Con un dettagliato dossier di nove pagine, presentato lo scorso 5 marzo all’Assemblea Nazionale dei religiosi di Kinshasa, la Chiesa del Nord Kivu denuncia i «ritardi dell’esercito e della polizia locale nell’intervenire a difesa delle vittime dei massacri di Beni».

La Chiesa chiede ancora una volta che si prenda atto delle «violenze continue» ai danni delle popolazioni di Beni e Lubero, nella parte nord-orientale della repubblica Democratica del Congo, soprattutto di etnia Nande, da parte di «elementi stranieri infiltrati» dall’Uganda che «stanno portando alla balcanizzazione» della regione.

Dal 2014 ad oggi sono state uccise 2700 persone, in grandissima parte di etnia Nande.

Nel documento, firmato da padre Gaspare Trasparano Di Vincenzo, presidente dei religiosi della diocesi di Butembo-Beni, si chiede inoltre alla classe dirigente della RDC e alla comunità internazionale (presente attraverso la missione Onu Monusco) di proteggere «più efficacemente» le persone.

«La popolazione civile di Beni e Lubero è soggetta a massacri pianificati, assassinii mirati di individui influenti e rapimenti orchestrati ed eseguiti da stranieri, presumibilmente ribelli dell’Adf, un gruppo ugandese che opera su territorio congolese in tutta impunità dal 1986», si legge nel dossier.

«Questi massacri ripetuti – è scritto ancora – ricordano il  mudus operandi del genocidio ruandese: massacri all’arma bianca (uso di maceti, asce e coltelli), espulsione dai campi». Anche le espulsioni dai campi e dalle terre ha degli obiettivi ben precisi: «tagliare alle città di Beni e Oicha i principali mezzi di sostentamento  per asfissiarle e condurle alla fame».

Dal 2012 ad oggi le sparizioni forzate e «le esecuzioni sommarie hanno gettato nella disperazione migliaia di famiglie congolesi, sotto gli occhi delle autorità militari e politico-amministrative del Congo», si legge.

Nella parte finale del documento si riporta il messaggio del 2 marzo 2020 del Comitato Permanente della Conferenza Episcopale Nazionale del Congo, nel quale si legge: «siamo preoccupati per la persistenza dell’insicurezza generalizzata nell’est del Paese, provocata da gruppi armate locali e stranieri, in particolare nelle province dell’ituri, del Nord Kivu e del Sud del Kivu».

Questa incertezza dà l’impressione che «il popolo sia abbandonato a se stesso».