(Aggiorna il pezzo precedente, con richieste di dimissioni immediate da parte dell’esercito)

E’ oramai ufficiale: il popolo algerino ha vinto la sua battaglia anti-Bouteflika. L’anziano presidente aveva annunciato le dimissioni entro il 28 aprile, data di fine mandato. Ma allo Stato Maggiore dell’esercito (l’Armée nationale populaire) questa garanzia non è bastata.

Oggi ha rigettato la ‘promessa’ di Bouteflika e ha chiesto le dimissioni immediate, appellandosi alla Costituzione. E così l’anziano leader, di fronte all’ultimatum dell’esercito (ben sapendo che l’alternativa in questi casi è il colpo di Stato), si è dovuto arrendere completamente.

Era stato lo stesso Boutef (al potere da vent’anni), incalzato dalla voce del popolo che lo vuole fuori dai giochi, a dar l’annuncio di resa, qualche giorno fa, con un comunicato. Ma la data di fine aprile non è sembrato un tempo congruo nè al popolo nè all’esercito.

E pensare che Bouteflika diceva nel 1999: «io sono l’Algeria intera. Sono l’incarnazione del popolo algerino». All’epoca per la prima volta si accingeva a guidare l’Algeria, e in effetti a quei tempi rappresentava davvero il Paese intero.

Oggi, così lo ricorda Le Monde, in un pezzo dal titolo: “le mille e una vita politica di Abdelaziz Bouteflika”, rievocando gli esordi da leader e il grande consenso. Evidentemente il popolo algerino non si riconosce più in Abdelaziz perché il Paese in 20 anni è cambiato molto e il Presidente invece no.

Anche il quotidiano francese Liberation oggi scrive un lungo pezzo dal titolo “Algeria: Bouteflika lascia la scena”, tornando indietro agli esordi della sua carriera e cercando di individuare il punto di rottura. Liberation chiama ‘sindrome Pinochet’ la deriva politica di Bouteflika, tra 2001 e 2002, che avrebbe ad un certo punto fatto deragliare il mandato.

Ma soprattutto oggi la stampa si chiede come sia stato possibile per gli algerini ottenere in questi due mesi una vittoria così schiacciante. E che succederà adesso.

La prima conseguenza sarà un interim di 90 giorni, affidato al Presidente del Consiglio della Nazione (il Senato), ossia ad Abdelkader Bensalah, 77 anni. Durante questi tre mesi dovranno essere indette nuove elezioni.

Secondo dato: l’esercito ha abbandonato completamente il presidente. Ma non subito. Perchè? Una delle ipotesi è che le Primavere arabe hanno evidentemente lasciato un segno e adesso, prima ancora che si arrivi ad una rivoluzione, i politici e gli eserciti fanno maggiormente i conti con la volontà popolare.

Nonostante avesse scritto una lettera aperta, con la quale prometteva di adempiere ad una serie di impegni riformatori –  come l’apertura di una Conferenza Nazionale Indipendente subito dopo le elezioni e l’adozione di una nuova Costituzione – Bouteflika non è stato creduto.

Il giornalista del quotidiano El Watan scrive è «difficile credere alle promesse di colui che ha manipolato il popolo per oltre 20 anni». 

Il laico e francofono Liberté ed il sito di informazione indipendente Tout sur l’Algerie (TSA), hanno riportato la voce del popolo da mesi sul piede di guerra: «di “Boutef” ne abbiamo abbastanza, non molleremo», è la voce della gente in strada, che è scesa a decine di migliaia a manifestare e la stampa locale ha registrato sempre in prima pagina il tenore delle contestazioni.

TSA fa riferimento ai «venti anni di arroganza» dell’Abdelaziz nazionale, scrivendo che «la fiducia s’è rotta» e che «in materia di riforme e di democratizzazione, Bouteflika ha preso impegni solenni anche in passato, senza peraltro mai adempierli».

Tra le recenti promesse fatte dal leader inarrestabile, ci sono anche non meglio specificate misure contro la povertà e la corruzione e poi una revisione della legge elettorale. Altrettanto critico è l’Huffpost pour le Maghreb, che riporta la storia del candidato Rachid Nekkaz, che si oppone a Boutaflika.

I detrattori e nemici giurati chiamano il presidente “Boutesrika” (srika in arabo significa furto, ndr). Ma la stampa critica non è solo quella francofona: uno dei due maggiori quotidiani algerini in lingua araba, El Khabar, tradotto e citato in dettaglio da Le Monde Afrique, scrive che «Bouteflika ignora i cortei contro un quinto mandato» e se il presidente fa promesse è solo perché spinto dalla paura della piazza.

Ma chi è in realtà quest’uomo respinto oggi dalla maggior parte del suo popolo?

Nasce in Marocco nel 1937 da una famiglia originaria del Nord-ovest algerino e a 19 anni combatte nell’esercito di liberazione nazionale dalla Francia.

A soli 26 anni Abdalaziz era già il più giovane ministro degli Esteri del mondo e quando arrivò «per la prima volta ad occupare il posto di capo di Stato – scrive Lifegate – si rivolse agli abitanti del suo Paese senza mezzi termini: “Io sono l’Algeria intera».

«Il “decennio nero” negli anni Novanta, preceduto dalla primavera algerina del 1988, portò ai trionfi del Fronte islamico (Fis) e alla guerra civile – scrive Giuseppe Acconcia su Nigrizia, nel recensire un libro sulla storia dell’Algeria indipendente – E così l’avvento di Bouteflika nel 1999 è stato vissuto da molti come l’inizio di un processo di riconciliazione nazionale sul modello sudafricano, voluto da un “uomo di pace”». Ma poi il presidente deluse molta gente con le amnistie concesse nel 1999 e nel 2005.

«La lealtà dei gruppi di interesse nella difesa del regime – dice ancora Acconcia – la narrativa di un’Algeria vittima potenziale di complotti esterni e la protezione dei profitti dalla vendita del petrolio hanno segnato una presidenza che dopo le rielezioni del 2009 e del 2014 non smette di far discutere».

Il sito di Euronews riepiloga alcuni momenti cruciali di questi ultimi anni e scrive che nel «2011 il vento della primavera araba soffia anche qui, i provvedimenti correttivi adottati del governo non fermano i migliaia di manifestanti che protestano contro l’impennata dei prezzi di prima necessità, corruzione e disoccupazione giovanile. Intanto Bouteflika grazie a diverse modifiche della Costituzione viene rieletto nel 2009 e nel 2014».

Ma dopo l’ultima tranche di governo – dal 2014 ad oggi – il popolo sembra davvero stanco di lui e un quinto mandato suona eccessivo.

Non ci sono solo detrattori, comunque: il giornale più schierato con l’anziano leader è El Moudjahid, che in maniera propagandistica parla di «impegni fermi» e di «grande sincerità nei toni» e titola in caratteri cubitali in prima pagina: “I sei impegni del presidente Bouteflika” elencandoli uno ad uno.

E così un giornale come il francese Challenges fa notare che «nell’inconscio nazionale e nonostante la sua età e le sue condizioni fisiche, Bouteflika continua a rimanere l’outsider che ha saputo mettere fine alla guerra civile e soprattutto denunciare con un’incredibile libertà tutti i mali del Paese, compresa la corruzione, quando l’esercito si è deciso a fare ricorso a lui in mancanza di altri nomi».

Eppure, in questi mesi qualcosa è cambiato tra la gente: è venuta meno la paura. Per citare ancora l’algerino Liberté, il quotidiano titola “Gli algerini hanno abbattuto il muro della paura”.

Pierre Hasky per France Inter riprende il concetto del crollo e spiega che «per gli algerini di oggi l’elemento più insopportabile è proprio l’esempio d’immobilismo di un presidente muto e inchiodato su una sedia a rotelle. Già alle elezioni del 2014 si era parlato del “mandato di troppo”, ma allora la popolazione si era arresa per rassegnazione. Ora le cose sono cambiate».

Eppure, «mummia o meno – scrive Challenges – questo presidente rimane l’unico elemento in comune tra l’esercito e il popolo, tra i clan di uno stato maggiore che detiene il vero potere e un Paese disperato per la sua stagnazione ma che teme di dividersi di nuovo o di assistere al ritorno in forza degli islamisti per quanto divisi, invecchiati e più o meno pacifici».

Sciolto il nodo elettorale bisognerà capire meglio cosa bolle in pentola: quali nuovi candidati sono in vista, che scenari realmente innovativi si aprono. Rimane comunque un dato di fondo: l’Algeria ha tracciato in questi mesi una sua via chiara e netta orientata ad una maggior libertà e ad un desiderio di cambiamento per un futuro più brillante.

Foto d’apertura da Middle east on-line.