«La campagna elettorale è in pieno svolgimento, ma, in generale la gente commenta con una frase popolare: “Il n’y a pas de match”. Non c’è confronto. Come tra  due squadre di calcio, una in serie A e l’altra in serie D».

Così fratel Fabio Mussi, missionario del Pime in Camerun, commenta con noi il possibile esito delle elezioni presidenziali in Camerun, in calendario il prossimo 7 ottobre.

Il presidente uscente Paul Biya ha terminato il suo sesto mandato e ha già compiuto 92 anni, ma «i nove candidati che lo fronteggiano non hanno alcuna possibilità di vincere – sostiene Mussi –  nonostante si stiano dando da fare con tanta buona volontà».

Il problema è anche relativo ai mezzi per la campagna elettorale: «L’apparato del partito del Presidente, il RDPC, si appoggia sulla struttura statale ed ha un grande vantaggio logistico ed organizzativo», spiega il missionario.

Inoltre, nonostante siano in corso alleanze tra gli oppositori, «non c’è una vera  unità tra gli oppositori per la scelta di un candidato unico. Questa debolezza va a vantaggio del presidente che si presenta con lo slogan “la forza dell’esperienza”».

Fratel Fabio Mussi spiega anche che ci sono «nonostante tutto alcuni problemi gravi che rischiano di indebolire il messaggio presidenziale: si tratta essenzialmente del problema della “guerra” contro Boko Haraam e nelle province anglofone. Questa seconda sembra più grave della prima perché una guerra fratricida».

Infine c’è poi un problema «di cui nessuna parla, della salute e dell’età del presidente ormai anziano. Come potrà governare con questi limiti oggettivi?  Questa è la vera sfida del “dopo partita”».