Simona è una ragazza che ama la vita e che vuole aiutare la vita; per questo ha studiato  e si è laureata in ostetricia perché sa molto bene quanto la vita che nasce sia minacciata in tutto il mondo dai problemi più diversi e quanto sia necessario farsi “prossimi” alle mamme che rendono possibile il miracolo della vita che è sempre più forte di tutti coloro che vi si oppongono.

Per questo e per molto altro Simona ha scelto di partire la prima volta aderendo ad un progetto proposto dalla sua università, della durata di due settimane, per effettuare uno screening sul rischio del tumore del collo dell’utero nelle donne in Senegal. Lei però ha sperimentato il grande rischio delle operazioni umanitarie cioè l’atteggiamento colonialista: la messa cioè in atto di azioni completamente slegate dalla vita e dalle possibilità della gente che si va ad incontrare limitando il contatto alla sola azione umanitaria.

Simona torna in Italia profondamente insoddisfatta ma con il desiderio di aiutare rimasto intatto e così aderisce ad un progetto di scambio culturale e cooperazione in Tanzania all’interno del progetto Overworld e gestito da una Onlus; se in primis l’atteggiamento delle colleghe italiane del progetto di cooperazione sembra essere analogo a quello vissuto in Senegal è l’agire di Simona che sceglie di rompere questo schema; così decide di imparare lo Swahili per poter parlare con le persone del villaggio e non solo con le poche che conoscono l’inglese, decide poi di fare amicizia con le persone che svolgevano le mansioni più umili all’interno dell’ospedale per riuscire a rompere la barriera dell’indifferenza e dell’ostilità data dal passato coloniale e da una cooperazione che ne riproduceva gli schemi e così ha creato legami di amicizia veri e autentici ed è riuscita ad imparare dalle donne tanzaniane il rispetto per la naturalità del momento più importante per la vita che nasce come quello del parto.

Simona porta con sé la Tanzania con un nuovo sguardo sulla vita e sapendo che anche le cose più positive, come la cooperazione e lo scambio culturale, possano sempre essere viziate da uno sguardo inquinato da un atteggiamento coloniale su cui bisogna sempre vigilare.

Marco racconta Simona, Tanzania