Il Convegno nazionale di Missio Ragazzi, che ha preso il via ieri – venerdì 9 marzo – alla Casa per ferie “Ospitalità Bakhita” di Roma, ha subito convogliato l’attenzione dei 60 partecipanti provenienti dalle diverse diocesi su un aspetto fondamentale per chi ricopre ruoli educativi e formativi nella realtà missionaria della Chiesa italiana.

Grazie alla relazione di Antonella Duilio, psicoterapeuta e consacrata dell’Ordo Virginum della diocesi di Aversa, i convegnisti hanno avuto modo di approfondire gli aspetti evolutivi dei ragazzi, dall’infanzia fino alla pre-adolescenza. E’ questa la fascia di età alla quale si rivolge la proposta di animazione missionaria di Missio Ragazzi. Sono questi i bambini a cui si dedicano gli educatori alla fede presenti al convegno. E’ da qui che si deve ripartire per «trovare nuove categorie, nuovi linguaggi – spiega don Mario Vincoli, responsabile di Missio Ragazzi – per rendere più efficace l’annuncio del Vangelo oggi». E’ per questo che è fondamentale comprendere nel profondo chi sono i destinatari dell’animazione missionaria: in quale realtà sociale, culturale, familiare si trovano immersi i bambini di oggi.

La relazione di Antonella Duilio, dal titolo “Vivi”, ha sviscerato le peculiarità dei vari periodi di crescita dei ragazzi, l’importanza della famiglia e della dimensione del gruppo. Successivamente si è concentrata sul ruolo fondamentale dell’educatore, che deve “abitare i contesti di vita dei ragazzi”, nel senso di “essere presente”: “L’evoluzione del ragazzo – ha spiegato Antonella Duilio – spinge l’educatore a guardarsi dentro e a rimettersi in gioco. Una rappresentazione rigida, non flessibile del ragazzo induce nell’educatore una resistenza nel mettere in discussione le proprie tattiche formative”.

Ma se è vero che nella preadolescenza ogni intervento sembra votato apparentemente all’insuccesso, in realtà è proprio questa l’età della semina più feconda: basta non voler vedere i frutti sin da subito.

La psicoterapeuta ha esortato gli educatori anche a riflettere sui bisogni e sui desideri, in una società dove le due parole diventano sempre più sinonimo l’una dell’altra. Ma nella realtà non è così: “Il desiderio sta alla base di un progetto, mentre il bisogno chiede una risposta immediata. Certamente bisogni e desideri sono due binari paralleli che non si possono separare, ma il bisogno apre al desiderio e il desiderio spinge oltre, aprendo ad una dimensione che va al di là della psicologia e delle sue categorie”.

E’ qui che Antonella Duilio ha esortato i convegnisti a farsi per i propri ragazzi “traghettatori di sogni, facilitatori di sogni”, perché più grande è la capacità di sognare, più è ampio il cammino che può essere percorso.

La giornata di ieri si è conclusa con la testimonianza di un missionario che per 16 anni ha annunciato il Vangelo in Hong Kong – Cina: è padre Luigi Cantoni, sacerdote del Pontificio Istituto Missioni Estere, che ha vissuto proprio in quella parte di mondo da cui quasi due secoli fa arrivavano notizie così terribili sulla condizione dei bambini, che spinsero il vescovo di Nancy, monsignor Charles de Forbin-Janson, a fondare l’Opera dell’Infanzia Missionaria.

“Un aspetto fondamentale dell’essere missionario ad gentes che ho imparato in questi anni – ha raccontato padre Cantoni – è l’ascoltare. Arrivare in un Paese dove la lingua è lo scoglio maggiore, ti insegna a fare questo”.

Il missionario ha spiegato dei tanti catecumeni che ogni anno scelgono di diventare cristiani: “Fanno tantissime domande alle quale è spesso difficile dare risposte: con loro ho scoperto degli aspetti del mio battesimo e della mia fede che prima non avevo mai messo a fuoco”.

Tra i cristiani in Cina la dimensione comunitaria è molto forte: “Anche il missionario deve ascoltare la sua comunità: non è uno che arriva e spiega chi è Gesù; il missionario è uno di loro, che deve ideare i programmi insieme a loro, mangiare insieme a loro, vivere la comunità con loro”.

Il fatto che i nuovi catecumeni arrivino in chiesa perché sono stati portati da un amico, perché un collega di lavoro li ha trattati particolarmente bene o perché c’è stato un “passa parola”, è l’esempio più vero di come si può essere missionari oggi in Cina nel Terzo Millennio.