Erano piú di 400 i Vescovi brasiliani che, riuniti ad Aparecida do Norte, hanno affrontato qualche mese fa quello che oggi è uno dei maggiori problemi-preoccupazione del nostro Papa e di tutta la Chiesa: il secondo annuncio, la nuova evangelizzazione. E lo hanno fatto approfondendo il tema “Iniciação à vida cristã” (iniziazione alla vita cristiana, nrd) e regalandoci poi un documento (CNBB n. 107) che, a mio modesto parere, è uno dei piú significativi e dei piú completi. Non che non se ne siano preoccupati finora: al contrario , è del 2014 quello che invitava alla conversione pastorale della Parrocchia (Comunidade de comunidades: uma nova Paróquia, n. 100) e dell’anno seguente quello che ha tracciato le linee portanti di tutta l’evangelizzazione della Chiesa brasiliana per gli anni a venire.

Ma questo ha portato e porta con sé un soffio primaverile che non passa inosservato: sulle orme di uno degli incontri piú significativi con Gesù, quello al pozzo di Giacobbe, in piena Samaria, anche noi chiediamo di bere di quell’acqua di cui abbiamo tanto bisogno: un’acqua sempre più pura e sempre più fresca, un’acqua che, a nostra volta, vogliamo portare a chi, per negligenza, per ignoranza o per scelta, si è allontanato dalla Chiesa o non ne ha mai fatto parte.

La proposta è dunque di una catechesi con ispirazione catecumenale, affinché la parrocchia sia veramente una casa, la casa della “Iniciação à vida cristã”.

Come lo stesso documento dice al n. 51, il Vangelo non è cambiato, sono cambiati gli interlocutori; la scelta religiosa non è piú  “di famiglia”, di tradizione: è una scelta personale, che può avvenire in qualunque momento.  E per una Parrocchia non si tratta unicamente di cercare nuovi metodi o di formare catechisti (n.138), ma di perseverare, di essere docili alla voce dello Spirito, di essere sensibili ai segni dei tempi, di fare,con pazienza,  scelte coraggiose (n.9).

Va da sé che non basta un’esortazione dei Vescovi, come non basta che un Parroco si assuma il compito di dare inizio a una “nuova primavera”, in cui l’essere cristiano implicherebbe non tanto avvicinarsi come adulti ai Sacramenti, ma  comprendere e far comprendere quanto alta e importante sia questa dignità. Quello che importa e che ci viene chiesto è ripartire da quel momento della storia in cui una minoranza striminzita accettava di essere perseguitata, addirittura di morire, pur di “bere”  a quella fonte di acqua pura che Cristo aveva offerto.

C’è resistenza ad aprire le finestre alla nuova primavera? E come se c’è!  C’è la nostalgia dei bei tempi andati quando la chiesa brasiliana, in prima linea con i poveri e gli esclusi, lottava per un mondo diverso. Ma la sola nostalgia non serve. Non dà frutti.  E c’è la paura del nuovo, dello  spingersi troppo in là, di un superlavoro nelle parrocchie, di non avere le forze o forse le motivazioni sufficienti. Ma anche la paura non serve. Dà solo tristezza e ansia.  E tutto questo si sente, è palpabile, a volte è chiaramente espresso: “Tutto molto bello, molto chiaro, ma noi…noi non possiamo, non abbiamo le capacità, ci mancano le forze, facciamo già fatica a mantenere le cose come stanno…”. E allora, ci vien da dire, insieme al detto popolare: “Forse in questa primavera non fioriranno i rosai, ma fioriranno l’altra primavera. Forse nemmeno nell’altra primavera fioriranno i rosai,ma fioriranno in un’altra primavera”. Io ci credo che fioriranno. E che sia veramente così, per questa Chiesa che amiamo!

Sr. Emanuela Melzi d’Eril

Missionaria in Brasile