Si chiamano segregazione, discriminazione, razzismo. Sono le radici dell’apartheid nel mondo; si tratta di etnie senza diritti, di popoli sfruttati, costretti ad abbandonare le loro terre e ad essere esiliati dalla storia. L’apartheid cambia nome a seconda delle circostanze e delle latitudini, diventa un sistema più o meno ufficiale di norme ma la sostanza resta la stessa dal Sahara occidentale per il popolo Saharawi al Tibet espropriato della sua cultura dalla Cina; dai ghetti di Detroit negli Usa ai Ròm in Romania. Al centro delle diverse realtà la “matrice razziale” resiste nelle forme più acute di diseguaglianza, fino a farle considerare da molti quasi “naturali”, ma che viste dalla parte di chi soffre l’esclusione generano sofferenza e povertà.

Altre forme di discriminazione sono quelle legate all’età, alle condizioni sociali ed economiche della famiglia di appartenenza, al genere. Pensiamo ad esempio alle forme di bullismo cui spesso sono sottoposti gli adolescenti, alle forme di “derisione” che alcuni subiscono poiché non indossano gli stessi capi firmati della gran parte degli amici di scuola. Sono tutte forme di repressione che minano la serenità individuale, soprattutto nei più giovani.

Dalle serre di Roggiano di Gravina, dove lavorano i braccianti usciti dalla logica schiavista del caporalato grazie a NoCap, alla tendopoli infernale di San Ferdinando a Rosarno. Abbiamo viaggiato nelle campagne calabre, da Cosenza a Tropea, per raccontare due mondi.

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Da un’intervista condotta dal FRA (Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali) per un’indagine sulle discriminazioni nell’UE è emerso che:

Il colore della pelle è il motivo di discriminazione più comunemente identificato, citato da oltre un quarto (27%) degli intervistati, con tassi più elevati per gli uomini (30%) rispetto alle donne (24%). Il secondo motivo di discriminazione più comunemente individuato è l’origine etnica (19%).

 

Un intervistato su dieci (12%) che indossa abiti tradizionali o religiosi in pubblico sostiene di aver subito discriminazioni religiose.

Dal rapporto UNFPA (Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione) 2021 emerge che:

43 Paesi non hanno una legge per punire lo stupro commesso dal partner e più di 30 limitano il diritto delle donne a muoversi liberamente dalle proprie case.

In 20 Paesi del mondo sono ancora in vigore i matrimoni riparatori.

Dei circa 40 milioni di vittime di schiavitù più di 7 su 10 sono donne.

Più di 200 milioni di ragazze e donne vivono con le conseguenze delle mutilazioni genitali e ogni anno altri 4 milioni rischiano la stessa pratica.

650 milioni di donne sono state costrette a sposarsi prima dei 18 anni (12 MLN ogni anno). Clicca qui per saperne di più sulla condizione delle donne in Europa   
Le donne in Sud America

La discriminazione per motivi religiosi:

Due terzi della popolazione mondiale (67%) vivono in Paesi in cui avvengono violazioni della libertà religiosa, e i cristiani sono il gruppo maggiormente perseguitato.

La libertà religiosa è violata in 62 Paesi del mondo su un totale di 196 (31,6%), dove vivono circa due terzi della popolazione mondiale.

I mille volti della discriminazione
Razzismo, l’altra pandemia che infetta gli USA
Mahsa Amini e il regime svelato: tornano le proteste in Iran

Grafici interattivi

I diritti umani nel mondo

Dinamica 1: Nei panni di qualcun altro

OCCORRENTE: carta dei personaggi (da ritagliare) e carta delle domande – SCARICA QUI 

Ciascun partecipante pesca un bigliettino della carta personaggi e studia il ruolo assegnato per qualche minuto, immaginando quali possano essere la vita, le relazioni, le opportunità del proprio personaggio. Si possono aiutare i ragazzi/le ragazze, in questa fase, offrendo loro alcuni spunti: il luogo in cui vivono e in cui sono cresciuti, la famiglia, desideri e timori rispetto al futuro. I/Le partecipanti vengono disposti lungo una linea, uno a fianco all’altra. L’animatore legge, una alla volta, le domande e chiede ai/alle partecipanti di fare un passo avanti ogni volta che saranno in grado di rispondere affermativamente, mentre gli altri/le altre resteranno fermi/ferme. Man mano che il gioco prosegue, alcuni/e procederanno speditamente in avanti, altri/e resteranno quasi al punto di partenza. Al termine delle domande si lascia il tempo riflettere sulla posizione occupata dagli altri/dalle altre e sulla propria condizione.

Dinamica 2: Con o senza?

OCCORRENTE: SCARICA QUI le domande e le foto.

Vengono mostrate le foto di 8 personaggi differenti, senza specificare di chi si tratti. Poi si chiede ad ogni partecipante di abbinare ogni personaggio ad una domanda:
Con chi passeresti il lockdown? Con chi andresti in vacanza? Chi vorresti come datore di lavoro? A chi affideresti i tuoi figli? A chi non presteresti i tuoi soldi? Da chi ti terresti lontano/a? Chi non vorresti come professore universitario? Chi non inviteresti a cena in famiglia?
Dopo aver risposto alle domande, si rivela ai partecipanti l’identità di ogni personaggio.

Libri

Contro il razzismo, di Nelson Mandela
Umanità in rivolta, di Aboubakar Soumahoro
Io sono Malala. La mia battaglia per la libertà e l’istruzione delle donne, di Malala Yousafzai

Dal Vangelo di Luca (Lc 10,29-37)

Ma quegli, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è il mio prossimo?». Gesù riprese:
«Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e incappò nei briganti che lo spogliarono, lo percossero e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e quando lo vide passò oltre dall’altra parte. Anche un levita, giunto in quel luogo, lo vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo vide e n’ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui. Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede all’albergatore, dicendo: Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno. Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è incappato nei briganti?». Quegli rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ lo stesso».

Angelus

PAPA FRANCESCO – Domenica, 14 luglio 2019

[…] Protagonista del racconto è un samaritano, che incontra lungo la strada un uomo derubato e percosso dai briganti e si prende cura di lui. Sappiamo che i giudei trattavano con disprezzo i samaritani, considerandoli estranei al popolo eletto. Non è dunque un caso che Gesù scelga proprio un samaritano come personaggio positivo della parabola. In questo modo vuole superare il pregiudizio, mostrando che anche uno straniero, anche uno che non conosce il vero Dio e non frequenta il suo tempio, è capace di comportarsi secondo la sua volontà, provando compassione per il fratello bisognoso e soccorrendolo con tutti i mezzi a sua disposizione.

Per quella stessa strada, prima del samaritano, erano già passati un sacerdote e un levita, cioè persone dedite al culto di Dio. Però, vedendo il poveraccio a terra, erano andati oltre senza fermarsi, probabilmente per non contaminarsi col suo sangue. Avevano anteposto una regola umana – non contaminarsi col sangue – legata al culto al grande comandamento di Dio, che vuole anzitutto la misericordia.

Gesù, dunque, propone come modello il samaritano, proprio uno che non aveva fede! Anche noi pensiamo a tanta gente che conosciamo, forse agnostica, che fa del bene. Gesù sceglie come modello uno che non era un uomo di fede. E questo uomo, amando il fratello come sé stesso, dimostra di amare Dio con tutto il cuore e con tutte le forze – il Dio che non conosceva! –, ed esprime nello stesso tempo vera religiosità e piena umanità.

 

Fratelli tutti

Lettera enciclica del Santo Padre sulla fraternità e l’amicizia sociale

63. Gesù racconta che c’era un uomo ferito, a terra lungo la strada, che era stato assalito. Passarono diverse persone accanto a lui ma se ne andarono, non si fermarono. Erano persone con funzioni importanti nella società, che non avevano nel cuore l’amore per il bene comune. Non sono state capaci di perdere alcuni minuti per assistere il ferito o almeno per cercare aiuto. Uno si è fermato, gli ha donato vicinanza, lo ha curato con le sue stesse mani, ha pagato di tasca propria e si è occupato di lui. Soprattutto gli ha dato una cosa su cui in questo mondo frettoloso lesiniamo tanto: gli ha dato il proprio tempo. Sicuramente egli aveva i suoi programmi per usare quella giornata secondo i suoi bisogni, impegni o desideri. Ma è stato capace di mettere tutto da parte davanti a quel ferito, e senza conoscerlo lo ha considerato degno di ricevere il dono del suo tempo.

64. Con chi ti identifichi? Questa domanda è dura, diretta e decisiva. A quale di loro assomigli? Dobbiamo riconoscere la tentazione che ci circonda di disinteressarci degli altri, specialmente dei più deboli. Diciamolo, siamo cresciuti in tanti aspetti ma siamo analfabeti nell’accompagnare, curare e sostenere i più fragili e deboli delle nostre società sviluppate. Ci siamo abituati a girare lo sguardo, a passare accanto, a ignorare le situazioni finché queste non ci toccano direttamente.

Preghiera

Signore e Padre dell’umanità,
che hai creato tutti gli esseri umani con la stessa dignità,
infondi nei nostri cuori uno spirito fraterno.
Ispiraci il sogno di un nuovo incontro,
di dialogo, di giustizia e di pace.
Stimolaci a creare società più sane
e un mondo più degno, senza fame, senza povertà,
senza violenza, senza guerre.
Il nostro cuore si apra a tutti i popoli e le nazioni della terra,
per riconoscere il bene e la bellezza
che hai seminato in ciascuno di essi,
per stringere legami di unità, di progetti comuni,
di speranze condivise. Amen.

(Papa Francesco)

Alzati! Conosci prima di giudicare: informati, avvicinati, accogli, aiuta, difendi, sia che si tratti di una nuova famiglia arrivata nel quartiere, di un gruppo di migranti accolti in città, di un “nuovo” senzatetto nella tua parrocchia.

COMMISSIONE EUROPEA: combattere le discriminazioni