«L’esperienza del Seminario per l’America Latina a Verona, nato nel 1961 sulla scia dell’enciclica Fidei Donum di papa Pio XII, ha caratterizzato una stagione che avrebbe avuto il suo culmine, pochi anni dopo, nel Concilio Vaticano II e che ha cambiato radicalmente il modo in cui le diocesi italiane vivono la propria dimensione missionaria: non più a senso unico, in direzione di sola andata, ma come cooperazione e scambio tra Chiese».

A sottolinearlo è stato don Giuseppe Pizzoli, direttore della Fondazione Missio, intervenuto ieri – 20 luglio – a Verona al Convegno organizzato per fare memoria dei 60 anni dalla nascita di questa esperienza ecclesiale, poi confluita nel CEIAL (Centro ecclesiale italiano per l’America Latina) e, successivamente, nel CUM (Centro Unitario Missionario), oggi espressione della Fondazione Missio.

Una storia che presto continuerà in una nuova sede nel centro di Verona.

«Dopo molti anni – ha confermato don Giuseppe Pizzoli – il CUM lascerà la storica sede di San Massimo per trasferirsi in via Gaetano Trezza 15, all’interno di una struttura che per molti anni ha ospitato la sede provinciale dei Padri Camilliani. Si tratta di un passo importante che segna un elemento di continuità con la lunga storia del CUM che ha in Verona la sua sede naturale e storica».

Per approfondire la storia del Seminario Nostra Signora di Guadalupe per l’America Latina è intervenuto don Sergio Marcazzani, sacerdote veronese, che ha definito quest’esperienza ecclesiale (oggi confluita nel CUM), «il sogno di monsignor Giuseppe Carraro».

«L’idea di istituire un Seminario per la formazione di sacerdoti da inviare nelle diocesi povere dell’America Latina – ha ricordato don Marcazzani – nasce quando monsignor Carraro era rettore del Seminario di Treviso, ma si concretizzerà solo in un secondo tempo, quando diventerà vescovo di Verona, e dal dialogo con altre due figure chiave di questa storia: monsignor Antonio Samorè, alla Pontificia Commissione per l’America Latina, e monsignor Giovanni Battista Montini, allora alla Segreteria di Stato. L’idea di questi tre grandi uomini era proprio creare le condizioni per dare piena attuazione all’enciclica Fidei Donum di Pio XII».

Un sogno che si concretizzerà presto: nell’anno scolastico 1961-1962 nasce nel Seminario di Verona la “Sezione per l’America Latina” con 17 chierici da tutta Italia, nel 1962-1963 gli alunni saranno 44, nel 1963-1964 aumenteranno a 72, nel 1965-1966 diverranno 103 e raggiungeranno il massimo di 115 nel 1969.

«A colpire – ricorda don Vincenzo Zambello, uno dei primi studenti – era lo stile con cui si viveva la formazione, con un regolamento interno che già profumava dello stile conciliare alla Vaticano II. Ed erano proprio i padri conciliari, tra una sessione dei lavori e l’altra, a venire a trovarci arricchendo in maniera unica la nostra formazione umana e spirituale».

Una storia, quella del seminario per l’America Latina, che si allargherà nel corso degli anni a tutti i continenti e muterà facendo del CUM il punto di riferimento per la formazione missionaria di sacerdoti, religiosi e laici delle diocesi italiane in partenza o di rientro dalla missione.

 

Di Concilio Vaticano II si è parlato in maniera approfondita con monsignor Luigi Bettazzi, vescovo emerito di Ivrea e ultimo vescovo italiano ancora in vita ad aver partecipato all’assise della Chiesa universale.

«Siamo a metà del guado, ma ricordiamoci che dobbiamo ancora passarlo» ha detto monsignor Bettazzi, intendendo per “guado” la piena attuazione del Concilio stesso.

Intervenuto al Convegno nella mattinata, ha fatto memoria di quell’esperienza che «ci ha insegnato l’importanza della collegialità e della sinodalità, parole che papa Francesco sta riportando al cuore della Chiesa. In molti all’inizio del Concilio si aspettavano che gli esiti fossero già scritti, ma così non è stato per volontà di papa Giovanni XXIII che volle che fosse il popolo di Dio, attraverso i vescovi provenienti da tutto il mondo, il vero protagonista di questo processo storico».

A chi gli ha chiesto dell’eventuale necessità di un nuovo Concilio, monsignor Bettazzi ha risposto: «Non credo serva un nuovo Concilio, perché dobbiamo ancora attuare quello passato e il rischio sarebbe di tornare indietro invece che andare avanti. Purtroppo, se guardiamo alla liturgia e al clericalismo, ancora tanto c’è da fare. Fortunatamente, però, il Signore ci ha donato un papa come Francesco che, pur non avendo vissuto i giorni del Concilio, lo sta mettendo in pratica».