«Occorre garantire il soccorso in mare che non può ridursi a una politica di respingimenti o di semplici chiusure. I migranti non possono essere vittime tre volte: delle persecuzioni, di chi li detiene in campi che – come varie volte attestato dall’ONU – non tutelano i diritti umani essenziali e di chi li respinge in quegli stessi campi e in quelle umiliazioni».

Così si legge nell’appello comune, dal titolo “Restiamo umani”, lanciato dalla Conferenza Episcopale Italiana, dalla Chiesa Valdese, dalle Chiese evangeliche e la Comunità di Sant’Egidio in occasione della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, cattolici ed evangelici.

Quello che chiedono i firmatari è anzitutto «un potenziamento delle attuali attività di soccorso, rese dai mezzi militari, dalla Guardia Costiera e dalle Ong, nel rispetto delle norme del mare e del diritto umanitario».

Nel concreto i rappresentanti delle Chiese cristiane in Italia chiedono «ai vari paesi europei di duplicare o, comunque, di ampliare i corridoi umanitari, aperti per la prima volta in Italia all’inizio del 2016. È finita ormai la fase della sperimentazione e i risultati, positivi sotto tanti aspetti, sono sotto gli occhi di tutti».

Inoltre si legge che «è auspicabile passare ad una generalizzazione di questo modello, che salva dai trafficanti di esseri umani e favorisce l’integrazione. Per questo ci rivolgiamo direttamente al Governo italiano perché allarghi la quota dei beneficiari accolti nel nostro paese e si faccia promotore di un “corridoio umanitario europeo”».

Firmatari del ‘manifesto’ comune, che nella forma è un documento ecumenico a difesa dei diritti dei migranti, sono il pastore Eugenio Bernardini, moderatore della Tavola valdese, Marco Impagliazzo, Presidente della Comunità di Sant’Egidio, il pastore Luca M. Negro, Presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia e monsignor Stefano Russo, Segretario Generale della Conferenza Episcopale Italiana.

«Sull’immigrazione si deve cambiare linguaggio e intervenire: salvare chi è in pericolo, ampliare i corridoi umanitari, aprire nuove vie di ingresso regolari», scrivono nel documento.

E ancora si legge: «per noi cristiani, come per ogni essere umano, omettere il soccorso a chi giace sulla strada o rischia di annegare è un comportamento di cui si può solo provare vergogna».

I firmatari chiariscono una volta per tutte che non si tratta di carità o buonismo: «per noi aiutare chi ha bisogno – scrivono – non è un gesto buonista, di ingenuo altruismo o, peggio ancora, di convenienza: è l’essenza stessa della nostra fede».

Inoltre, un monito al modo in cui il tema viene trattato: «Ci addolora e ci sconcerta la superficiale e ripetitiva retorica con la quale ormai da mesi si affronta il tema delle migrazioni globali, perdendo di vista che dietro i flussi, gli sbarchi e le statistiche ci sono uomini, donne e bambini ai quali sono negati fondamentali diritti umani: nei paesi da cui scappano, così come nei Paesi in cui transitano, come in Libia, finiscono nei campi di detenzione dove si fatica a sopravvivere».

E ancora:  «Additarli come una minaccia al nostro benessere, definirli come potenziali criminali o approfittatori della nostra accoglienza tradisce la storia degli immigrati – anche italiani – che invece hanno contribuito alla crescita economica, sociale e culturale di tanti paesi.

Infine un invito alla politica: «da qui il nostro appello perché – nello scontro politico – non si perda il senso del rispetto che si deve alle persone e alle loro storie di sofferenza».