«Dio ci chiama a diventare commensali del suo banchetto, ma allo stesso tempo ci invita anche a diventare emissari, cioè coloro che invitano al banchetto».

E’ questa la via missionaria illustrata da padre Gianluca Belotti, sacerdote del Pontificio Istituto Missioni Estere (Pime), missionario per 15 anni in Giappone, precedentemente per cinque anni nelle Filippine, oggi rettore della Comunità Pime “Casa Avanzini” di Roma.

Questa via missionaria, l’ha indicata ai partecipanti al Convegno nazionale Missio Ragazzi in corso a Roma, presso la Casa di Ospitalità Bakhita, fino a domenica 3 marzo.

Parlando agli incaricati diocesani della Pontificia Opera dell’Infanzia Missionaria e agli educatori presenti, padre Belotti ha fatto un’approfondita lectio della parabola evangelica degli invitati alle nozze, riprendendo il titolo del Convegno “Andate e invitate al banchetto tutti”, esortazione del Vangelo di Matteo, al capitolo 22, versetto 9, che è anche il tema della prossima Giornata Missionaria Mondiale.

Il missionario ha sottolineato quanto ciascun cristiano sia invitato al banchetto, ma al tempo stesso sia anche chiamato ad «andare per le strade, non tanto ai crocicchi, quanto alla fine delle strade, alle periferie» per allargare la platea degli invitati, anche «a costo di sperimentare indifferenza e ostilità».

D’altronde, accettare di partecipare al banchetto significa accogliere l’invito ad entrare in relazione con Dio. E «può capitare che all’invito di conoscere un Dio che è Amore, qualcuno risponda con un no». Basta guardare chi è lontano dalla Chiesa, chi è completamente indifferente o chi non accetta la sfida di Gesù.

Sì, perché «cenare con Gesù è anche una sfida, non solo perché Gesù è una persona vera e invita all’autenticità, ma anche perché banchettare con Lui non significa automaticamente essere salvati».

Padre Belotti ha anche spiegato il senso del banchetto nelle culture del Vicino Oriente: là l’ospitalità è un valore altissimo e il banchetto esprime questo valore. «Il banchetto è carico di messaggi sociali, anche nella scelta dei posti. Il rifiuto di partecipare ad un banchetto viene considerato un affronto, perché significa dire che non sono interessato a chi me lo propone». Esistono banchetti regali e sontuosi, ma anche banchetti preparati in occasione di un lutto familiare. E quest’usanza in Asia è molto diffusa.

Con i suoi 15 anni di missione in Giappone, padre Belotti ha poi tratteggiato elementi e caratteristiche della società giapponese e della realtà ecclesiale nel Paese del Sol Levante.

Su un milione di cristiani presenti in Giappone (meno dell’1%), circa 400mila sono cattolici. Di questi, la metà è di origine straniera. Molti sono filippini, vietnamiti, peruviani.

Padre Belotti è stato parroco in diverse parrocchie nelle quali usava comunemente più idiomi: «Anche il Rosario veniva pregato in cinque lingue diverse, ma non mi distraeva. Anzi, mi sentivo edificato perché circondato da persone genuine, di fede autentica» che volevano condividerla.

La società giapponese non osserva festività religiose, come accade da noi: là ci sono feste civili, come quella dell’anziano o quella della maturità. Sebbene la fede cattolica sia una realtà molto circoscritta, spesso veniva invitato dagli Scout che gli dicevano: «Vieni a parlarci di Dio». Una richiesta semplice ma essenziale, che va al nocciolo dell’identità di un missionario.

Infine un richiamo alla città di Nagasaki, distrutta con una bomba atomica sganciata dagli Usa alla fine della Seconda guerra mondiale: della cattedrale della città si è salvata solo la testa di una statua della Madonna, tutt’oggi esposta e considerata un miracolo perché il resto è stato annientato. «Viene interpretata così dai cristiani giapponesi: tu puoi distruggere la vita, ma non la fede. Perché la fede resta».

Nella città-simbolo un monumento alla pace testimonia che essa è un dono, ma è anche un compito, un qualcosa che deve essere custodito. E non ci sono parole più attuali di queste nel mondo di oggi.