Il terzo giorno del Convegno missionario nazionale dei seminaristi, in corso da sabato 22 fino a domani – 25 aprile – al Seminario arcivescovile di Napoli, è dedicato all’ascolto delle testimonianze missionarie e al confronto nei lavori di gruppo.

Quella che è stata presentata questa mattina ai giovani partecipanti è stata una testimonianza che ha scaldato i cuori dei presenti per la spontaneità e la passione con cui suor Rossana Tidu, della Comunità missionaria di Villaregia, ha raccontato il suo impegno nella pastorale carceraria che consiste nell’«annunciare il Vangelo nel fondo del pozzo», come l’ha definita lei stessa.

La missionaria ha proposto una lettura della sua esperienza collocandola all’interno delle “cinque vie” del Convegno ecclesiale nazionale, svoltosi a Firenze nel 2015, che hanno indicato le linee per l’evangelizzazione.

La “prima via” indica come strada maestra del cammino ecclesiale l’azione di uscire da sé stessi per andare incontro al mondo di oggi. «Personalmente questa uscita l’ho vissuta 36 anni, fa quando ho lasciato tutto – famiglia, lavoro, ecc. – per entrare nella Comunità missionaria di Villaregia. Poi 16 anni fa ho avuto una “chiamata nella chiamata”, per annunciare il Vangelo nel “fondo del pozzo”, espressione con cui chiamo il carcere».

La prima prigione in cui suor Tidu entrò fu quella femminile di Belo Horizonte, in Brasile. Qui trovò non solo mancanza di libertà, ma anche di dignità a causa delle condizioni in cui le detenute vivevano.

Poi, rientrata dal Paese verde-oro, si è dedicata al carcere di Pordenone, fin quando non si è trasferita nella Comunità di Villaregia che si trova a Nola, in Campania, ed ha cominciato il suo servizio a Poggioreale, la struttura penitenziaria più grande non solo d’Italia, ma anche d’Europa, con i suoi 2.300 detenuti.

La “seconda via” di Firenze indica l’importanza dell’annuncio del Vangelo: «Il mondo ha bisogno di testimoni, non di predicatori», ha ricordato suor Tidu chiosando: «In questi 16 anni ho annunciato il Vangelo il più delle volte senza parlare esplicitamente di Dio. L’ho fatto con la vita».

Per quanto riguarda l’abitare, “terza via” indicata come cammino della Chiesa italiana di questi anni, la missionaria ha descritto la presenza capillare di opere rieducative sorte sul territorio grazie alla fecondità cristiana, in risposta a precise necessità. Tra queste, l’Associazione Liberi di Volare che i seminaristi hanno visitato ieri come luogo-segno di missione della Chiesa di Napoli, e presso la quale lei stessa svolge il suo servizio in prima persona.

La quarta e la quinta via sono quelle dell’educare e del trasfigurare: parlando di detenuti, subito il pensiero corre alle recidive. «Tutti mi chiedono quante persone ho visto cambiare in carcere», ha detto suor Rossana. Certamente l’educazione della coscienza è uno dei compiti della pastorale carceraria. Ma, sebbene la «domanda sia lecita, devo dire che in questi anni io non ho mai avuto quest’aspettativa. Ovviamente, però, mi fa piacere vedere le persone che cambiano percorso. Come, d’altro canto, mi sento delusa di fronte alle recidive» che in Italia sono l’80%.

«Ogni cambiamento in meglio che ho visto – confessa la missionaria – penso che sia dovuto allo Spirito Santo. Sappiamo che lo Spirito del Risorto ha cambiato la faccia della terra e certamente può cambiare anche i detenuti. Credo che lo Spirito Santo sia il vero direttore di Poggioreale, perché l’umanità che si respira nei padiglioni è portata proprio dallo Spirito», ha concluso.

Per la missionaria, la forza e la gioia di annunciare il Vangelo in fondo al pozzo, senza parlare necessariamente di Dio, «viene senza dubbio dallo Spirito, che tocca anche ogni amico detenuto. E grazie a Lui anche in carcere si può sognare». Cosa? Il mondo della misericordia gratuita, dove tutti possano sentirsi accolti, amati, incoraggiati a vivere secondo la vita buona del Vangelo.