In questi giorni si è tornati a parlare di Somalia, in seguito a notizie riportate della Cnn e da altri organi di stampa internazionali, che riferiscono dei dirottamenti di fondi dalle agenzie delle Nazioni Unite, ai gruppi terroristici di al-Shabaab.

«Ex membri di al-Shabab – scrive il sito della Cnn – e agenti dell’intelligence somala confermano che il gruppo terroristico sta estorcendo migliaia di dollari al giorno, attraverso posti di blocco e tramite tasse imposte arbitrariamente ai commercianti che trasportano cibo e materie prime da vendere nell’entroterra».

Si tratta di un vero e proprio furto che va ad intaccare gli aiuti allo sviluppo stanziati dalla comunità internazionale per un popolo che da anni soffre una situazione di instabilità e miseria senza precedenti.

Quando si parla di Somalia il nostro pensiero va inevitabilmente a chi ha dedicato la vita intera al Paese africano ostaggio di povertà, instabilità politica e terrorismo, mix letale per la popolazione civile. Come non pensare a suor Leonella Sgorbati, missionaria della Consolata, uccisa in “odio alla fede” il 17 settembre 2006 a Mogadiscio.

Lo ha fatto di recente monsignor Giorgio Bertin, vescovo di Gibuti, che su radio Vaticana, spiegando che la cerimonia di beatificazione della missionaria avverrà tra poco più di tre mesi.

A novembre scorso infatti Papa Francesco ha firmato il decreto relativo al riconoscimento del martirio.
Piacentina, apparteneva all’Istituto delle Missionarie della Consolata, fu missionaria in Africa dal 1972, prima in Kenya e poi in Somalia, impegnata soprattutto nella formazione di infermieri locali.

Suor Leonella aveva 65 anni quando è stata freddata, insieme alla sua guardia del corpo da due uomini armati che le hanno sparato alla schiena.

Gestiva insieme ad altre tre suore italiane il progetto dell’Ospedale di SOS Villaggi dei Bambini, l’unica struttura medica con un reparto pediatrico – ginecologico rimasta attiva in tutta Mogadiscio.

Era molto amata per il suo servizio ma diceva: “A Mogadiscio mi aspetta una pallottola con sopra scritto il mio nome” scherzando con le consorelle.

Il nome di suor Leonella Sgorbati, originaria di Piacenza, va ad aggiungersi a quello di altre vittime della violenza nella irrequieta terra somala. Stesso, macabro rituale anche per la sua uccisione: pochi colpi di pistola sparati a bruciapelo, come è già stato per Graziella Fumagalli e Annalena Tonelli, due medici che hanno salvato tante vite umane pagando con la propria. Suor Leonella amava scherzare, come ricorda monsignor Giorgio Bertin, arcivescovo di Gibuti, che la conosceva da molti anni.

“Mi piaceva scherzare con lei perché era di taglia forte. Però il suo cuore era più grande. Ha avuto un profondo amore per i poveri, sia in Kenya che a Mogadiscio dove ha portato avanti la creazione di una scuola per infermieri con un forte senso di speranza, a volte di ingenuità, sempre con un sorriso serafico”.

Le suore che erano con lei 11 anni fa, raccontano che Leonella era preparata all’incontro finale con Gesù. Era una donna dolce ma tutta d’un pezzo, decisa a donare tutta se stessa, con quel sorriso sulle labbra, con la positività, l’entusiasmo e la dinamicità di un cuore sempre aperto agli altri.

Le ultime parole di Leonella sono state di perdono per i suoi uccisori e questo raccoglie il messaggio di una vita di donna coraggiosa e positiva, accogliente e semplice, aperta a tutti.