Suor Michela Agostini della Congregazione delle Piccole Ancelle del Sacro Cuore, quando il tempo glielo permette, si ferma sulla costa a guardare l’Oceano, ammira le onde che inghiottiscono il sole, ascolta il vento che finalmente calma il caldo torrido del giorno. Lei sa che voltandosi deve rituffarsi in quell’umanità in maggior parte afro, che ogni giorno la circonda tra i barrio e le strade di Esmeraldas. Ma la sua vita è questa ed è felice perché deve la sua «scelta di consacrazione allo sguardo di predilezione del Signore unito all’esempio di vita di fede datomi dai miei genitori e all’intensa vita parrocchiale che ho vissuto nella mia infanzia e poi nella giovinezza».

Le chiedo cos’è che rende giovane il suo sguardo dopo 20 anni di vita consacrata e lei mi risponde: «C’è una frase che mi ha sempre condotto nel mio cammino di discernimento e che ancor oggi illumina il mio cammino: “Il Signore è mia parte di eredità e mio calice, sulle sue mani è il mio destino…. E’ davvero così. Pur in mezzo a tutto quello che mi circonda, abbracciata da momenti di gioia, spesso chiusa tra difficoltà, successi o cadute, posso con gioia affermare che per me la sorte è caduta su luoghi deliziosi, qui a Esmeraldas; la mia eredità è magnifica».

Suor Michela si è già presentata: travolgente ed entusiasta.

La sua giornata inizia fin dalle prime ore della mattina nella scuola San Daniele Comboni dove sono presenti 1.400 alunni di età compresa fra i cinque e i 17 anni. Ha la responsabilità dell’ufficio pastorale che si occupa della formazione umana e spirituale dei docenti, alunni e genitori, dando l’opportunità di uno “sportello d’ascolto”; inoltre, in collaborazione con l’ufficio dei servizi sociali, segue i casi dei ragazzi con differenti problematicità personali o familiari. E’ anche inserita nella pastorale della parrocchia Virgen de Fatima nei vari ambiti: catechesi e pastorale giovanile. La presenza delle Piccole Ancelle in Esmeraldas ha come caratteristica la pastorale di strada: «Dal momento che la gente dei quartieri passa molto tempo seduta sui marciapiedi a conversare, ci fermiamo con coloro che incontriamo e intessiamo relazioni di ascolto e amicizia» spiega.

Sento tra le sue parole un profumo di Chiesa che sa stare sulla strada senza vergogna, non è in uscita ogni tanto, ma è sempre sui crocicchi.

Esprimere il carisma della Congregazione tra i barrio è possibile?

«Il carisma della mia Congregazione, come dice il nome stesso “Piccole Ancelle del Sacro Cuore”, ci chiama a mostrare la misericordia del cuore di Gesù al mondo di oggi. Un dono bello e al tempo stesso impegnativo. E’ per questo che cerchiamo con le mie consorelle, giorno dopo giorno, di farci “compagne di viaggio” delle persone che incontriamo condividendo la vita quotidiana. Essere accanto alle persone con un sorriso, un saluto, un incoraggiamento, una risata, aiutando a leggere gli avvenimenti con uno sguardo di fede e a saper scorgere insieme la presenza di un Dio amore, che ci prende per mano e cammina con noi».

In zona di missione la fraternità e il lavoro in équipe dovrebbe essere un must, una “linea Maginot” che non si può valicare: è il “lavoro d’insieme” che rimane più a lungo inciso in una comunità. Suor Michela me ne parla: «La vita fraterna, il lavorare insieme è fondamentale, è la testimonianza più grande che possiamo offrire alla Chiesa locale, perché mostra concretamente l’importanza dell’appartenenza a una comunità cristiana, dove insieme si loda, si ringrazia e si chiede aiuto al Signore e lo serviamo nei fratelli. Cerchiamo, infatti, di fare in modo che le differenti attività che svolgiamo in campo pastorale siano condivise da tutte, anche se, per questione di organizzazione, ognuna di noi è responsabile di un ambito; però le persone si rivolgono a tutte con molta spontaneità».

La fraternità prima o poi apre strade nuove, dischiude porte impensabili, incontra qualsiasi umanità. Per ogni “scarto” si cerca una soluzione, e se non fosse possibile, la fraternità e il cuore ti offrono la creatività per arrivare oltre. Che ne pensi?

«Come comunità abbiamo scelto di non avere opere nostre ma di inserirci nelle differenti attività presenti nel territorio. La nostra casa è situata in un barrio di gente molto semplice e umile, che molto spesso si trova a fare i conti con scarse risorse economiche e una famiglia numerosa. Il mondo ormai si è ovunque omologato, quindi ci imbattiamo nel problema della crisi della famiglia, oppure nei giovani che non hanno prospettive di futuro e molto spesso l’ozio li blocca nel vizio della droga e dell’alcool. Incontriamo una umanità ferita che ci chiede, senza appello, di assumere l’atteggiamento del buon Samaritano che vede, sente il suo cuore muoversi a compassione e si fa carico del fratello. Alla sera molto spesso chiudo gli occhi, stanca ma con il cuore carico di tanti volti… Questo davvero mostra come ci sia più gioia nel dare…e mi basta». Spesso non ci sono soluzioni ai drammi quotidiani che la missione ti getta sulla strada. Non ci dormi sopra, solo la troppa stanchezza ti butta al suolo. Eppure il giorno seguente tutto ritorna sul tuo cammino, come tutte le domande che la coscienza e la vita ti continuano a proporre.

Suor Michela quali domande nascono di fronte ai drammi che incontri? Come li affronti? Che soluzioni cerchi?

«Molto spesso di fronte alle sventure umane o ai piedi di chi è ferito, provo un senso di impotenza perché davanti ad un uomo ubriaco che picchia e maltratta sua moglie e i figli, si prova un senso di pena e umiliazione. Oppure di fronte ad una ragazzina di 15 anni incinta, lasciata sola… la domanda che nasce spontanea è: “Cosa posso fare?” L’atteggiamento da assumere (perché tendenzialmente la reazione è quella di dispensare ricette) è l’ascolto, che permette all’altro di sentirsi accolto, amato, sostenuto, mai più solo. Un ascolto che diventa presenza e compagnia, incoraggiamento a continuare a guardare la vita con uno sguardo di fede e di speranza».

Qui in Ecuador, come in qualsiasi altra parte del mondo, tutto ciò è pane quotidiano. La missione non tanto come luogo fisico ma come stile di vita, se ne accorge. Percepisce questa umanità e ne immagazzina i profumi, ma più spesso sono gli odori acri della strada, si accolla le braccia di ogni relitto di parvenza umana. Per la missione, come scelta di vita e non tanto come fugace esperienza, vivere dentro alle contraddizioni è un fatto naturale. Come pure cercare risposte, ribellarsi al sopruso, rallentare il ritmo del cuore e contemplare il Crocifisso pregando nel silenzio. Tutto ciò come in questo pomeriggio d’estate con suor Michela, che accetta la sfida dell’inutilità e dell’impotenza dinanzi ai drammi che hanno un nome!

«La Chiesa di Esmeraldas è una Chiesa in cammino che lentamente muove i suoi passi verso l’autonomia, ma ha bisogno sicuramente della presenza di personale apostolico estero che la sostenga e la incoraggi a proseguire la propria storia. Il numero dei sacerdoti locali è ancora esiguo, la popolazione è numerosa e il territorio è vasto. Ci sarebbe bisogno di una “strategia apostolica” che preveda una formazione permanente solida e costante per i sacerdoti e i religiosi locali e non, ma anche per i laici che, se formati bene, sono davvero una grande risorsa per l’evangelizzazione, potendo così accompagnare il popolo di Dio a passare da una religiosità di devozioni a una fede più profonda».

Avanti suor Michela, tu e le tue consorelle avete un programma non piccolo da realizzare. Entusiasmo e vivacità, desiderio di essere sui crocicchi e in fraternità. Auguri e buona strada, sempre alla scoperta di nuove luci del Regno tra le pieghe della storia.