La lectio magistralis sul tema del Convegno missionario nazionale dei Seminaristi, in corso a Bergamo in questi giorni, è stata il centro dei lavori di oggi. Affidata a monsignor Francesco Beschi, vescovo della città e già presidente della Commissione Evangelizzazione dei Popoli e della Fondazione Missio, ha guidato i partecipanti attraverso una riflessione profonda e intensa sul significato del dono inteso come «mistero e stile della missione».

Il dono è «novità evangelica, certamente non vissuta solo dai cristiani, ma assolutamente presente nella storia del mondo e attuale nel tempo in cui viviamo», ha precisato monsignor Beschi. Che ha aggiunto: «Il nostro tempo è fortemente connotato dalla libertà. Per alcuni “missione” può essere interpretata come “invasione dell’anima altrui”: il superamento di questa tensione sta nell’entrare nella dimensione del dono».

Ma più che riflettere su cosa significa “dono” o “donare, occorre capire cosa significa “donarsi”: «Il dono non può prescindere dalle dinamiche della vita, quindi viene rappresentato dal verbo donarsi. Donare è un modo di fare, donarsi è un modo di essere», ha puntualizzato il vescovo di Bergamo, e non può prescindere dalla gratuità e dalla relazione con l’altro. Tutti elementi essenziali nella missione.

Certamente la missione è annuncio del Vangelo: «Un annuncio non disinteressante, ma disinteressato, offerto».

Missione è anche forma di sapienza: «Sapienza vuol dire stare con chiunque, confrontarci con la realtà che è di tutti (famiglia, scuola, lavoro, malattia, sviluppo, ecc.), ma misurandoci a partire dal Vangelo in cui crediamo, che annunciamo e testimoniamo nella realtà concreta di questo tempo».

E il contesto attuale in cui si vive quotidianamente ha trovato spazio anche con un esplicito riferimento all’attualità della guerra, spesso vista come inevitabile, se affrontata con le logiche del mondo: «Questo – ha detto monsignor Beschi – è un dogma del nostro tempo che invece va affrontato con una prassi profetica. La prassi profetica della missione è quella coraggiosa e difficile di destrutturare i dogmi della cultura contemporanea. E non è facile. Di fronte a chi dice: “Non sappiamo come fare altrimenti”, rispondiamo: “C’è un altrimenti, c’è l’altrimenti del Vangelo”. Non possiamo rimanere cristiani muti di fronte ai dogmi della contemporaneità».

La missione, quindi, consiste anche nell’osare la prassi profetica contrassegnata dalla relazione e dalla reciprocità.

Monsignor Beschi ha concluso la sua lectio con un esplicito riferimento a san Giovanni XXIII, “padrone di casa” nella città lombarda e nel Seminario vescovile, icona che incarna la spiritualità di una missione incentrata sul dono.