
Ieri mattina siamo stati colti tutti di sorpresa dalla notizia della morte di papa Francesco, una notizia che ha suscitato immediatamente una forte emozione e un sentimento di tristezza. Col passare delle ore la tristezza ha lasciato spazio alla grande ammirazione per questo grande e umile pastore con “l’odore delle pecore”.
Papa Francesco è giunto al soglio pontificio carico della esperienza ecclesiale dell’America Latina, il continente che fin dai primi anni del Concilio Vaticano II si è sforzato di applicarne i principi e i valori in una riforma coraggiosa della Chiesa e della sua presenza tra quei popoli che soffrono di profonde ingiustizie e abissali distanze tra ricchi e poveri.
Dobbiamo essere perennemente grati al Signore e a papa Francesco per aver rimesso in luce la natura missionaria della Chiesa e aver richiamato che la priorità della missione è l’annuncio del Vangelo e la testimonianza concreta della tenerezza e dell’amore misericordioso di Dio verso tutti gli uomini. Il suo magistero ci ha aiutato a riscoprire la vocazione missionaria di tutti i battezzati (ricordiamo in particolare il Mese missionario straordinario del 2019 con il titolo “Battezzati e inviati”), evidenziando che nessuno può considerarsi missionario senza sentirsi anzitutto discepolo dell’unico Maestro, Gesù Cristo.
Grazie papa Francesco, il papa della gente, pastore e missionario della tenerezza di Dio verso ogni uomo.
Grazie Signore per avercelo donato e per avergli permesso di avviare processi di rinnovamento missionario della Chiesa dai quali non potremo più tornare indietro.