Il 31 dicembre 2017 verrà ricordato dalla Repubblica Democratica del Congo e dalla sua Chiesa locale, come un giorno di repressione inaudita: di fronte ad una marcia pacifica, organizzata dai laici cristiani in diverse diocesi e decine di parrocchie, esercito e polizia hanno reagito sparando sulla gente.

Sono morte undici persone a Kinshasa, una a Kananga e altre decine sono state ferite. Il terrore è sceso fin dentro le chiese di periferia.

«Sono stato in Congo per vent’anni – racconta padre Eliseo Tacchella, comboniano appena rientrato in Italia – e le cose in questo Paese vanno sempre peggio. È finito nel baratro e nel disinteresse totale della comunità internazionale».

E poi spiega: «La gente, il popolo, la società civile congolese, hanno un problema di giustizia che non viene ripristinata, con elezioni che non vengono indette, ma hanno anche il problema di dover vivere e mangiare. Non possono scendere in strada tutti i giorni e manifestare; eppure questa è l’unica cosa che rimane da fare».

Eliminata o messa ai margini l’opposizione, il Presidente-padrone Joseph Kabila, che avrebbe dovuto lasciare la poltrona oltre un anno fa, non rispetta i patti. Tantomeno gli impegni assunti con la Chiesa, che infatti ha preso le difese del popolo.

«Non rimane che la voce della Chiesa, in particolare quella del cardinal Laurent Monsengwo – spiega ancora padre Eliseo – Il confronto sembra sempre più circoscritto tra un Presidente che non vuole lasciare il potere e una Chiesa che dà voce al popolo, ben rappresentata dai suoi vertici».

Il cardinal Monsengwo ha usato parole inequivocabili e molto dure dopo quel 31 dicembre: ha definito “mediocre” l’attuale classe politica e “barbari” gli uomini in uniforme. «E’ tempo per i mediocri di andarsene», ha detto in un comunicato riportato da tutta la stampa, compresa Reuters, lo scorso 2 gennaio. Ha condannato pubblicamente le violenze dei militari al soldo del Presidente, in particolare «il fatto di aver impedito ai fedeli cristiani di entrare in chiesa per partecipare alla celebrazione eucaristica nelle diverse parrocchie di Kinshasa – come si legge nel comunicato – il furto di soldi, di cellulari, la ricerca sistematica delle persone e dei loro beni all’interno della chiesa e per le strade, l’ingresso dei militari, le uccisioni, l’uso delle armi contro i cristiani che avevano in mano bibbie, crocifissi e statue della Vergine».

Padre Eliseo spiega che «la gente adesso in Congo non accetta questa impasse, vuole dei cambiamenti, vuole delle elezioni libere».

Il cardinal Monsengwo d’altra parte non è un alto prelato qualsiasi: nel febbraio del 2012 è stato chiamato da Benedetto XVI a predicare gli Esercizi spirituali alla sua presenza e a quella della Curia Romana in occasione della Quaresima. Il 13 aprile 2013 Papa Francesco lo ha nominato membro del gruppo dei porporati chiamati a consigliarlo nel governo della Chiesa universale e a studiare un progetto di revisione della Curia Romana. I missionari, compreso padre Tacchella, denunciano la situazione di un Paese, l’ex Zaire, che è ricchissimo di materie prime, molto sfruttate e che è ancora preda degli appetiti occidentali. La Repubblica Democratica del Congo continua ad essere una terra di conquista dove gli interessi economici stranieri, con la complicità della classe dirigente locale, condizionano non poco lo sviluppo. Possiede il 34% delle riserve mondiali di cobalto, il 10% di quelle di oro, oltre il 50% di rutilio, per non parlare degli ingenti depositi di diamanti, uranio, cassiterite, petrolio e gas naturale. Inoltre, sul territorio congolese si trova circa il 70% delle risorse idriche dell´Africa e dalla sua foresta pluviale si ricava legname d’ogni genere esportato in tutto il mondo.