, i fanciulli, i disabili e i non nati.

 

L’ambiente

 

31. L’Oceania è una parte del mondo di grande bellezza naturale, ed è riuscita a conservare aree che rimangono inviolate. La regione offre a tutt’oggi ai popoli indigeni un luogo per vivere in armonia con la natura e vicendevolmente tra di loro.(107) Poiché la creazione fu affidata alla gestione dell’uomo, il mondo naturale non è semplicemente una risorsa da essere sfruttata, ma anche una realtà da essere rispettata ed anche venerata quale dono a lui affidato da Dio. E compito degli esseri umani curare, preservare e coltivare i tesori della creazione. I Padri sinodali si sono rivolti ai popoli dell’Oceania affinché si rallegrino sempre della gloria della creazione in spirito di gratitudine verso il Creatore. Tuttavia, la bellezza naturale dell’Oceania non è sfuggita ai danni dello sfruttamento umano. I Padri del Sinodo hanno esortato i governi e i popoli dell’Oceania a proteggere questo ambiente prezioso per le generazioni presenti e future.(108) E loro speciale responsabilità assumersi, a nome dell’intera umanità, la gestione dell’Oceano Pacifico, che contiene oltre la metà delle risorse idriche della terra. Il buono stato di salute di questo e di altri oceani è cruciale per il benessere dei popoli, non soltanto in Oceania ma anche in ogni parte del mondo. Le risorse naturali dell’Oceania devono essere protette contro politiche dannose di alcune nazioni industrializzate e di società multinazionali sempre più potenti, che possono portare alla deforestazione, alla spoliazione della terra, all’inquinamento dei fiumi mediante attività minerarie, la pesca oltre misura di specie redditizie, o la contaminazione dei fondali marini con scorie industriali o nucleari. Lo scarico di rifiuti nucleari nell’area costituisce un ulteriore pericolo per la salute della popolazione indigena. E importante, però, riconoscere che l’industria può recare grandi benefici quando è intrapresa nel dovuto rispetto per i diritti e la cultura della popolazione locale e per l’integrità dell’ambiente.

 

L’attività caritativa. Istituzioni cattoliche

 

32. La storia della Chiesa in Oceania non può essere raccontata senza dire le vicende dei contributi eccezionali della Chiesa nel campo dell’educazione, della salute e del benessere sociale. Le istituzioni cattoliche consentono che la luce del Vangelo penetri culture e società, evangelizzandole come se fosse dal di dentro. A motivo dell’attività di missionari cristiani, antiche forme di violenza hanno lasciato il posto a prassi ispirate alla legge e alla giustizia. Mediante l’educazione, sono stati formati leader cristiani e cittadini responsabili, e valori morali cristiani hanno forgiato la società. Mediante i programmi educativi, la Chiesa mira alla formazione integrale della persona umana, guardando a Cristo stesso quale pienezza di umanità. L’apostolato della carità testimonia la pienezza dell’amore cristiano, non soltanto a parole ma anche con le azioni. Questo amore spinge le persone ad interrogarsi sulla sua origine e a domandarsi perché i cristiani sono diversi nei loro valori e comportamenti.(109) Mediante una simile carità apostolica, Cristo tocca la vita degli altri, conducendoli ad una maggiore percezione di ciò che significa parlare di «civiltà dell’amore» (110) e impegnarsi a edificarla.

 

La Chiesa si avvale della libertà religiosa nella società per annunciare pubblicamente Cristo e per condividerne abbondantemente l’amore, mediante la creazione di istituzioni ad esso ispirate. Il diritto della Chiesa di fondare istituzioni educative, sanitarie e di servizi sociali si basa proprio su questa libertà. L’apostolato sociale di queste istituzioni può essere più efficace quando i governi non soltanto tollerano una simile attività, ma cooperano in quest’area con le autorità ecclesiali, con rispetto inequivocabile dei reciproci ruoli e competenze.

 

L’educazione cattolica

 

33. I genitori sono i primi educatori dei figli quanto ai valori umani e alla fede cristiana; essi hanno il diritto fondamentale di scegliere l’educazione idonea per i figli. Le scuole assistono i genitori nell’esercizio di tale diritto aiutando gli studenti a svilupparsi come dovrebbero. In alcune situazioni, la scuola cattolica è l’unico contatto che i genitori hanno con la comunità ecclesiale. La scuola cattolica possiede un’identità ecclesiale poiché è parte della missione evangelizzatrice della Chiesa; (111) una delle caratteristiche, tuttavia, che contraddistinguono l’educazione cattolica è che essa è aperta a tutti, specialmente ai poveri e ai più deboli della società.(112) E vitale che la scuola e la parrocchia collaborino e che la scuola sia integrata nel programma pastorale della parrocchia, specialmente per quanto concerne i sacramenti della Penitenza, della Confermazione e dell’Eucaristia. Nella scuola di primo grado gli insegnanti sviluppano il potenziale di fede e di comprensione dei bambini, il quale fiorirà pienamente negli anni successivi. La scuola di secondo grado pone a disposizione un mezzo privilegiato mediante il quale «la comunità cattolica offre agli studenti una formazione intellettuale, professionale e religiosa»; (113) durante questi anni, gli studenti normalmente giungono ad un maggiore discernimento circa la propria fede e vita morale, basandole su una conoscenza più personale di Gesù Cristo Via, Verità e Vita. Una simile fede, nutrita in famiglia, a scuola e in parrocchia mediante la preghiera e i Sacramenti, si manifesta attraverso una vita morale solida e retta. La grande sfida per le scuole cattoliche in una società sempre più secolarizzata è quella di presentare il messaggio cristiano in maniera convincente e sistematica, tenendo presente che «la catechesi rischia di divenire sterile, se la comunità di fede e di vita cristiana non accoglie il catecumeno ad un certo grado della sua catechesi».(114) Pertanto, i giovani devono essere genuinamente integrati nella vita e nell’attività della comunità. I Padri del Sinodo hanno desiderato riconoscere l’opera dei consacrati e delle consacrate, come pure dei laici, che hanno prestato così generosamente le loro energie nel campo dell’educazione cattolica,(115) fondando e provvedendo di personale le scuole cattoliche, affrontando spesso grandi difficoltà e con enorme sacrificio. Il loro contributo alla Chiesa e alla società civile in Oceania è stato inestimabile. Nel contesto dell’educazione odierna, le Congregazioni religiose, gli Istituti e le Società hanno ogni ragione per avere cara la propria vocazione. Consacrati e consacrate sono necessari nelle istituzioni educative per dare una testimonianza radicale ai valori del Vangelo così da ispirarli anche ad altri. Nei tempi recenti, la generosa risposta dei laici ai nuovi bisogni ha spalancato nuove prospettive per l’educazione cattolica. Per i laici coinvolti, l’insegnamento è più di una professione: è una vocazione a formare studenti, un servizio laicale ampiamente diffuso e indispensabile nella Chiesa. L’insegnamento è sempre una sfida, ma con la collaborazione e l’incoraggiamento di genitori, sacerdoti e religiosi, il coinvolgimento del laicato nel campo dell’educazione cattolica può essere un prezioso servizio al Vangelo, e una via alla santificazione cristiana sia per l’insegnante che per gli studenti. L’identità e il successo dell’educazione cattolica è inseparabilmente legato alla testimonianza di vita data dal corpo insegnante. Pertanto, i Vescovi hanno raccomandato che «i responsabili del reclutamento dei professori e degli amministratori delle scuole cattoliche tengano conto della vita di fede di quanti assumono».(116) Gli operatori scolastici che vivono profondamente la propria fede saranno agenti di una nuova evangelizzazione nel creare un clima positivo per la crescita della fede cristiana e per nutrire spiritualmente gli studenti affidati alle loro cure. Essi divengono particolarmente efficaci quando sono cattolici praticanti attivi, dediti alla propria comunità parrocchiale, leali verso la Chiesa e il suo insegnamento. Oggi, la Chiesa in Oceania estende il proprio impegno nel campo educativo; laici cattolici diplomati sono grandemente aiutati da istituti cattolici scolastici di terzo grado, da collegi e università di formazione, che li nutrono intellettualmente, li educano professionalmente e sostengono la loro fede, affinché possano trovare il proprio posto nella missione della Chiesa nel mondo. Questa avventura nell’educazione scolastica di terzo grado è agli inizi in Oceania ed esige doni speciali di saggezza e di discernimento nel suo sviluppo. Le Università cattoliche sono comunità che riuniscono professori delle varie branche del conoscere umano; sono impegnate nella ricerca, nell’insegnamento e in altri servizi rimanendo fedeli alla loro missione culturale. Va a loro onore ed è loro responsabilità dedicarsi senza riserve alla causa della verità.(117) Esse sono chiamate ad osservare i livelli più alti della ricerca e dell’insegnamento accademici quale servizio alle comunità locale, nazionale e internazionale. In tal modo, hanno un ruolo vitale nella società e nella Chiesa, nel preparare futuri professionisti e leader che prenderanno sul serio le proprie responsabilità cristiane. I Vescovi hanno considerato essenziale mantenere un contatto personale con gli universitari e promuovere le qualità direttive in quanti sono impegnati nel campo dell’educazione di terzo grado. La ricerca e l’insegnamento nelle istituzioni scolastiche di terzo grado devono recare valori cristiani che abbiano riferimento con le arti e le scienze. La Chiesa necessita di esperti in filosofia, in etica e in teologia morale, così che i valori umani siano compresi in modo adeguato nel contesto di una società tecnologica sempre più complessa; l’unità della conoscenza non può essere completa se non viene permesso alla teologia di illuminare ogni campo della ricerca. Deve essere usata particolare cura nella scelta e nella formazione di professori per operare nel campo della teologia. La Costituzione apostolica «Ex corde Ecclesiae indica che la maggioranza dei professori delle Università cattoliche e degli altri Istituti superiori devono essere dei cattolici attivi. Quanti sono responsabili del reclutamento, devono scegliere con cura professori che siano non soltanto competenti nella loro specializzazione, ma anche modelli per i giovani».(118) La presenza di cattolici attivi nelle istituzioni scolastiche di terzo grado è vitale e costituisce un vero servizio alla Chiesa e alla società.

 

Sanità

 

34. Gesù curò i malati e confortò gli afflitti. Come Risorto, continua il ministero della guarigione e della consolazione attraverso coloro che recano la misericordia di Dio alle persone deboli e sofferenti. Un simile ministero della Chiesa in Oceania è per molte persone la prova più visibile e tangibile dell’amore di Dio. La missione messianica della misericordia,(119) del sanare e del perdonare deve essere continuata senza grettezza e perseguita in modi nuovi che corrispondano ai bisogni odierni.

 

La storia della sanità in Oceania dimostra lo stretto legame fra questa e la missione della Chiesa e come essa copra ogni aspetto curativo, inclusa la fornitura dei servizi medici più semplici nei luoghi più remoti. La Chiesa è stata fra le prime istituzioni a prendersi cura di quanti erano abbandonati dagli altri, come, ad esempio, i lebbrosi ed i sofferenti di HIVAIDS; essa amministra, inoltre, ospedali di formazione, dove gli operatori sanitari vengono preparati in maniera eccellente. A causa dell’attuale crisi nella fornitura e nel finanziamento di cure mediche in Oceania, alcune istituzioni stanno attraversando serie difficoltà, ma non si può permettere che ciò ponga a repentaglio l’impegno fondamentale della Chiesa in quest’area. L’insegnamento della Chiesa circa la dignità della persona umana e la santità della vita deve essere spiegato ai responsabili delle leggi e delle decisioni dei tribunali, specialmente considerando che i loro giudizi hanno conseguenze sulla sanità, sull’amministrazione degli ospedali e la fornitura di servizi medici. Oggi gli ospedali e le istituzioni sanitarie cattolici sono in prima linea nella promozione che la Chiesa fa della vita umana dal momento del concepimento sino alla morte naturale. I Padri sinodali hanno riconosciuto lo zelo delle congregazioni religiose che hanno fondato il sistema sanitario cattolico in Oceania. La Chiesa e la società intera debbono loro un debito immenso di gratitudine. La loro presenza negli ospedali deve continuare, accanto a laici preparati ad operare con i diversi Istituti di vita consacrata secondo lo spirito del loro carisma. Queste persone permettono al Vangelo della vita di essere proclamato in modo non ambiguo in una società spesso confusa riguardo ai valori morali. I Padri del Sinodo hanno raccomandato che, per contrastare l’influenza di una «cultura della morte», ogni cristiano sia spinto a recare il proprio contributo perché la grande eredità del servizio sanitario cattolico non sia messa in pericolo.(120) Le Università cattoliche hanno un ruolo guida da svolgere nella formazione di professionisti medici capaci di applicare l’insegnamento cattolico alle nuove sfide che costantemente si presentano in campo medico. In ogni possibile maniera si devono promuovere le associazioni di medici cattolici, di infermiere e di operatori sanitari e, là dove non esistono, esse dovrebbero essere istituite. Gli amministratori e il personale delle istituzioni cattoliche necessitano di formazione nell’applicazione dei principi morali cattolici alla loro vita professionale, e questo è un compito delicato, dato che alcuni di quelli che sono coinvolti nell’attività in ospedali cattolici non conoscono a sufficienza tali principi o non sono d’accordo con essi. Quando l’insegnamento cattolico è presentato in maniera appropriata, tuttavia, queste persone sperimentano spesso la pace che deriva dal vivere in armonia con la verità e cooperano prontamente. La fede nella Croce redentrice di Cristo offre nuovo significato alla malattia, alla sofferenza e alla morte. I Padri sinodali hanno indicato la necessità di sostenere quanti possiedono o amministrano strutture che recano la compassione di Cristo a quanti soffrono, in modo particolare alle persone disabili, agli ammalati di HIVAIDS, agli anziani, ai morenti, agli indigeni e a quanti vivono in aree isolate.(121) I Padri hanno mostrato particolare sensibilità per quanti offrono tali servizi nelle zone più remote, come la giungla, le piccole isole o l'”interno” australiano. Lavorando spesso con poche risorse e poco sostegno economico, con il loro zelo essi offrono una testimonianza forte dell’amore di Dio per il povero, il malato e l’abbandonato. Quanti operano in ospedali, prendendosi cura degli anziani od offrendo altre forme di cure sanitarie agli ultimi dei loro fratelli e sorelle (cfr Mt 25, 40), sappiano che la Chiesa stima grandemente la loro dedizione e la loro generosità, e li ringrazia per essere nella prima linea della carità cristiana.

 

Servizi sociali

 

35. Durante la sua vita terrena, Gesù fu sensibile ad ogni umana debolezza e afflizione. «Al centro del suo insegnamento pose le otto beatitudini, che sono indirizzate agli uomini provati da svariate sofferenze nella vita temporale».(122) Sulle orme del Signore, la missione di carità della Chiesa raggiunge quelli che sono maggiormente nel bisogno: gli orfani, i poveri, i senzatetto, gli abbandonati e gli esclusi. Tale missione caritativa è svolta da quanti si preoccupano dei bisognosi sia mediante iniziative personali sia attraverso istituzioni fondate per andare incontro alle varie necessità a livello parrocchiale, diocesano, nazionale o internazionale. Non è questo il luogo per un’enumerazione esaustiva dei molti servizi sociali offerti dalla Chiesa in Oceania. Tuttavia di alcuni di questi è stata fatta speciale menzione nell’Aula Sinodale. La Chiesa offre servizi di consulenza a soggetti con difficoltà personali o sociali, cercando di rafforzare le famiglie, al fine di prevenire separazioni matrimoniali e divorzi o di lenirne gli effetti dolorosi. Il fornire cibo per i poveri, l’istituire centri di cura per varie persone o il lavorare con i senza tetto, come pure per i «bambini di strada», sono solo una piccola parte dell’apostolato sociale della Chiesa in Oceania. In maniera silenziosa e non invadente, alcuni gruppi parrocchiali e associazioni apostoliche agiscono per porre rimedio alle ferite spesso nascoste causate dalla povertà nei sobborghi o nelle zone rurali. Altri gruppi aiutano a recare pace o riconciliazione tra clan, fra tribù o altri gruppi in conflitto. Le donne, in particolare le mamme, possono avere un’efficacia straordinaria nel promuovere modi pacifici per risolvere dissidi.(123) Le cure della Chiesa si allargano anche verso quanti sono dediti all’alcool, alla droga o al gioco d’azzardo, o sono vittime di abusi sessuali. I Padri sinodali hanno menzionato pure i rifugiati o quanti cercano asilo: essi sono in aumento, e la loro dignità umana esige che li si accolga e siano loro offerte cure appropriate. Dato che i Paesi dell’Oceania dipendono dagli oceani e dai mari, i Padri del Sinodo hanno espresso preoccupazione per i marinai, che spesso lavorano in condizioni dure e sono sottoposti a molte privazioni. Frequentemente vi sono volontari che offrono tempo, energie e servizi professionali a queste forme di apostolato senza alcuna remunerazione. Quanti hanno scelto come modo di vivere l’amore che si autosacrifica, non cercano riconoscimenti umani o compensi, né ve ne sarebbero di adeguati. La loro preoccupazione è di svolgere la loro parte nella missione ecclesiale di annunciare la verità di Gesù Cristo, di camminare sulla sua via e di vivere la sua vita. Queste persone sono di fondamentale importanza in qualsiasi pianificazione per una nuova evangelizzazione dei popoli dell’Oceania. La fede viene ridestata mediante l’annuncio della parola di Dio e la speranza viene alimentata dalla promessa del suo Regno, ma la carità viene infusa dallo Spirito Santo, «il Signore che dà la vita».

 

CAPITOLO IV VIVERE LA VITA DI GESÙ CRISTO IN OCEANIA

 

«Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: “Prendi il largo e calate le reti per la pesca”. Simone rispose: “Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti”. E avendolo fatto, presero una quantità enorme di pesci e le reti si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche al punto che quasi affondavano» (Lc 5, 4-7). Vita spirituale e sacramentale Vieni, Santo Spirito!

 

36. «L’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato» (Rm 5, 5). Quando «il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1, 14), Dio entrò nella storia umana così che potessimo divenire «partecipi della natura divina» (2 Pt 1, 4). Vivere in Cristo implica un modo di esistere reso nuovo dallo Spirito. San Paolo parla di «rivestire l’uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella santità vera» (Ef 4, 24). La Chiesa in Oceania è stata dotata di molti doni dallo Spirito Santo. Nonostante le grandi diversità di culture e di tradizioni, essa è una nella fede, nella speranza e nella carità, una nella dottrina e nella disciplina cattolica, una nella comunione con la Santissima Trinità.(124) In tale comunione, tutti sono chiamati a vivere la vita di Cristo nel contesto della loro attività quotidiana, a mostrare gli splendidi frutti dello Spirito (cfr Gal 5, 22-23) e a testimoniare l’amore e la misericordia di Dio nel mondo.

 

Lo spirito di interiorità

 

37. L’Assemblea Speciale ha sottolineato l’importanza fondamentale che per la Chiesa in Oceania hanno la preghiera e la vita interiore di unione con Cristo. Gli indigeni hanno mantenuto l’apprezzamento per il silenzio, la contemplazione e per il senso del mistero nella vita. L’attività frenetica della vita moderna, con tutte le sue pressioni, rende indispensabile che i cristiani cerchino il silenzio orante e la contemplazione quali condizioni e insieme manifestazioni di una fede viva. Quando Dio non è più al centro della vita umana, allora l’esistenza stessa diviene vuota e senza significato.(125) I Padri del Sinodo hanno riconosciuto la necessità di dare nuovo impeto ed incoraggiamento alla vita spirituale di tutti i fedeli. Gesù stesso spesso si ritirava «in un luogo deserto e là pregava» (Mc 1, 35). L’evangelista annota: «La sua fama si diffondeva ancor più, folle numerose venivano per ascoltarlo e farsi guarire dalle loro infermità; ma Gesù si ritirava in luoghi solitari a pregare» (Lc 5, 15-16). La preghiera di Gesù è un esempio per noi, specialmente quando siamo attanagliati dalle tensioni e dalle responsabilità della vita quotidiana. I Padri sinodali hanno sottolineato fortemente l’importanza della vita di preghiera, in considerazione del fatto che l’intera regione si trova ad affrontare il crescente impatto della secolarizzazione e del materialismo; e per incitare alla vita interiore, hanno incoraggiato la partecipazione alla Santa Messa, la visita al Santissimo Sacramento, la Via Crucis, il Rosario e altri esercizi di devozione, come pure le preghiere in famiglia.(126) La presenza in Oceania di comunità di vita contemplativa è un richiamo particolarmente forte allo spirito di interiorità che ci aiuta a sperimentare la presenza di Dio nel nostro cuore. Lo spirito di interiorità è fondamentale inoltre nell’ispirare e nel guidare le iniziative pastorali, poiché offre la forza di un genuino amore apostolico in cui si rispecchia l’amore di Dio.

 

Lectio divina e Sacra Scrittura

 

38. La Chiesa «esorta con ardore e insistenza tutti i fedeli […] ad apprendere la “sublimità della conoscenza di Cristo Gesù” (Fil 3, 8) con la frequente lettura delle divine Scritture […] Ricordino però che la lettura della Sacra Scrittura dev’essere accompagnata dalla preghiera, perché ci sia un colloquio tra Dio e l’uomo; poiché “quando preghiamo, parliamo con lui; lui ascoltiamo, quando leggiamo gli oracoli divini”».(127) La parola di Dio nell’Antico e nel Nuovo Testamento è fondamentale per tutti i credenti in Cristo ed è la sorgente inesauribile dell’evangelizzazione. La santità di vita e l’attività apostolica efficace nascono dal costante ascolto della parola di Dio. Una rivalutazione della Scrittura ci permette di ritornare alle fonti della nostra fede e di incontrare la verità di Dio in Cristo. La familiarità con le Scritture è richiesta a tutti i fedeli, ma particolarmente ai seminaristi, ai sacerdoti e ai religiosi. Occorre incoraggiarli ad impegnarsi nella lectio divina, quella meditazione calma ed orante della Scrittura che permette alla parola di Dio di parlare al cuore umano. Tale forma di preghiera, privata o in gruppo, approfondirà il loro amore per la Bibbia e la renderà parte essenziale ed elemento vivificante della loro vita quotidiana.(128) Per questa ragione, la Scrittura dev’essere accessibile a tutti in Oceania, tradotta in maniera accurata e fedele nel più gran numero possibile delle lingue vernacole. Già è stato fatto un lavoro altamente lodevole di traduzione biblica, ma molto resta ancora da fare. Non è tuttavia sufficiente fornire ai molti gruppi linguistici un testo biblico che essi possono leggere; per aiutarli a capire ciò che leggono c’è bisogno di una formazione biblica solida e continuata per quanti sono chiamati ad annunciare ed insegnare la parola di Dio.(129)

 

Liturgia

 

39. I Padri del Sinodo hanno riflettuto a lungo sull’importanza della liturgia nelle Chiese particolari in Oceania, e hanno espresso il desiderio che esse continuino ad alimentare la propria vita liturgica in maniera tale che i fedeli possano penetrare più profondamente il mistero di Cristo. Essi hanno preso atto del fatto che una maggiore partecipazione del Popolo di Dio alla liturgia è uno dei frutti del Concilio Vaticano II; e questo, come era nelle intenzioni, ha avuto come conseguenza un maggior senso della missione. La vita cristiana è stata rinvigorita da una rinnovata comprensione e stima della liturgia, specialmente del Sacrificio eucaristico. Il Concilio aveva visto il rinnovamento della liturgia come un processo per giungere ad un approfondimento del significato dei sacri riti, e a tale riguardo molte Chiese particolari sono impegnate nella riflessione teoretica e nell’attuazione pratica ad una effettiva inculturazione delle forme di culto, con il dovuto rispetto per l’integrità del rito romano. Traduzioni adeguate dei testi liturgici e uso appropriato dei simboli tratti dalle culture locali possono evitare l’alienazione culturale degli indigeni quando si accostano al culto della Chiesa.(130) Le parole e i segni della liturgia saranno così quelli della loro anima.

 

L’Eucaristia

 

40. L’Eucaristia completa l’iniziazione cristiana ed è la fonte e il culmine della vita cristiana. Cristo è realmente e sostanzialmente presente nel sacramento del suo Corpo e del suo Sangue, offerti in sacrificio per la salvezza del mondo e condivisi dai fedeli nella comunione. Sin dall’inizio, la Chiesa non ha cessato di obbedire al comando del Signore: «Fate questo in memoria di me» (1 Cor 11, 24). I cattolici dell’Oceania comprendono bene il posto centrale dell’Eucaristia nelle loro vite; sanno che una celebrazione regolare e orante del Sacrificio eucaristico li mette in grado di seguire la via della santità personale e di compiere il loro dovere nella missione della Chiesa. I Padri sinodali hanno riconosciuto di buon grado tale diffusa considerazione ed intenso amore per il più grande Sacramento della Chiesa. Inoltre, hanno espresso preoccupazione per il fatto che molte comunità dell’Oceania rimangono senza la celebrazione dell’Eucaristia per lunghi periodi.(131) Molte sono le ragioni di questo fatto: la crescente penuria di sacerdoti disponibili per l’attività pastorale; l’aumento, specialmente in Australia, della povertà rurale e la migrazione verso le città, che ha come conseguenza una sempre maggiore diminuzione della popolazione e l’isolamento di molte comunità. Le ampie distanze fra molte isole significano spesso che è impossibile avere un sacerdote residente; pertanto, molte comunità si riuniscono nel Giorno del Signore per atti di culto che non sono la celebrazione dell’Eucaristia. C’è bisogno di molta saggezza e molto coraggio per affrontare una simile incresciosa situazione. Faccio mia l’insistenza del Sinodo affinché si ponga maggior impegno nel risvegliare vocazioni alla vita sacerdotale e per distribuire i sacerdoti nell’intera regione in modo più equo.

 

Il sacramento della Penitenza

 

41. «Diventa qui importante per noi riflettere sul fatto che Cristo vuole che il sacramento della Penitenza sia sorgente e segno di una radicale misericordia, riconciliazione e pace. Il modo migliore che la Chiesa conosce di servire il mondo è quello di essere precisamente quello che essa deve essere: una comunità riconciliata e riconciliante di discepoli di Cristo […] La Chiesa è tanto più se stessa quanto più compie opera di mediazione e di riconciliazione, nell’amore e nella potenza di Gesù Cristo, mediante il sacramento della Penitenza».(132) Questa è la ragione per cui i Padri del Sinodo hanno espresso gratitudine per il fatto che in molte delle Chiese in Oceania il sacramento della Penitenza è ampiamente praticato e apprezzato come sorgente di grazia che risana. Hanno tuttavia osservato che in alcune Chiese particolari vi sono serie sfide pastorali nei confronti di questo Sacramento; specie nelle società sviluppate, molti fedeli sono confusi o indifferenti circa la realtà del peccato e il bisogno di perdono attraverso la Penitenza. Talvolta, il vero senso della libertà umana non è compreso. La riscoperta del posto fondamentale di questo Sacramento nella vita del Popolo di Dio è stato un profondo desiderio dei Vescovi. Essi hanno caldamente spinto a «che si ponga in atto una catechesi più completa sulla responsabilità personale, la realtà del peccato e il sacramento della Riconciliazione, così da ricordare ai cattolici l’amorevole misericordia di Gesù offerta loro attraverso tale Sacramento e la necessità dell’assoluzione sacramentale per i peccati gravi commessi dopo il Battesimo. In virtù dell’aiuto al progresso spirituale che questo Sacramento reca, i sacerdoti devono essere incoraggiati non solo a riservargli un posto importante nella loro vita, ma anche ad assicurarne la regolare fruibilità da parte dei fedeli quale parte vitale del loro ministero».(133) L’esperienza del Grande Giubileo suggerisce che è giunto il tempo per una tale rinnovata catechesi e pratica del grande Sacramento della misericordia.

 

L’unzione degli infermi

 

42. L’amore compassionevole di Cristo viene offerto in una maniera speciale al malato e al sofferente. Ciò è riflesso nella cura che la Chiesa estende a tutti coloro i quali soffrono nel corpo e nello spirito. La rinnovata Liturgia per i Malati è stata uno dei contributi più positivi a quanti si trovano in situazioni nelle quali la vita è messa in pericolo: malattie gravi, interventi chirurgici pericolosi, o la vecchiaia. Gli anziani spesso soffrono per l’isolamento e la solitudine. Celebrazioni comunitarie di questo Sacramento sono spesso di grande aiuto e di consolazione ai malati e ai sofferenti, e si rivelano anche fonte di speranza per coloro che li assistono. I Padri sinodali hanno voluto ringraziare in maniera speciale quanti sono vicini ai malati e ai moribondi, poiché la loro è una testimonianza preziosa dell’amore di Cristo stesso nel momento in cui il malato e il morente potrebbero essere considerati un peso.(134)

 

Il popolo di Dio

 

La vocazione dei laici

 

43. Per il discepolato cristiano è fondamentale l’esperienza di essere chiamati alla maniera di Matteo. «Andando via di là, Gesù vide un uomo, seduto al banco delle imposte, chiamato Matteo, e gli disse: “Seguimi”. Ed egli si alzò e lo seguì» (Mt 9, 9). Nel Battesimo tutti i cristiani hanno ricevuto la chiamata alla santità; ogni vocazione personale è una chiamata a condividere la missione della Chiesa e, date le necessità della nuova evangelizzazione, è davvero importante ora ricordare ai laici nella Chiesa tale chiamata particolare. I Padri del Sinodo si sono rallegrati «del lavoro e della testimonianza di così gran numero di laici, che sono stati una parte importante della crescita della Chiesa in Oceania».(135) Sin dagli inizi della Chiesa in Oceania, i laici hanno contribuito al suo sviluppo e alla sua missione in molti modi diversi e continuano a farlo mediante il coinvolgimento in varie forme di servizio, specialmente nelle parrocchie come catechisti, educatori nella preparazione ai Sacramenti, animatori delle attività giovanili, guide di piccoli gruppi e comunità. In un mondo che ha bisogno di vedere e udire la verità di Cristo, i laici nelle varie professioni sono testimoni viventi del Vangelo. Animare l’ordine temporale in tutti i suoi molteplici elementi (136) è la chiamata fondamentale dei laici. I Padri del Sinodo hanno dato pieno supporto «ai laici, uomini e donne, che vivono la loro vocazione cristiana principalmente nella vita quotidiana e animano l’ordine temporale mediante “i beni della vita e della famiglia, la cultura, l’economia, le arti e le professioni, le istituzioni della comunità politica, le relazioni internazionali e così via” (Apostolicam actuositatem, 7)».(137) La Chiesa sostiene ed incoraggia i laici che lottano per stabilire la giusta scala di valori nell’ordine temporale e per dirigerlo così verso Dio mediante Cristo. In tal modo, la Chiesa diviene il lievito che fermenta l’intera «farina» (cfr Mt 13, 33) dell’ordine temporale.

 

I giovani nella Chiesa

 

44. In molti Paesi dell’Oceania i giovani formano la maggioranza della popolazione, mentre non si può dire lo stesso per nazioni come l’Australia e la Nuova Zelanda. I Padri sinodali hanno voluto trasmettere alla gioventù della Chiesa in Oceania la convinzione di essere chiamata ad essere «sale della terra e luce del mondo» (Mt 5, 13.14). Hanno voluto far sapere ai giovani che sono una parte vitale della Chiesa oggi, e che i responsabili stanno cercando modi adeguati per coinvolgerli maggiormente nella vita e nella missione ecclesiale. I giovani cattolici sono chiamati a seguire Gesù non soltanto in un momento successivo, da adulti, ma subito, come discepoli in via di maturazione. L’auspicio è che siano sempre attratti dalla figura affascinante di Gesù e stimolati dalla sfida dei valori sublimi del Vangelo. Allora potranno essere incaricati di prendere sulle loro spalle l’apostolato attivo al quale la Chiesa li chiama e svolgere la loro parte in modo gioioso ed energico nella vita ecclesiale ad ogni livello: universale, nazionale, diocesano e locale.(138) Oggi «i giovani vivono in una cultura che è loro propria in maniera unica. E essenziale che i responsabili della Chiesa studino la cultura e il linguaggio dei giovani, li accolgano ed inseriscano gli aspetti positivi della loro cultura nella vita e nella missione della Chiesa».(139) D’altro canto, questo è anche un tempo in cui i giovani si trovano ad affrontare grandi difficoltà: molti non riescono a trovare lavoro, si spostano frequentemente verso le città più grandi dove la pressione dell’isolamento, della solitudine e della disoccupazione li trascinano in situazioni dirompenti. Alcuni si trovano sospinti all’uso delle droghe o ad altre forme di tossicomania e persino al suicidio. E ciò nonostante, anche in queste situazioni i giovani sono spesso alla ricerca di una vita che può essere loro offerta soltanto da Cristo. E perciò indispensabile che la Chiesa proclami il Vangelo ai giovani in modi che essi possono comprendere, in modi che permettano loro di afferrare la mano di Cristo che non cessa mai di avvicinarsi a loro, specialmente nei loro tempi bui. I Padri sinodali si sono mostrati convinti della necessità di un servizio dei giovani ai giovani e si sono fatti eco dell’appello da me rivolto ai giovani quando ho visitato la regione: «Non abbiate paura d’impegnarvi nel compito di far conoscere e amare Cristo, in particolare tra le numerose persone della vostra età, che costituiscono la maggior parte della popolazione».(140) Insieme con i Padri sinodali, invito i giovani della Chiesa a voler prendere in considerazione nella preghiera la possibilità di seguire Gesù come sacerdoti o nella vita consacrata, poiché la necessità è grande. I Vescovi si sono mostrati pronti a tributare il loro plauso ai giovani per il loro acuto senso di giustizia, l’integrità personale, il rispetto per la dignità umana, le cure nei confronti dei bisognosi e la preoccupazione per l’ambiente. Si tratta di segni di una grande generosità di spirito che non mancheranno di portar frutto nella vita ecclesiale ora, come è sempre stato nel passato. In molti luoghi i pellegrinaggi della gioventù sono un’iniziativa positiva per la vita dei giovani cattolici.(141) Il pellegrinaggio è stato per molto tempo parte della vita cristiana, e può essere di grande aiuto per dare un senso di identità e di appartenenza. I Padri del Sinodo hanno riconosciuto l’importanza della Giornata Mondiale della Gioventù come un’opportunità per i giovani di sperimentare una genuina communio, come si è visto in maniera straordinaria durante il Grande Giubileo. Essi si riuniscono insieme per ascoltare la parola di Dio presentata in un linguaggio accessibile, per riflettere su di essa nella preghiera, per prendere parte a liturgie e incontri di preghiera stimolanti.(142) Molte volte io stesso ho constatato quanti di loro sono per natura aperti al mistero di Dio rivelato nel Vangelo. Possa il glorioso mistero di Gesù Cristo recare sempre pace e gioia ai giovani dell’Oceania!

 

Matrimonio e vita familiare

 

45. «Una manifestazione e attuazione specifica della comunione ecclesiale è costituita dalla famiglia cristiana, che anche per questo può e deve dirsi “Chiesa domestica”».(143) La famiglia, considerata nella sua radice ultima, è un’immagine dell’ineffabile communio della Santissima Trinità. Nella procreazione e nell’educazione dei figli, la famiglia condivide pure l’opera di Dio nella creazione, e come tale è una grande forza per l’evangelizzazione all’interno della Chiesa e oltre i suoi confini. «La Chiesa e la società in Oceania dipendono moltissimo dalla qualità della vita familiare» (144) e ciò implica una grande responsabilità per i cristiani che stipulano il patto coniugale; perciò, «è necessaria una conveniente preparazione pastorale per le coppie che desiderano ricevere il sacramento del Matrimonio».(145) Come istituzione, la famiglia avrà sempre bisogno della cura pastorale concertata della Chiesa, e sarà necessario tener conto delle esigenze e delle responsabilità delle famiglie più numerose. La Chiesa e le autorità civili devono sentirsi impegnate a provvedere a tutti i possibili servizi e aiuti per sostenere i genitori e le famiglie. La Chiesa è particolarmente cosciente del diritto delle donne alla libertà nella scelta del matrimonio, come pure del loro diritto al rispetto all’interno del matrimonio stesso. La poligamia, che tuttora esiste in alcune aree, è una causa grave di sfruttamento delle donne. Più in generale, i Padri sinodali hanno mostrato preoccupazione per la condizione sociale delle donne in Oceania, ed hanno insistito perché sia rispettato il principio di un’uguale retribuzione per un medesimo lavoro, come pure la facoltà della donna di accedere al mondo del lavoro. Allo stesso tempo, è estremamente importante che le madri non siano penalizzate perché devono restare a casa per la cura dei bambini, considerando che la dignità di genitori è grandissima e la cura dei figli è il valore più importante. Nelle famiglie in cui ambedue i genitori sono cattolici, è più facile che essi condividano la propria fede con i figli. Pur riconoscendo con gratitudine quei matrimoni misti che hanno successo nel nutrire la fede sia degli sposi sia dei figli, il Sinodo incoraggia gli sforzi pastorali volti a promuovere matrimoni fra persone della stessa fede.(146) Al giorno d’oggi in Oceania, come altrove, il matrimonio e la famiglia si trovano ad affrontare molte pressioni, che possono corroderne la funzione di cellula basilare della società umana, con conseguenze gravi per la società stessa. Come ho segnalato quando sono stato in Australia, «la concezione cristiana del matrimonio e della famiglia viene contestata da una nuova visione secolare, pragmatica e individualistica che ha conquistato terreno nel campo legislativo ed ha ottenuto una certa “approvazione” nell’opinione pubblica».(147) Prendendo atto di ciò, i Padri sinodali hanno affermato l’urgenza che «i programmi pastorali offrano sostegno alle famiglie che si trovano a dover affrontare i seri problemi della società moderna. Molte famiglie, sia nella cultura urbana sia in quella tradizionale, soffrono gravemente a causa dell’alcolismo, della droga, e di altre dipendenze, specialmente quella del gioco d’azzardo […] Di fronte alle difficoltà che si pongono oggi davanti al matrimonio e alla vita familiare, con la triste realtà della mancanza d’armonia nelle coppie, delle separazioni e dei divorzi»,(148) il Sinodo ha richiamato l’urgenza di una rinnovata catechesi sugli ideali del matrimonio cristiano. La Chiesa ha un’opportunità unica di presentare il matrimonio in modo nuovo come un patto che, in Cristo, dura tutta la vita, basandosi sulla donazione generosa di sé e sull’amore incondizionato. Questa splendida visione del matrimonio e della famiglia offre una verità salvifica non solo alle persone ma all’intera società. Pertanto, i principi teologici che stanno alla base dell’insegnamento della Chiesa sul matrimonio e la famiglia devono essere spiegati a tutti in modo accurato e convincente.(149) I programmi di arricchimento spirituale nel matrimonio possono aiutare le coppie ad approfondire la dedizione ai loro impegni e la gioia nel dono dell’amore sponsale. Se, tuttavia, il matrimonio in qualsiasi maniera è minacciato, ai sacerdoti è richiesto di prestare ogni possibile attenzione a quanti si trovano nell’afflizione. Il Sinodo si è dimostrato conscio del grande zelo di quei genitori che sono rimasti soli nel compito di crescere ed educare i figli, ed ha espresso profondo apprezzamento nei confronti di queste persone che cercano di vivere il Vangelo spesso in circostanze difficili. Ad esse e ai lori figli occorrerà che i sacerdoti, le scuole cattoliche e i catechisti prestino speciale attenzione.(150)

 

Le donne nella Chiesa

 

46. La lunga teoria di Santi di tutte le epoche rende chiaro che le donne hanno sempre recato doni unici e indispensabili alla vita della Chiesa, e che senza questi doni la comunità cristiana sarebbe gravemente impoverita.(151) Oggi più che mai, la Chiesa ha bisogno delle capacità e delle energie, come pure della santità delle donne, se si vuole che la nuova evangelizzazione porti i frutti così ansiosamente sperati. Mentre alcune donne si sentono tuttora escluse nella Chiesa ed anche nell’intera società, molte altre trovano un senso profondo di appagamento nel contribuire alla vita parrocchiale, nel partecipare alla liturgia, alla vita di preghiera, e alle opere apostoliche e caritative della Chiesa in Oceania. E importante che la Chiesa a livello locale consenta alle donne di svolgere la loro legittima parte nella sua missione: non si dovrebbe mai permettere che si sentano forestiere. Molte forme dell’apostolato laicale e molti programmi di formazione laicale sono aperti alle donne, come pure vari ruoli di responsabilità che consentono loro di porre i propri doni più abbondantemente al servizio della missione della Chiesa.(152)

 

Nuovi movimenti ecclesiali

 

47. Uno dei «segni dei tempi» per la Chiesa in Oceania è l’affermarsi di nuovi movimenti ecclesiali, che sono un ulteriore frutto del Concilio Vaticano II. Essi offrono uno stimolo e un sostegno potenti ai cattolici di tutte le età nello sforzo di vivere più intensamente la vita di discepolato; all’interno di alcuni di essi, poi, stanno sbocciando un buon numero di vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata, e questo è motivo di vera gratitudine. Attraverso questi movimenti ecclesiali, molti cattolici stanno riscoprendo Cristo più in profondità, un’esperienza che permette loro di essere fedeli nelle culture di oggi, nonostante le difficoltà. Mentre i movimenti aiutano le persone a crescere nella dimensione cristiana, recano anche alla Chiesa molti doni di santità e di servizio.(153) Nell’accoglierli quali segni dello Spirito Santo all’opera nella Chiesa, i Padri del Sinodo hanno chiesto che essi operino all’interno delle strutture delle Chiese particolari per aiutare la costruzione della communio della Diocesi in cui si trovano. Il Vescovo locale dovrebbe «esercitare il giudizio pastorale nell’accoglierli e nel guidarli, chiedendo loro di rispettare i piani pastorali della Diocesi».(154)

 

Ministeri ordinati e vita consacrata. Vocazioni e seminari

 

48. Dati il ruolo essenziale del sacerdozio e la grande importanza della vita consacrata nella missione della Chiesa, i Padri dell’Assemblea Speciale hanno sottolineato la testimonianza offerta da Vescovi, sacerdoti e consacrati mediante la preghiera, la fedeltà, la generosità e la semplicità di vita.(155) Il campo in cui essi operano è vasto e il loro numero relativamente piccolo. Tuttavia, l’Oceania ha molti giovani, che sono una risorsa spirituale preziosa; fra di loro, indubbiamente, vi sono molti chiamati al sacerdozio o alla vita consacrata. «Vorrei che un numero sempre più grande di vostri giovani potesse attentamente ascoltare e prontamente accogliere queste parole di Cristo che parlano di una speciale scelta personale da parte di Dio per una fecondità apostolica: “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga” (Gv 15, 16)».(156) I Padri del Sinodo hanno sottolineato la preoccupante mancanza di sacerdoti e di consacrati in Oceania. La promozione delle vocazioni è una responsabilità urgente di ogni comunità cristiana. Ciascun Vescovo dovrebbe sforzarsi di istituire e far funzionare un piano per promuovere le vocazioni sacerdotali e religiose ad ogni livello: nella Diocesi, nella parrocchia, nella scuola e nella famiglia. I Padri sinodali guardano al futuro con speranza e fiducia, pregando «il padrone della messe perché mandi operai per la sua messe» (Lc 10, 2), saldi nella fede che «Dio stesso provvederà» (Gn 22, 8). Nei seminari, i sacerdoti del futuro vengono formati ad immagine del Buon Pastore, «unendosi a Cristo nell’ossequio alla volontà del Padre e nel dono di sé per il gregge loro affidato».(157) Ciascun Vescovo è responsabile della formazione del clero locale nel contesto della cultura e della tradizione del posto. A tale proposito, i Padri del Sinodo hanno chiesto che «siano presi in seria considerazione modelli più flessibili e creativi di formazione e di apprendimento»,(158) che tengano conto degli elementi essenziali di una formazione ben integrata dei candidati al sacerdozio in Oceania: formazione umana, intellettuale, spirituale e pastorale.(159) Contemporaneamente, i Vescovi hanno espresso «cautela nei confronti degli eccessi del clericalismo o del secolarismo e i pericoli di una competenza accademica inadeguata, che è talvolta il risultato della formazione dei seminari d’oggi, i quali dimenticano i bisogni profondi a livello degli studi e a livello spirituale dei seminaristi».(160) Occorre prestare un’attenzione speciale alla situazione di alcune Chiese in Oceania, in particolare a quelle della Papua Nuova Guinea, delle Isole Salomone e delle altre isole Stato del Pacifico, dove sono stati aperti nuovi seminari per provvedere al numero crescente di seminaristi che attendono di essere formati nelle loro proprie regioni e nella loro cultura. Mentre hanno espresso gratitudine per il dono prezioso di nuove vocazioni, i Padri sinodali hanno pure preso atto della necessità di un corpo insegnante locale, adeguatamente formato per scopi sia accademici che educativi. Sono state fatte alcune proposte per superare l’attuale situazione critica, compresa la condivisione di personale all’interno dell’Oceania. Si dovrebbero offrire maggiori opportunità ai sacerdoti diocesani locali di studi superiori sia nella regione sia all’estero. Si dovrebbe approntare un programma di scambi reciprocamente approvato per venire incontro a questi diversi bisogni. La preoccupazione prioritaria dei Vescovi è la formazione integrale umana e pastorale dei seminaristi nel proprio contesto culturale. Occorre trovare soluzioni per provvedere al necessario sostegno economico dei seminari, che attualmente sono un pesante fardello per molte Diocesi. Dove le risorse sono insufficienti in Oceania, occorrerà fare appello alla più ampia articolazione della Chiesa, agli Ordini, alle Congregazioni e agli Istituti religiosi per aiutare le giovani Chiese a formare personale locale qualificato.(161) Il futuro della Chiesa in Oceania dipende in larga parte proprio da questo, poiché la Chiesa non può funzionare senza il sacerdozio sacramentale, e non può agire bene senza buoni sacerdoti.

 

La vita dei ministri ordinati

 

49. Sin dal Concilio Vaticano II, il sacerdote si è trovato ad affrontare cambiamenti, sviluppi e sfide della società contemporanea. I Padri del Sinodo hanno preso atto «della perseverante fedeltà e dell’impegno dei sacerdoti nel loro ministero sacerdotale. Tale fedeltà colpisce anche di più se si tiene conto che è vissuta in un mondo di incertezze, di isolamento, di frenetica attività e, talvolta, di indifferenza e di apatia. Riconosciamo che la fedeltà dei sacerdoti è una forte testimonianza della compassione di Cristo per tutto il suo Popolo, e per questo li lodiamo».(162) La vita del sacerdote è assolutamente modellata sull’esempio di Cristo, che ha dato se stesso affinché tutti avessero la vita in pienezza. Mediante il sacerdozio ordinato, la presenza di Cristo è resa visibile in mezzo alla comunità. Questo non significa, tuttavia, che i sacerdoti siano esenti da debolezze umane o dal peccato. Pertanto, ogni sacerdote ha bisogno di una continua conversione e apertura allo Spirito per approfondire il suo affidamento sacerdotale in fedeltà a Cristo. «Per preservare questa fedeltà, il Sinodo invita il clero a rinnovare gli sforzi per modellare la propria vita di preghiera su quella di Cristo e ad adottare uno stile di vita che rifletta la vita di Cristo, fatta di semplicità, di fiducia nel Padre, di generosità verso i poveri e di identificazione con quelli che non hanno potere».(163) Il Sinodo era conscio dell’erosione della identità sacerdotale, in particolare della denigrazione del celibato sacerdotale in un mondo influenzato da valori che sono contrari alle richieste del Vangelo. Il celibato sacerdotale è un mistero profondo radicato nell’amore di Cristo, ed esige una relazione con lui e con il suo Corpo, la Chiesa, che sia radicale, amorevole, capace di abbracciare tutto. Il celibato è il dono di Dio a quanti sono chiamati a vivere la vita cristiana come sacerdoti, ed è una grande grazia per la Chiesa intera, una testimonianza del dono totale di sé per amore del Regno. I valori perenni del celibato evangelico e della castità dovrebbero essere difesi e spiegati dalla Chiesa nelle culture che non li hanno mai conosciuti e nelle società contemporanee, nelle quali essi sono poco compresi o apprezzati. Un ulteriore approfondimento del mistero cristiano del celibato aiuterà quanti hanno accolto tale dono a viverlo più fedelmente e più serenamente.(164) Il Concilio Vaticano II ha insegnato che «i sacerdoti, costituiti mediante il Sacramento nell’ordine del Presbiterato, sono tutti legati tra loro da un’intima fraternità sacramentale; ma in modo speciale formano un unico Presbiterio nella Diocesi al cui servizio sono ascritti sotto il proprio Vescovo».(165) Infatti, i sacerdoti insieme con il loro Vescovo costituiscono una comunità unica, spesso chiamata presbyterium. In maniera speciale la communio del presbyterium trova espressione liturgica nel rito dell’Ordinazione sacerdotale e nella concelebrazione dell’Eucaristia insieme con il Vescovo, in modo speciale nella Messa Crismale del Giovedì Santo. I sacerdoti malati, anziani e pensionati hanno un posto speciale nel presbyterium. Quale segno del riconoscimento della Chiesa per la loro fedeltà, ad essi si dovrà provvedere sempre assistenza e sostentamento adeguati. I ministri consacrati che lasciano le responsabilità dirette per andare in pensione dovrebbero percepire di avere ancora un posto rispettato all’interno del presbyterium.(166) La communio del presbyterium ha anche altri aspetti pratici. «I sacerdoti hanno bisogno della compagnia e del supporto degli altri sacerdoti e del proprio Vescovo. I Vescovi sono incoraggiati a far sentire ai loro fratelli sacerdoti che sono veramente i loro collaboratori nella vigna del Signore. Dovrebbero inoltre incoraggiare i loro sacerdoti ad aiutarsi l’un l’altro in una atmosfera fraterna al fine di costituire un clero locale diocesano forte, mediante il mutuo sostegno e un costante rinnovamento».(167) Questo sostegno nell’affetto fraterno è particolarmente importante nelle situazioni delle isole, dove molti sacerdoti provengono da società che hanno forti vincoli comunitari, e dove spesso si trovano con un posto di speciale onore a causa della loro Ordinazione e del loro rango nella società. «Trattati in questo modo dalla loro gente, a loro è richiesto di servire. Hanno quindi bisogno di un forte supporto per stabilire le proprie tradizioni e il proprio stile di vita di sacerdoti diocesani».(168) La vita di Vescovi, sacerdoti e diaconi esige una continua formazione e occasioni per rinnovare lo zelo nella divina vocazione. I Padri Sinodali hanno raccomandato che ci siano appropriate opportunità spirituali, pastorali, intellettuali e ricreative, per aumentare la capacità di servire in maniera efficace e per impegnarsi con forza nella missione lungo gli anni. Il Sinodo ha delineato alcuni aspetti della formazione permanente: «A tutti si ricorda che l’adempimento dei loro doveri quotidiani comprende tutto ciò che è necessario per sostenere e arricchire la vita spirituale: celebrazione dell’Eucaristia, lettura quotidiana e studio della Bibbia, preghiera dell’Ufficio Divino, l’avvicinamento di altre fonti per la predicazione e l’insegnamento, l’ascolto delle confessioni, la lettura di libri e di riviste teologiche; si dovrà fare uno sforzo personale per partecipare ai ritiri, alle conferenze, come pure prendersi un periodo annuo di permesso, anche se ciò implica una assenza nell’esercizio dei compiti pastorali; la formazione permanente esige che tutti i sacerdoti continuino a sviluppare le proprie capacità di annuncio del messaggio evangelico, in modo che questo possa essere compreso dal loro popolo; la formazione permanente non è soltanto intellettuale, ma anche spirituale, umana e pastorale. I Vescovi sono invitati ad organizzare nella propria Diocesi la formazione permanente in conformità ai principi sopra descritti; saranno pure previsti dei congedi di studio e di rinnovamento spirituale per tutto il clero».(169) I Padri sinodali hanno espresso il desiderio di offrire cura pastorale ai loro sacerdoti con l’apertura ai loro bisogni in qualsiasi circostanza; inoltre, si sono manifestati sensibili alla situazione di quanti hanno lasciato il sacerdozio. In alcune parti dell’Oceania, abusi sessuali da parte di sacerdoti e di religiosi sono stati causa di grandi sofferenze e di danno spirituale per le vittime. E stato pure un grave danno alla vita della Chiesa ed è divenuto un ostacolo all’annuncio del Vangelo. I Padri del Sinodo hanno condannato ogni genere di abusi sessuali come pure ogni forma di abuso di potere, sia all’interno della Chiesa che più in generale nella società. L’abuso sessuale all’interno della Chiesa è una profonda contraddizione all’insegnamento ed alla testimonianza di Gesù Cristo. I Padri sinodali hanno espresso le loro scuse incondizionate alle vittime per il dolore e la delusione causati loro.(170) La Chiesa in Oceania è alla ricerca di giuste procedure per rispondere alle lagnanze in tale ambito, ed è impegnata in modo inequivocabile nel provvedere alla cura compassionevole ed efficace per le vittime, le loro famiglie, l’intera comunità e i colpevoli stessi.

 

Il Diaconato permanente

 

50. Il Concilio Vaticano II ha deciso di ripristinare il Diaconato permanente come parte del ministero ordinato della Chiesa latina ed è stato introdotto in alcune Diocesi dell’Oceania, dove è stato ben accolto. Un vantaggio particolare del Diaconato permanente è la sua adattabilità a una grande varietà di necessità pastorali locali. I Vescovi riuniti in Sinodo hanno reso grazie per l’opera instancabile e per lo zelo dei diaconi permanente in Oceania, e si sono mostrati consapevoli della generosità delle famiglie dei diaconi sposati. La formazione appropriata dei diaconi è vitale, come lo è una seria catechesi e preparazione in tutta la Diocesi, specialmente nelle comunità dove essi dovranno prestare il loro servizio.(171) E importante, inoltre, che essi ricevano una formazione permanente. E un bene che sacerdoti e diaconi, ciascuno rispondendo alla propria specifica vocazione, lavorino insieme strettamente nella predicazione del Vangelo e nell’amministrazione dei Sacramenti.(172) La vita consacrata

 

51. La storia della fondazione della Chiesa in Oceania è in larga parte storia dell’apostolato missionario di innumerevoli consacrati e consacrate, che con dedizione altruistica hanno annunciato il Vangelo in una vasta gamma di situazioni e di culture. Il loro costante impegno nell’opera dell’evangelizzazione rimane di fondamentale importanza e continua ad arricchire la vita della Chiesa in modi specifici. La loro vocazione li rende esperti nella communio della Chiesa; nel perseguimento della perfezione della carità al servizio del Regno, offrono risposta alla ricerca assetata di spiritualità dei popoli dell’Oceania e sono segno della santità della Chiesa.(173) I Pastori dovrebbero affermare sempre l’eccezionale valore della vita consacrata e rendere grazie a Dio per lo spirito di sacrificio di famiglie disposte a donare uno o più dei loro figli al Signore in questa splendida vocazione.(174) Fedeli ai carismi della vita consacrata, le Congregazioni, gli Istituti e le Società di vita apostolica si sono coraggiosamente adattati alle nuove circostanze e hanno manifestato in modi nuovi la luce del Vangelo. Una buona formazione è vitale per il futuro della vita consacrata, ed è essenziale che gli aspiranti ricevano la migliore formazione teologica, spirituale e umana possibile. A tale riguardo, i giovani dovrebbero adeguatamente essere accompagnati nei primi anni del loro itinerario di discepolato. Data l’importanza centrale della vita consacrata nella Chiesa in Oceania, è importante che i Vescovi rispettino il carisma degli Istituti religiosi e li incoraggino in ogni modo a condividere con la Chiesa particolare i propri carismi. Ciò può essere fatto mediante il coinvolgimento nella pianificazione e nei processi di decisione della Diocesi; per lo stesso motivo, i Vescovi dovrebbero incoraggiare i religiosi e le religiose ad associarsi all’attuazione dei piani pastorali della Chiesa particolare. Gli Ordini contemplativi hanno messo radici in Oceania, attestando in modo speciale la trascendenza di Dio e il valore supremo dell’amore di Cristo. Essi rendono testimonianza all’intimità della comunione fra la persona, la comunità e Dio. I Padri sinodali hanno dimostrato di essere coscienti che la vita di preghiera nella vocazione contemplativa è vitale per la Chiesa in Oceania. Dal cuore stesso della Chiesa e in maniere misteriose, essa ispira e influenza i fedeli a vivere più radicalmente la vita di Cristo. Perciò, i Vescovi hanno fortemente sottolineato che non deve mai cessare di esservi in Oceania un profondo apprezzamento della vita contemplativa e una ferma determinazione a promuoverla in ogni modo possibile.(175)

 

52. Considerando la generosità di Dio in Oceania e il suo infinito amore per i popoli che la abitano, come potremmo non rendere grazie a Lui, dal quale proviene ogni cosa buona? E fra tutti questi doni, come potremmo non renderGli lode in maniera speciale per l’insondabile tesoro della fede e la chiamata alla missione che questo comporta? Abbiamo riposto la nostra fede in Cristo, ed è la sua parola che noi siamo stati chiamati a proporre nelle concrete circostanze del nostro tempo e delle nostre culture. L’Assemblea Speciale per l’Oceania ha offerto molti indirizzi e suggerimenti che devono essere assunti dalle Chiese del Continente per far sì che esse facciano la loro parte nell’opera della nuova evangelizzazione. Di fronte a qualsiasi difficoltà, siamo chiamati a tale compito dal Risorto, che ha comandato a Pietro ed agli Apostoli: «Prendi il largo e calate le reti per la pesca» (Lc 5, 4). La fede in Gesù ci insegna che la nostra speranza non è vana e possiamo dire con Pietro: «Sulla tua parola getterò le reti» (Lc 5, 5). Il risultato è strabiliante: «Presero una quantità enorme di pesci» (Lc 5, 6). Anche se le acque dell’Oceania sono molte, vaste e profonde, la Chiesa in Oceania non può cessare di camminare gioiosamente e fiduciosamente con Cristo, annunciando la sua verità e vivendo la sua vita. Ora è il tempo della grande pesca!

 

CONCLUSIONE

 

Maria, Madre nostra

 

53. A conclusione della presente Esortazione apostolica, vi invito a rivolgervi con me alla Vergine Maria, Madre di Gesù e Madre della Chiesa, profondamente venerata in tutta l’Oceania. Sia i missionari sia gli immigrati hanno portato con sé un’intensa devozione a lei come parte integrante della loro fede cattolica; sin da allora, i fedeli dell’Oceania non hanno mai cessato di mostrare il loro grande amore per Maria.(176) La Vergine è stata una meravigliosa ausiliatrice in tutti gli sforzi della Chiesa volti alla predicazione e all’insegnamento del Vangelo nel mondo del Pacifico. Nelle attuali circostanze, Ella non è meno presente nella Chiesa di quanto lo fosse a Pentecoste, riunita con gli Apostoli in preghiera (cfr At 1, 14). Con la sua intercessione e la sua presenza, sosterrà sicuramente la nuova evangelizzazione proprio come sostenne la prima. Nei tempi di difficoltà e di dolore, Maria è stata rifugio sicuro per quanti cercavano pace e consolazione. Nelle chiese, nelle cappelle e nelle case, l’immagine di Maria ricorda alle persone la sua amorevole presenza e la sua materna protezione. In alcune zone della regione del Pacifico, Ella viene venerata in maniera speciale sotto il titolo di Aiuto dei Cristiani e i Vescovi l’hanno proclamata Patrona dell’Oceania sotto il nome di Nostra Signora della Pace. In Cristo Gesù, che Ella ha nutrito sul suo grembo, è nato un nuovo mondo nel quale la giustizia e la misericordia si incontrano, un mondo di libertà e di pace. Nella Croce e nella Risurrezione di Cristo, Dio ha riconciliato a sé il mondo e ha proclamato il Signore Gesù Principe della Pace per ogni tempo e ogni luogo. Possa Maria, Regina Pacis, aiutare i popoli dell’Oceania a conoscere questa pace e a condividerla con gli altri! All’alba del terzo Millennio cristiano, possano la vera giustizia e la piena armonia essere il dono di Dio all’Oceania e a tutte le nazioni del mondo! (177) Con riconoscenza per la grazia di questa Assemblea Speciale, affido tutti i popoli dell’Oceania alla materna protezione della Beata Vergine, confidando pienamente che il suo è un orecchio che ascolta sempre, il suo è un cuore che sempre accoglie, e la sua è preghiera che mai fallisce. Preghiera O Maria, Aiuto dei Cristiani, nelle nostre necessità ci rivolgiamo a te con occhi di amore, con mani libere e cuori ardenti. Ci rivolgiamo a te per poter vedere il tuo Figlio, nostro Signore. Innalziamo le mani per avere il Pane della Vita. Spalanchiamo i cuori per ricevere il Principe della Pace. Madre della Chiesa, i tuoi figli e figlie ti ringraziano per la tua parola affidabile che risuona lungo i secoli, innalzandosi da un’anima vuota resa colma di grazia, preparata da Dio per accogliere la Parola data al mondo, affinché il mondo stesso possa rinascere. In te, il regno di Dio è albeggiato, un regno di grazia e di pace, di amore e di giustizia, sorto dalle profondità della Parola fatta carne. La Chiesa in tutto il mondo si unisce a Te nel dar lode a Lui la cui misericordia si estende di generazione in generazione. O Stella maris, luce di ogni oceano e Signora delle profondità, guida i popoli dell’Oceania attraverso ogni mare oscuro e tempestoso, affinché possano giungere al porto della pace e della luce preparato in Colui che ha calmato le acque. Proteggi tutti i tuoi figli da ogni male, poiché le onde sono alte e noi siamo lontano da casa. Mentre ci avventuriamo per gli oceani del mondo, e attraversiamo i deserti del nostro tempo, mostraci, o Maria, il Frutto del tuo grembo, poiché senza il Figlio tuo siamo perduti. Prega affinché mai veniamo meno lungo il cammino della vita, affinché nel cuore e nell’animo, con le parole e con gli atti, nei giorni di bufera e nei giorni di bonaccia, possiamo sempre volgerci a Cristo e dire: «Chi è costui al quale anche il vento e il mare obbediscono?». Nostra Signora della Pace, nella quale ogni tempesta si placa, all’inizio del nuovo millennio prega perché la Chiesa in Oceania non cessi di mostrare a tutti il volto glorioso del tuo Figlio, pieno di grazia e di verità, così che Dio regni nei cuori dei popoli del Pacifico ed essi trovino pace nel Salvatore del mondo. Intercedi per la Chiesa in Oceania, affinché abbia la forza di seguire fedelmente la via di Gesù Cristo, di proclamare coraggiosamente la verità di Gesù Cristo, di vivere gioiosamente la vita di Gesù Cristo. Aiuto dei Cristiani, proteggici! Luminosa Stella del Mare, guidaci! Nostra Signora della Pace, prega per noi! Dato a Roma, presso san Pietro, 22 novembre 2001, ventiquattresimo del mio Pontificato.

 

JOANNES PAULUS PP. II

 

NOTE
(1) N. 38: AAS 87 (1995), 31.
(2) Cfr Sinodo dei Vescovi, Assemblea speciale per l’Oceania, Relatio post
disceptationem, 3.
(3) Cfr ibid., 4.
(4) Cfr ibid., 1; 5.
(5) Cfr ibid., 19.
(6) Cfr ibid., 39
(7) Cfr Propositio 1.
(8) Cfr ibid.
(9) Paolo VI, Discorso all’ippodromo di Randwick nel 200° anniversario
dell’arrivo di J. Cook in Australia (Sydney, 30 novembre 1970), 1: AAS 63
(1971), 62.
(10) Omelia per la beatificazione di Suor Mary MacKillop (Sydney, 19
gennaio 1995), 2: AAS 87 (1995), 1003.
(11) Ibid., 5: l.c., 1004.
(12) Giovanni Paolo II, Discorso ai Vescovi della Nuova Zelanda
(Wellington, 23 novembre 1986), 4-5: AAS 79 (1987), 936-937.
(13) Cfr Sinodo dei Vescovi, Assemblea speciale per l’Oceania, Relatio
post disceptationem, 2.
(14) 29 novembre 1998.
(15) Giovanni Paolo II, Bolla Incarnationis mysterium (29 novembre 1998),
9: AAS 91 (1999), 137.
(16) Cfr Propositio 15.
(17) Giovanni Paolo II, Bolla Incarnationis mysterium (29 novembre 1998),
11: AAS 91 (1999), 141.
(18) Paolo VI, Omelia per l’ordinazione del primo Vescovo nato nella Nuova
Guinea (Sydney, 3 dicembre 1970): AAS 63 (1971), 71.
(19) Cfr Costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen gentium, 4; 8; 13-15;
21; 24-25.
(20) Propositio 44.
(21) Ibid.
(22) Cfr Propositio 44.
(23) Cfr Propositio 10.
(24) Propositio 44.
(25) Conc. Ecum. Vat. I, Cost. dogm. sulla Chiesa di Cristo Pastor
aeternus, Prologo: DS 3051.
(26) Giovanni Paolo II, Discorso ai Vescovi della C.E.PAC. (Sydney, 26
novembre 1986), 1-2: AAS 79 (1987), 954-955.
(27) Cfr Propositio 44.
(28) Giovanni Paolo II, Discorso ai Vescovi della C.E.PAC. (Suva, 21
novembre 1986), 6: AAS 79 (1987), 934.
(29) Cfr Propositio 45.
(30) Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sull’ufficio pastorale dei Vescovi
Christus Dominus, 37.
(31) Propositio 12.
(32) Discorso ai Vescovi dell’Oceania (Sydney, 1 dicembre 1970): AAS 63
(1971), 55.57.
(33) Cfr Propositio 1.
(34) Cfr ibid.
(35) Paolo VI, Omelia per l’ordinazione del primo Vescovo nato nella Nuova
Guinea (Sydney, 3 dicembre 1970): AAS 63 (1971), 72; cfr Giovanni Paolo
II, Discorso ai Vescovi della C.E.PAC. (Suva, 21 novembre 1986, 2: AAS 79
(1987), 930-931.
(36) Omelia nella Messa celebrata nell’isola di Upolu (Samoa Occidentale,
30 novembre 1970): AAS 63 (1971), 49.
(37) N. 3: AAS 79 (1987), 932.
(38) Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptoris missio (7 dicembre 1990),
73: AAS 83 (1991), 321; cfr Omelia per la beatificazione di Pietro To Rot
(Port Moresby, 17 gennaio 1995), 7: AAS 87 (1995), 994.
(39) Giovanni Paolo II, Discorso ai Vescovi della Papua Nuova Guinea e
delle Isole Salomone (Port Moresby, 8 maggio 1984), 6: AAS 76 (1984),
1013.
(40) Cfr Giovanni Paolo II, Discorso ai Vescovi della Nuova Zelanda
(Wellington, 23 novembre 1986), 8: AAS 79 (1987), 939.
(41) Cfr Propositio 1.
(42) Giovanni Paolo II, Lett. enc. Fides et ratio (14 settembre 1998), 70:
AAS 91 (1999), 58.
(43) Cfr Propositio 2.
(44) Cfr Giovanni Paolo II, Discorso agli Aborigeni (Alice Springs, 29
novembre 1986), 12: AAS 79 (1987), 978; PaoloVI, Allocuzione agli
Aborigeni (Sydney, 2 dicembre 1970): AAS 63 (1971), 69.
(45) Giovanni Paolo II, Lett. enc. Fides et ratio (14 settembre 1998), 71:
AAS 91 (1999), 60.
(46) Cfr Propositio 2.
(47) Cfr ibid.
(48) Propositio 4.
(49) Cfr Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale Ecclesia in Africa
(14 settembre 1995), 61: AAS 88 (1996), 38.
(50) Cfr Propositio 2.
(51) Giovanni Paolo II, Lett. enc. Fides et ratio (14 settembre 1998), 71:
AAS 91 (1999), 60.
(52) Discorso ai Vescovi dell’Oceania (Sydney, 1 dicembre 1970): AAS 63
(1971), 56.
(53) Discorso agli Aborigeni (Alice Springs, 29 novembre 1986), 12: AAS 79
(1987), 977.
(54) Cfr Propositio 2.
(55) Ibid.
(56) Cfr Sinodo dei Vescovi, Assemblea speciale per l’Oceania, Relatio
post disceptationem, 12.
(57) Cfr Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptoris missio (7 dicembre
1990), 54: AAS 83 (1991), 301.
(58) Cfr Sinodo dei Vescovi, Assemblea speciale per l’Oceania, Lineamenta,
42; Instrumentum laboris, 22, 51; Propositiones 4, 10, 44.
(59) Cfr Propositio 4.
(60) Cfr Giovanni Paolo II, Lett. ap. Tertio millennio adveniente (10
novembre 1994), 21: AAS 87 (1995), 17.
(61) Omelia all’ippodromo di Randwick nel 200° anniversario dell’arrivo di
J. Cook in Australia (Sydney, 1 dicembre 1970): AAS 63 (1971), 62.
(62) Giovanni Paolo II, Discorso ai Vescovi d’Australia (Sydney, 26
novembre 1986), 4: AAS 79 (1987), 956.
(63) Citato in Giovanni Paolo II, Discorso ai Vescovi della Nuova Zelanda
(Wellington, 23 novembre 1986), 5: AAS 79 (1987), 937.
(64) Cfr Propositio 4.
(65) Cfr ibid.
(66) Cfr ibid.
(67) Cfr ibid.
(68) Cfr ibid.; l’invito di Giovanni Paolo II rivolto a loro a Sydney nel
1986: «Ritornate! Ritornate a casa!»: Omelia della Messa per la Diocesi di
New South Wales, ippodromo di Racecourse (26 novembre 1986), 5:
Insegnamenti IX2, 1986, 1678.
(69) Cfr Giovanni Paolo II, Lett. ap. Novo millennio ineunte (6 gennaio
2001), 16: AAS 93 (2001), 276-277.
(70) Cfr Propositio 4.
(71) Conc. Ecum. Vat.II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 25.
(72) Cfr Giovanni Paolo II, Lett. enc. Fides et ratio (14 settembre 1998),
38: AAS 91 (1999), 34.
(73) Ibid., 48: l.c., 43.
(74) Propositio 5.
(75) Cfr Propositio 4.
(76) Cfr Propositio 6.
(77) Cfr ibid.
(78) Cfr Propositio 7.
(79) Cfr Propositio 5.
(80) Propositio 7.
(81) Giovanni Paolo II, Esort. ap. Catechesi tradendae (16 ottobre 1979),
18: AAS 71 (1979), 1292.
(82) Cfr ibid., 14: l.c., 1288-1289.
(83) Ibid., l.c., 1288.
(84) Propositio 9.
(85) Paolo VI, Lett. enc. Ecclesiam suam (6 agosto 1964), III: AAS 56
(1964), 642.
(86) Cfr Propositio 13.
(87) Cfr ibid.
(88) Cfr Propositio 14.
(89) Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli e Pontificio
Consiglio per il Dialogo interreligioso, Istr. Dialogo e annuncio (19
maggio 1991), 2: AAS 84 (1992), 415.
(90) Cfr Propositio 17.
(91) Cfr ibid.
(92) Catechismo della Chiesa Cattolica, 2420.
(93) Propositio 17.
(94) Cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, 2273.
(95) Catechismo della Chiesa Cattolica, 2424; cfr Propositio 17.
(96) Propositio 17.
(97) Cfr Propositio 18.
(98) 2 Giovanni Paolo II, Discorso agli Aborigeni (Alice Springs, 29
novembre 1986), 8: AAS 79 (1987), 976; cfr Propositio 18.
(99) 2 Cfr Giovanni Paolo II, Discorso agli Aborigeni (Alice Springs, 29
novembre 1986), 10: AAS 79 (1987), 976-977.
(100) Cfr Propositio 18.
(101) Cfr Propositio 17.
(102) Cfr Propositio 18.
(103) Cfr Propositio 16.
(104) Ibid.
(105) Giovanni Paolo II, Lett. enc. Evangelium vitae (25 marzo 1995), 1:
AAS 87 (1995), 401.
(106) Cfr Propositio 20.
(107) Cfr Propositio 19.
(108) Cfr ibid.
(109) Cfr Paolo VI, Esort. ap. Evangelii nuntiandi (8 dicembre 1973), 21:
AAS 68 (1976), 19.
(110) Paolo VI, Omelia per la chiusura dell’Anno Santo (25 dicembre 1975):
AAS 68 (1976), 145.
(111) Cfr Congregazione per l’Educazione Cattolica, Doc. La scuola
cattolica alle soglie del terzo millennio (28 dicembre 1997), 8-11: Ench.
Vat. 16, 1849-1852.
(112) Cfr ibid., 7: l.c., 1848.
(113) Propositio 9.
(114) Giovanni Paolo II, Esort. ap. Catechesi tradendae (16 ottobre 1979),
24: AAS 71 (1979), 1297.
(115) Cfr Propositio 9.
(116) Ibid.
(117) Cfr Giovanni Paolo II, Cost. ap. Ex corde Ecclesiae (15 agosto
1990), 4: AAS 82 (1990), 1478.
(118) Propositio 8.
(119) Cfr Giovanni Paolo II, Lett. enc. Dives in misericordia (30 novembre
1980), 13: AAS 72 (1980), 1219.
(120) Cfr Propositio 20.
(121) Cfr ibid.
(122) Giovanni Paolo II, Lett. ap. Salvifici doloris (11 febbraio 1984),
16: AAS 76 (1984), 217.
(123) Cfr Propositio 17.
(124) Cfr Giovanni Paolo II, Omelia alla Messa per l’evangelizzazione
(Mount Hagen, 8 maggio 1984), 5: AAS 76 (1984), 1010.
(125) Cfr Propositio 21.
(126) Cfr ibid.
(127) Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla divina Rivelazione Dei
Verbum, 25. Il testo cita S. Ambrogio, De officiis ministrorum 1, 20, 88:
PL 16, 50.
(128) Cfr Propositio 22.
(129) Cfr ibid.
(130) Cfr Propositio 47.
(131) Cfr Propositio 39.
(132) Giovanni Paolo II, Discorso ai Vescovi della Nuova Zelanda
(Wellington, 23 novembre 1986), 9: AAS 79 (1987), 940-941.
(133) Propositio 40 A.
(134) Cfr Propositio 41.
(135) Propositio 30.
(136) Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sull’apostolato dei laici Apostolicam
actuositatem e Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale Christifideles
laici (30 dicembre 1988): AAS 81 (1989), 393 ss.
(137) Propositio 30.
(138) Cfr Propositio 26.
(139) Ibid.
(140) Omelia per la beatificazione di Pietro To Rot (Port Moresby, 17
gennaio 1995), 8: AAS 87 (1995), 995.
(141) Cfr Propositio 26.
(142) Cfr ibid.
(143) Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio (22 novembre
1981), 21: AAS 74 (1982), 105.
(144) Propositio 23.
(145) Ibid.
(146) Cfr ibid.
(147) Discorso all’Episcopato australiano (Sydney, 26 novembre 1986), 10:
AAS 79 (1987), 960.
(148) Propositio 23.
(149) Cfr Propositio 24.
(150) Cfr ibid.
(151) Cfr Giovanni Paolo II, Lett. ap. Mulieris dignitatem (15 agosto
1988): AAS 80 (1988), 1653-1729; Lettera alle Donne (29 giugno 1995): AAS
87 (1995), 803-812.
(152) Cfr Propositio 27.
(153) Cfr Propositio 11.
(154) Ibid.
(155) Cfr Propositio 29.
(156) Giovanni Paolo II, Omelia durante la Messa per le vocazioni (Port
Moresby, 7 maggio 1984), 4: AAS 76 (1984), 1006.
(157) Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sul ministero e la vita dei presbiteri
Presbyterorum ordinis, 14.
(158) Propositio 37.
(159) Cfr Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis
(25 marzo 1992), 43-59: AAS 84 (1992), 731-762.
(160) Propositio 37.
(161) Cfr Propositio 38.
(162) Propositio 36.
(163) Ibid.
(164) Cfr Propositio 35.
(165) Decr. sulla vita e sull’apostolato dei presbiteri Presbyterorum
ordinis, 8.
(166) Cfr Propositio 36.
(167) Propositio 33.
(168) Ibid.
(169) Propositio 34.
(170) Cfr Propositio 43.
(171) Cfr Congregazione per l’Educazione Cattolicae Congregazione per il
Clero, Ratio fundamentalis institutionis diaconorum permanentium e
Directorium pro ministerio et vita diaconorum permanentium (22 febbraio
1998): AAS 90 (1998), 843-926.
(172) Cfr Propositio 32.
(173) Cfr Propositio 29.
(174) Cfr ibid.
(175) Cfr ibid.
(176) Cfr Propositio 48.
(177) Cfr ibid.