Raccontare la missione con brevi video. Un modo alla portata di tutti per dare spazio a donne e uomini di Vangelo, grazie all’uso di un cellulare e un computer. Mezzi semplici e alla portata di tutti per fare dei testimoni dell’ad gentes buone notizie da far conoscere nei social e nei siti web. Se ne è parlato nella due giorni formativa del Corso di comunicazione che il CUM, sezione di Missio, ha organizzato a Verona (nella sua nuova sede di via Trezza) per venerdì 17 e sabato 18 giugno per formare i partecipanti (circa 20 provenienti da varie diocesi) a “Realizzare brevi video per comunicare la missione”.

Dopo i saluti introduttivi di don Marco Testa, direttore del Cum, di Paolo Annechini, di Noticum e organizzatore del corso, e di Gianni Borsa, responsabile della comunicazione della fondazione Missio, ha aperto i lavori la relazione introduttiva di Anna Pozzi, giornalista di Mondo e Missione che, con la sua ampia esperienza professionale, ha parlato di “Comunicare oggi la missione, tra approfondimenti e newsanalizzando le trasformazioni dell’orizzonte della stampa missionaria e delle potenzialità offerte dalle nuove tecnologie digitali. Se da una parte ci troviamo di fronte all’inevitabile declino delle versioni cartacee di storiche testate missionarie, dall’altra si assiste all’emergere di «un modello nuovo di comunicazione più agile e diffuso» ha spiegato Anna Pozzi parlando di blogger o utilizzatori di social media che riescono a far filtrare storie e notizie nei modi più disparati. Tutto ciò avviene in maniera meno organica e più dispersiva che in passato. Ma in quest’epoca di disordine informativo, missionari e missionarie rappresentano pur sempre dei testimoni. Il che vale ancora davvero molto».

Il Festival della Missione di Milano 22-FMM22 (29 settembre-2 ottobre prossimi) sarà una importante occasione di incontro e di sperimentazione, come ha ribadito Lucia Capuzzi, giornalista di Avvenire e direttrice artistica del Festival: «Ci saranno gruppi, esperienze, eventi e ovviamente numerosi focus su Paesi in cui la missione ad gentes è legata a voci e testimoni straordinari. Ma anche dietro alle quinte dei giorni del Festival, in molti angoli della città, sarà bello riuscire a raccogliere voci e protagonisti di questo evento. Ma anche momenti di progettualità e di lavoro comune sono momenti belli e costruttivi». Un invito ad accendere le videocamere anche per chi ha voglia di sperimentare questa nuova dimensione narrativa nella partecipazione ad un mega evento come il Festival. Una particolare attenzione viene data all’importanza dello storyboard e alla gestione dei video sui social.

Gli organizzatori (in collaborazione con Luci nel Mondo e Andrea Sperotti) hanno seguito una metodologia operativa, partendo da una serie di immagini per costruire articoli, podcast, riprese, interviste.

Particolarmente utile e interessante la testimonianza di don Bruno Rossi, fidei donum di Padova impegnato nella missione del Triveneto nel Nord della Thailandia, che ha dato modo ai corsisti di intervistare e montare un piccolo video per i canali social. Accompagnato da Apo, una giovane della regione, don Bruno ha raccontato la sua singolare esperienza di annuncio nel contesto di Chae Hom, in un altopiano attorniato dai monti della provincia di Lampang. «Qui – ha spiegato- si vive di agricoltura, mais nelle zone alle pendici, mentre sulle alture tè e oppio, quest’ultimo da qualche tempo soppiantato, per volere del sovrano, da piantagioni di caffè». Proprio il caffè è diventato una produzione in breve tempo diventata una eccellenza e ora il “Caffè Bruno” è un brand che si presenta con lo slogan “Il gusto della vita”.

Un richiamo che fa pensare al Vangelo e alla molteplicità delle situazioni di missione. Come la realtà di cui ha parlato padre Eliseo Tacchella, comboniano, con 30 anni di esperienza in Repubblica Democratica del Congo. Proprio i video girati con il cellulare e poi diffusi su whatsapp permettono di far conoscere al mondo la violenza della vita quotidiana nella regione in cui è stato ucciso l’ambasciatore Luca Attanasio. Testimonianze dirette che non sono solo esempi di citizen journalism ma immagini che parlano da sole, raccontando una storia di sfruttamento che in molti fanno finta di non conoscere.