E’ stato nominato dalla Presidenza della CEI questa mattina, 30 aprile 2025. Bergamasco, nato nel 1974, don Sergio Gamberoni è sacerdote dal 1999. Fino al 2006 è stato collaboratore nella parrocchia di Sarnico, occupandosi dei giovani. Nel 2007, dopo il corso di formazione al CUM, è partito come missionario fidei donum per la Bolivia, diocesi di Cochabamba, dove è stato per sei anni parroco di Condebamba, poi tre anni direttore spirituale e altri tre rettore del Seminario maggiore. È rientrato a Bergamo alla fine del 2018. Dal 2019 è responsabile dell’Ufficio per la Pastorale dei Migranti.
Don Sergio, con quale spirito inizia il suo cammino di direttore al CUM?
Sono sorpreso e onorato della fiducia che mi si dà. Inizio questo incarico con molto entusiasmo e gratitudine. Ho vissuto dei bellissimi anni come missionario in Bolivia. Impegnativi, intensi. Un’esperienza di cui sono grato alla Chiesa boliviana di Cochabamba. Mi sono sempre sentito sostenuto e accompagnato dal CUM di Verona sia nel tempo di preparazione, nel 2006, sia nei 12 anni di servizio missionario, dove per alcuni anni sono stato anche il referente dei missionari italiani. Sono molto fiducioso che questo mio servizio nella sezione CUM di Missio possa essere utile alla “Chiesa in uscita”, come ci ha indicato papa Francesco nei suoi anni di magistero.
Che idea si è fatto di missione in questi anni?
La missione è sempre più vivere il Vangelo là dove il Signore ci colloca. C’è un mandato comunitario da parte della Chiesa per coloro che sono inviati esplicitamente nel mondo. Ho tanti amici missionari anche in Italia! La missione vuol dire costruire il Regno, essere segno, luce e sale della terra. La missione è impegno a vivere seriamente la nostra umanità, che prende la forma del Vangelo e diventa condivisione, servizio, gioia profonda.
I documenti della Chiesa anche in Italia definiscono la missione “paradigma della pastorale”. Come sente, nella sua esperienza pastorale vissuta tra Italia e Bolivia, questa affermazione?
La sento profondamente vera: noi celebriamo la comunione e proviamo a costruirla, attraverso la grammatica della fraternità universale e dell’amicizia sociale, usando i due estremi indicati da papa Francesco nell’enciclica Fratelli Tutti. Di fatto è tessitura di rapporti, è radicarsi profondamente in Dio da cristiani e mettersi a servizio di una comunione che diventa effettiva anche attraverso l’uscire da noi stessi. Gli anni in Bolivia e poi questi ultimi con i migranti a Bergamo mi hanno insegnato che per incontrare l’altro qualcosa di mio devo lasciare: devo essere disposto ad assaggiare cibi, a regalare tempo, a mettermi in ascolto. Anche a chiedere scusa, essere disposto a sbagliare, ad imparare ad aver bisogno dell’altro. Penso che l’esperienza missionaria sia un po’ paradigmatica di quello che nella fraternità e nell’amicizia sociale siamo chiamati a vivere quotidianamente, regalando del tempo a ciò che realmente vale, che è la relazione, l’incontro tra noi, la prossimità, l’ascolto.
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(Nella foto, da sinistra: don Sergio Gamberoni, nuovo direttore CUM, e don Marco Testa, direttore uscente)