Se ci pensi bene, per quanto freddo faccia, il volto è l’unica parte del corpo che, se copri, lo fai solo in parte… e in Bolivia di freddo ne fa parecchio!

I miei compagni di viaggio ed io eravamo arrivati da pochi giorni e quel mattino ci era stato proposto di andare insieme a Cristina ed Alessandro, infermiera e medico missionari fidei domun, e con Carmen e Hortensia, due ragazze boliviane, a visitare alcuni villaggi sull’altopiano.

Ripensando a quel giorno, ci sono tre volti che a qualche anno di distanza non riesco a cancellare dal cuore: i primi due sono quelli di una coppia di anziani che vive in una casa con muri fatti di terra impastata che noi fatichiamo a definire tale, ancor più se pensi che la notte la temperatura scende sotto zero e il riscaldamento non esiste. Ecco, immagina un gruppo di una decina di persone che si siede fuori da casa tua, amici di quei due stranieri che da qualche tempo ti vengono a trovare e a portare, certo, assistenza medica ma, soprattutto, la loro presenza, che è riflesso di una Presenza più grande!

Tu cosa faresti? Io non lo so, ma so cosa hanno fatto loro: hanno condiviso quel poco cibo che avevano con tutti noi.

L’altro volto è quello di una anziana signora, anche lei meta di quelle visite non solo mediche ma di ascolto e attenzione: di lei, a dirvi la verità non mi ricordo il volto, ma mi ricordo le parole, dette in una lingua a me sconosciuta, l’Aymara, ma che il mio cuore conosce bene: “Non dimenticatevi di me”.

Poi l’esperienza è finita, sono tornata a casa, ho ripreso la mia vita da studente, ma adesso, a qualche mese dalla laurea quel “Non dimenticatevi di me” risuona e mi interroga!

In questi anni me lo sono ricordata in tanti incontri, soprattutto in quelli con i malati in ospedale, e adesso, che tra poco meno di un anno sarò medico, spero di portare con me quei volti e quel modo di sedersi accanto, di ascoltare, di ricordarmi, insomma, che attraverso il volto passa la Vita!

Silvia, Bolivia