E’ il direttore di Missio, don Giuseppe Pizzoli, ad aver tirato le conclusioni del 65esimo Convegno missionario nazionale dei  Seminaristi, organizzato da Missio Consacrati nel Seminario vescovile Giovanni XXIII di Bergamo. Conclusosi sabato 30 aprile, l’appuntamento ha proposto un tema molto importante per il cammino di preparazione al sacerdozio: “Vocazione: vivere per dono”.

Ed è proprio intorno al concetto di “donarsi” che don Pizzoli ha incentrato la sua sintesi: «In questo dono originario e gratuito del Signore – ha detto in fase conclusiva – riconosciamo la radice del senso della nostra vita: essa assume un senso tanto più significativo e entusiasmante, quanto più si sviluppa nel donarsi gratuito di sé agli altri. Il donarsi di noi stessi agli altri è il principio che permette la nascita e lo sviluppo di relazioni vere, autentiche, profonde e, oserei dire, perenni».

E ancora: «Non esiste possibilità di dono nella chiusura in se stessi o nel ripiegamento sui propri problemi o sui propri bisogni. Solo l’apertura all’altro, la disponibilità a stare con gli altri, l’ascolto delle loro vite, la condivisione delle loro fatiche, l’accoglienza delle loro speranze, cioè, la sfida di costruire relazioni vere, libere e liberanti, permette di sperimentare la vita come dono di sé».

Dai quattro giorni di Convegno tutti i partecipanti sono partiti con due certezze: la prima è che «la missione è dono: dono della fede, ricevuta gratuitamente da Dio nel battesimo; dono che siamo chiamati a condividere con tutti: “andate e annunciate”!»; la seconda è che «il “donarsi”, il vivere” in uscita” da sé in mille relazioni umane profonde, non è semplicemente un impegno, un dovere da compiere, ma è la via maestra della missione».

Don Pizzoli ha poi sottolineato tre parole significative, risuonate nei quattro giorni di convegno:

  1. Grazia (dono dell’amore di Dio che ci anticipa e precede qualsiasi nostro merito);
  2. Gratuità (lo stile di vita indispensabile alla missione evangelizzatrice);
  3. Gratitudine (la forza che sostiene e rende indistruttibili le relazioni con Dio e con i fratelli).

Infine, rivolgendosi direttamente ai seminaristi, il direttore di Missio ha fatto loro alcune raccomandazioni: «Allenatevi a sentire e vivere la vostra vita come un dono; non rifiutate mai ciò che la vita vi offre, neanche le fatiche e le crisi: anch’esse, vissute come dono, vi fanno crescere e maturare. Date spazio all’ascolto delle vite degli altri, in particolare quelle dei missionari; invitateli spesso nei vostri Seminari. Non preoccupatevi troppo di imparare a parlare in pubblico, di imparare a predicare. Imparate piuttosto a far sì che la vostra vita parli e parli di cose belle, parli di Vangelo, parli del nostro Dio che ama con profondità e con libertà. E’ Lui il celibatario per eccellenza perché ama sempre, anche e soprattutto quando non c’è reciprocità, anche quando il dono del suo amore non è compreso o viene coscientemente rifiutato».

Il Convegno si è concluso con la Lettera aperta che i partecipanti hanno scritto a tutti i seminaristi d’Italia, «riconoscenti per aver vissuto quest’esperienza nazionale: l’incontro e il confronto fra seminaristi di diverse regioni ci ha arricchito ed entusiasmato», si legge nella missiva.

Nel loro “manifesto” i 130 futuri sacerdoti presenti al Convegno scrivono che «il dono più grande che dobbiamo offrire è l’annuncio di Gesù e lo possiamo fare prima di tutto con la testimonianza di vita, con la nostra presenza tra la gente, senza fretta, dando tempo all’ascolto e alla condivisione delle gioie, dei dolori, delle fatiche e delle speranze».

Poi elencano alcuni spunti significativi raccolti dalle tante testimonianze dei missionari ascoltati in questi giorni, spunti che i seminaristi vogliono provare a far entrare nel loro modo di essere sacerdoti:

  • L’importanza di “stare”, di “vivere” con la gente, anche in situazioni di ingiustizia;

  • Prendersi il tempo necessario per “stare” nelle relazioni, perché possano essere rivelatrici della vicinanza di Dio;

  • La necessità di reinventarsi continuamente, poiché in missione vengono a mancare le certezze e ci si deve affidare alla Provvidenza, nell’atteggiamento di chi vigila “con le lampade accese”;

  • La corresponsabilità tra preti e laici, che ci ha reso più chiara e attraente l’identità e la missione del prete.

Qui il testo integrale della Lettera scritta a tutti i seminaristi d’Italia Lettera Seminaristi