Il concetto di libero scambio è smentito dalla realtà: «il libero mercato non esiste, è una retorica». O quantomeno è libero solo per una parte di mondo, quella più sviluppata.

Una soluzione potrebbe essere quella di consentire ai Paesi in via di sviluppo di «proteggere alcuni dei loro prodotti» onde rafforzare le economie più fragili.

E’ in estrema sintesi il messaggio lanciato oggi dal Cardinal Peter Turkson, intervenuto alla presentazione del Trade and Development Report 2018 dell’Unctad (agenzia delle Nazioni Unite sul Commercio e lo Sviluppo) alla sala stampa di Radio Vaticana. Quando si parla di mercato libero, ha argomentato il Prefetto del Dicastero per lo Sviluppo Umano Integrale della Santa Sede, in realtà si sta facendo riferimento ad una «piattaforma che però non realizza la libera scelta».

L’auspicio è che la «comunità umana possa coesistere per il bene di tutti» e non solo di alcuni.

L’atteggiamento predatorio delle nazioni industrializzate, dice il cardinale, minaccia però lo sviluppo di una economia basata sulla lavorazione delle materie prime nel Sud del mondo.

«Quando si parla di commercio per lo sviluppo si spera di avere le condizioni per promuovere ciò che facilita e crea commercio», ha spiegato il cardinale.

«Ma non c’è scambio senza produzione – ha aggiunto –   e dove la produzione non c’è, o è minacciata, non c’è guadagno. A quel punto è necessario chiedere soldi in prestito e il debito cresce. Io sono del Ghana e nel mio Paese è successo che dopo l’indipendenza, aprendo il mercato, non c’è stata più competitività».

Il circolo vizioso descritto dal Cardinal Turkson è quello dell’indebitamento che crea altro debito, soprattutto a fronte di una totale mancanza di industria interna. Accade dunque che i Paesi africani siano solo «dei mercati per tutti gli altri».

Il report dell’Unctad (il cui sottotitolo è ‘Potere, piattaforme e delusione del commercio libero’), fotografa molto bene in effetti una realtà internazionale in cui l’indebitamento cresce un po’ in tutti i Paesi, soprattutto nell’Africa Subsahariana e in America Latina.

Il debito pubblico è il vero ostacolo alla crescita delle economie mondiali, si legge nel rapporto, mentre il vantaggio economico del commercio è relegato ad una ristretta fetta di imprese e Paesi in posizione di monopolio assoluto.

Il commercio, come ha spiegato la relatrice del rapporto, Stephanie Blankenburg, in Africa «è dominato da una ristretta cerchia di compagnie private e dalla Cina che però ha un’attitudine aggressiva e quando fa joint venture non trasferisce tecnologie ai Pvs».

La strada da seguire allora qual è? «Tornare a fare scelte politiche attive- suggerisce la Blanckenburg –  poiché non ci sono soluzioni magiche e nelle guerre commerciali tutti siamo destinati a perdere».

Secondo Piergiuseppe Fortunato, Economic Affairs officer e rappresentante del Segretario generale dell’Unctad, «viviamo un malessere economico profondo, dove la domanda aggregata è ferma e solo tramite politiche redistributive dei redditi si possono risollevare le sorti economiche dei Paesi».