Tutti i partecipanti al Convegno nazionale Missio Ragazzi dal titolo «E li inviò a due a due davanti a sé in ogni città» (Lc 10,1) – conclusosi questa sera (sabato 5 marzo) – sono consapevoli di avere una missione. Anzi, di “essere una missione”, come ripete spesso papa Francesco e come è stato più volte ricordato: una missione di cura e di pastorale dei ragazzi.

A volte il rischio degli educatori è quello di essere “ego centrati”, cioè di non riuscire a guardare oltre sé stessi. L’obiettivo della sessione di stamani, intitolato “Finestra sul mondo”, è stato proprio quello di oltrepassare questo pericolo, affacciandosi su tante realtà di missione sparse nei vari continenti, per imparare a valorizzare i vari modi di fare pastorale con i ragazzi: un’opportunità per scorgere le differenze e trarre spunti.

Ma non si è trattata di una semplice condivisione di idee o attività da realizzare. E’ stata, piuttosto, l’occasione di imparare uno stile, un’attenzione, un modo di essere.

 

Vocazione, trasformazione, evangelizzazione

Ad aprire la prima “finestra sul mondo” è stato Simone Parimbelli, laico fidei donum della diocesi di Bergamo, in Centrafrica dal 2017 al 2020, oggi a Castel Volturno con i missionari Comboniani.

Facendo tesoro dell’esperienza missionaria a Mongoumba, in Repubblica Centrafricana, ha raccontato del suo stare con i bambini pigmei di Ndobo, partendo da tre parole associate ad altrettanti obiettivi indispensabili nell’educazione alla fede dei ragazzi: vocazione, trasformazione, evangelizzazione.

«La vocazione – ha spiegato – è strettamente legata al concetto di missione: la nostra è la cura e la pastorale delle nuove generazioni. Perché? Per realizzare un sogno: quello della trasformazione dell’umanità. E in questi giorni ciò che accade dimostra che ce n’è davvero tanto bisogno», ha commentato riferendosi alla guerra che sconvolge il cuore dell’Europa.

Ma la seconda parola, trasformazione, si riferisce «anche alla nostra proposta di pastorale perché non riproponga quanto ci è stato proposto nella nostra infanzia, ma diventi attraente, gioiosa, appassionante per i ragazzi di oggi: trasformazione delle strutture che utilizziamo, perché non siano prigioni ma favoriscano l’incontro; trasformazione del linguaggio, riscoprendo il gioco che è un linguaggio universale».

La terza parola, evangelizzazione, «richiede il tempo, la pazienza dello stare, il creare relazioni, l’innescare la fiducia: tutto ciò è la premessa per trasmettere il tesoro che abbiamo, ovvero il messaggio di Gesù, di un Dio che è Padre, in cui noi siamo tutti suoi figli, in cui possiamo vivere come fratelli e sorelle in un mondo nuovo, migliore».

 

Un giro del mondo tra l’Infanzia Missionaria

La seconda “finestra sul mondo” è stata aperta da suor Roberta Tremarelli, Segretario generale della Pontificia Opera dell’Infanzia Missionaria internazionale, che ha sottolineato come esista «un modo di essere Chiesa che non immaginiamo e che va al di fuori dei nostri schemi». Facendo tesoro del suo speciale osservatorio per l’incarico che ricopre, ha messo in guardia da possibili rischi che rendono difficile o inefficace l’animazione missionaria con i ragazzi.

Il tempo limitato dell’ora di catechesi, per esempio, con l’orologio alla mano, è sicuramente uno di questi. Ma anche le proposte di attività che rispecchiano esigenze e gusti degli educatori, ma non dei ragazzi. Pure la mancanza di coinvolgimento delle famiglie è una difficoltà nell’azione pastorale con i ragazzi.

«L’Infanzia Missionaria – ha spiegato – è strettamente legata al concreto: fa maturare i ragazzi nelle convinzioni profonde, facendo e vivendo. Ma questo è possibile solo se c’è sintonia con la famiglia, la parrocchia, i movimenti, le associazioni e, dove possibile, anche con la scuola, in uno stretto legame con le Chiese locali. Solo nel quadro di una pastorale dell’infanzia attenta alla formazione, alla preghiera, alla catechesi ed alla liturgia, si potranno produrre frutti», invocando così quella sinodalità sempre più indispensabile.

Poi suor Tremarelli ha fatto un excursus sui continenti, descrivendo come l’Infanzia Missionaria (IM) opera nei diversi Paesi: «Specialmente in America Latina, esistono gruppi propri dell’IM che lavorano durante l’anno nelle parrocchie e hanno animatori propri: i ragazzi testimoniamo la gioia di appartenere all’IM e sono esempio di coraggio ed entusiasmo da cui imparare tanto».

In altre realtà, per esempio in Irlanda, Inghilterra, Canada, Australia, l’animazione missionaria dei bambini è circoscritta nelle scuole cattoliche o durante l’ora di religione. In Germania, Slovacchia e alcune parti del Belgio, le attività dell’IM sono concentrate esclusivamente nel periodo di Avvento, Natale, Epifania e si realizzano prevalentemente con i Cantori della Stella. Esperienza, quella dei Cantori della Stella, vissuta anche in Burundi, con grande entusiasmo.

 

Confronto e rilancio

Nell’ultima sessione che ha concluso il Convegno, don Valerio Bersano, segretario nazionale di Missio Ragazzi, ha offerto una sintesi dei lavori e stimolato il confronto tra i partecipanti su “come realizzare concretamente la sinodalità tra le diocesi e tra le diverse realtà educative per ragazzi”.

Per far questo ha fatto risuonare concetti chiave trattati nella due-giorni di convegno, come la credibilità che ha definito «aspetto essenziale per vivere lo stile sinodale tra educatori».

«Mentre mi predispongo a sostenere l’esperienza cristiana dei più piccoli e, in generale, degli altri – ha aggiunto – non posso che arricchire la mia fede. Mentre ti predisponi a fare catechesi, ad annunciare il Vangelo, tu parli prima di tutto a te stesso. E se dici cose che non ti appartengono, che hai memorizzato e ripeti senza passione, sai che stai ingannando te stesso», ha concluso rivolgendosi a ciascun partecipante.

D’altronde essere missionari ha a che fare con lo “stare con”, con il vivere relazioni senza paura né schieramenti. «La Chiesa che viviamo – ha concluso don Bersano – deve percorrere le strade dello stare nel tempo, del dedicare spazio alle persone, dell’incarnare il Vangelo che rende tutti più umani e più gioiosi, del parlare non soltanto con le parole, ma soprattutto con la propria vita e le proprie scelte». Uno stile da fare proprio sempre, anche nel cammino sinodale, ma non solo.

Il Convegno si è concluso con la presentazione, da parte dell’équipe nazionale di Missio Ragazzi, dei vari strumenti di animazione missionaria ideati per la Settimana Santa e il mese mariano 2022, e con la condivisione in anteprima del manifesto per la Giornata Missionaria dei Ragazzi 2023 il cui slogan sarà “La missione si fa insieme”.