Isola di Nila, Ghizo, Honiara, Portmoresby, Manila, Doha e Venezia. Sono queste le città e gli aeroporti che don Jacob Qetobacho ha toccato alla fine del giugno scorso per raggiungere l’Italia e iniziare una nuova esperienza di vita. È presbitero da alcuni anni ed era vicario generale della diocesi di Ghizo, finché ha intrapreso questa avventura, lasciando per un periodo le Isole Salomons, per arrivare alle mura antiche della città di Padova. Trenta ore di volo, passando per quasi tutti i continenti, tragitto impensabile qualche decennio fa. Possiamo immaginare la fatica del distacco: lasciare la sua terra, gli affetti familiari e tutto – tra pensieri e paure – ma anche tra entusiasmo e gioia per avere la possibilità di conoscere nuove realtà. Monsignor Luciano Capelli, salesiano, vescovo di Ghizo, una delle tre diocesi poste nelle isole Salomons, con l’invio di don Jacob accoglie la sfida e tutta la bellezza del dialogo e della cooperazione tra Chiese sorelle. Grazie alla borsa di studio della Conferenza episcopale italiana e il sostegno della diocesi di Padova frequenterà il corso di licenza di teologia pastorale presso la facoltà teologica del Triveneto. Dopo un passaggio formativo di cultura e di lingua italiana al CUM di Verona a ottobre inizia gli studi teologici.

Un nuovo inizio

Ad accoglierlo all’aeroporto Marco Polo di Venezia c’è don Silvano, da alcuni anni parroco di Montegalda, dopo una quindicina d’anni passati a Tulcan in Ecuador. Lo accompagnano padre Paul dalla Thailandia, padre Gonzalo dall’Ecuador e padre Diamantino dal Mozambico. Ecco la “nuova famiglia” che don Jacob troverà nella casa canonica di questa piccola comunità posta tra i Colli euganei e berici, un luogo ameno di campagna, dove Fogazzaro amava passare lunghi periodi tra riposo e lavoro su nuove opere. Don Silvano ci confida la sua gioia: «Possiamo dire che l’esperienza che le nostre comunità del vicariato stanno vivendo è eccezionale, grazie alla presenza di questi preti studenti. Ci apriamo alla mondialità, al dialogo e al confronto. Con loro si è spronati a comprendere e capire nuove culture e nuovi stili di vita. Sono stato fidei donum in Ecuador e conosco la fatica dell’integrazione e dell’incarnazione, eppure il bene che ho ricevuto è stato significativo. Eccoci allora come comunità cristiane a servizio delle giovani Chiese per accompagnare e ancora una volta apprendere e arricchirci della loro esperienza di fede e di vita cristiana». Don Silvano guarda il tabellone degli arrivi e si rasserena quando la scritta «atterrato» compare in alto. L’abbraccio di benvenuto è il punto d’inizio di una nuova storia con un continente tutto da scoprire ed esplorare: non saranno facili i primi mesi, costellati di molti nuovi inizi in tanti ambiti, dalla pastorale alla scuola, dalla lingua alla cultura, dal clima al mangiare. Don Jacob arriva da una diocesi che conta circa 16mila cattolici, sparsi tra 50 isole, un vescovo, due preti diocesani, alcuni religiosi domenicani e guanelliani. Il mezzo di locomozione di don Jacob è una piccola imbarcazione a motore a sei posti, oppure una canoa di legno scavata in un tronco. Le scarpe tutto sommato non sono necessarie.

Tra gioia e preoccupazione

Se don Silvano ci comunica la bellezza di questa esperienza, tra i messaggi che ci lancia il vescovo Capelli c’è anche qualche preoccupazione. Nonostante abbia solo due preti diocesani se ne priva di uno per formarlo e perché al suo rientro possa portare un’esperienza significativa a tutta la diocesi. «È un sacrificio non di poco conto, ci scrive, privarci del 50% del clero! Ma ho fiducia che il Signore farà fiorire nuove vocazioni e nuovi arrivi per un’evangelizzazione efficace e coraggiosa. In questi anni stiamo lavorando molto con i giovani e le nuove generazioni, per formare catechisti e leaders di comunità. Non temo! Nonostante che l’assenza di don Jacob si farà sentire, ma anche questo ci aiuterà a far crescere le nostre comunità, anzi, quest’apertura generosa ci spronerà a non rinchiuderci ma a osare di più».

Una sfida anche per noi

Donandoci queste righe di gioia e preoccupazione allo stesso tempo, il vescovo Luciano ci apre però una pista di riflessione paradigmatica per l’ad gentes delle diocesi italiane. Ormai i numeri, lo sappiamo, sono inesorabilmente in ribasso, le paure di non essere efficienti nei nostri territori diocesani ci attanaglia così tanto che ci fa perdere l’orizzonte ampio della chiamata di Gesù, quell’ «Andate in tutto il mondo» e la necessità del primo annuncio sembra disperdersi. Papa Francesco, a conclusione del Convegno di Sacrofano nel novembre 2014 ce l’ha richiamato: «Voi italiani la missione ce l’avete nel sangue!». Non possiamo certo disattendere questa bellissima definizione. La missio da sempre ci appartiene come dono e responsabilità. Allora monsignor Capelli dalla sua missione ci interpella a non aver paura, a non fermare il mandato missionario. Tutto sommato le sue parole sono più che mai credibili: dona il 50% del suo personale apostolico. Don Jacob crescerà e diventerà ancora più prezioso, ma per noi, già da oggi, la sua presenza diventa un magnifico regalo.

Missione tra le isole

Monsignor Luciano Capelli nasce tra i meleti e i vigneti della Valtellina a Cologna di Tirano, in provincia di Sondrio. Salesiano fin dalle origini della sua vocazione compie gli studi di filosofia a Manila e gli studi teologici si concludono a Roma con l’ordinazione sacerdotale nel 1975. Fino al 1999 rimane nel continente asiatico finché gli viene chiesto di portare l’Opera di don Bosco nelle Isole Salomons. Qui il 5 giugno 2007 viene consacrato vescovo e nominato titolare della diocesi di Ghizo. Dal 2010 monsignor Luciano è chiamato anche il “vescovo volante” poiché acquisisce il brevetto da pilota per ultraleggero: grazie a questo può raggiungere più velocemente le molte isole che compongono la sua diocesi ed essere più vicino alla comunità.