«Io penso sia stato un evento epocale e storico perché la visione del progetto è straordinaria. Sono 22 i documenti o le linee guida da attuare nei prossimi mesi per rendere la zona del libero scambio africana davvero operativa. Ma in ogni caso la parte relativa al libero mercato è solo il primo step verso un’integrazione ed unione molto più completa».

L’economista Paolo Raimondi ci parla così dell’accordo raggiunto nei giorni scorsi a Niamey da 54 Paesi africani su 55,  (l’acronimo è Affcta in inglese), per abbattere i dazi sulle merci tra i Paesi del continente africano.

«Quest’area di commercio ‘interno’, svincolata dal protezionismo è un passo importante verso l’abbattimento delle frontiere innalzate dal colonialismo – dice ancora Raimondi – L’accordo mira in sostanza ad abbassare o togliere progressivamente tutti i dazi e le limitazioni al commercio» che da sempre ‘proteggono’ i Paesi del continente e che non hanno più motivo di esistere all’interno.

C’è da tenere presente, precisa ancora l’economista, che «gli scambi  interni rappresentano il 14% dell’intero export africano, l’Unione europea, per fare un paragone, scambia all’interno dei suoi confini dell’Ue il 70% dell’intera produzione».

Il che significa che finora quasi l’intera ricchezza dell’Africa, in termini di materie prime, prodotti agricoli e soprattutto minerali, è finita fuori dal continente africano stesso.

L’intenzione dei firmatari dell’accordo è quella di incrementare questa percentuale fino a portarla al 25% del totale entro il 2023. Una scommessa non da poco.

«Effettivamente è una visione straordinaria paragonabile al progetto dell’Unione Europea ed è l’ombrello sotto cui rientra la creazione di un panafricanismo e rinascimento africano».

Il secondo passaggio sarà la creazione «di un mercato comune africano entro il 2025 e il terzo la creazione di un’unità monetaria africana, entro il 2030».

Dentro l’agenda 2063 ci sono altri punti importanti: «come quello dello stop alle armi. Adesso, come la nostra esperienza europea insegna, bisogna realizzare lentamente ogni step e renderli tutti attuabili. L’impegno c’è, ma sicuramente pure le difficoltà cominceranno a sorgere».

In Africa il mercato delle materie prime e delle commodities è quello più rilevante, anche perchè manca quasi del tutto una industria di trasformazione delle materie prime.

«Serve una strategia africana sulle materie prime – dice Raimondi – Le materie prime sono una loro ricchezza ma anche debolezza: oggi si stima che oltre un terzo di tutte la materie prime mondiali siano in Africa, ma lo sfruttamento delle materie prime potrebbe esaurirsi e rischiano un loro esaurimento senza aver mai avuto una industria di trasformazione».

Raimondi puntualizza che si tratta di processi importanti che «hanno bisogno di non essere sotto attacco speculativo. Hanno bisogno di essere affidabili».

Nel pacchetto di riforme rientra anche un grande progetto per un rinascimento culturale dell’Africa che promuove il patrimonio culturale africano, in vista di un nuovo ideale di panafricanismo.

«Se fossero lasciati da soli senza interferenze esterne, pur con tutte le difficoltà e gli interessi locali potrebbero superare questi limiti. Non dobbiamo essere interessati ad un neo-colonialismo occidentale».

«Se l’Europa riuscisse a muoversi in modo consapevole, potrebbe essere di enorme aiuto alla realizzazione di questo progetto…», conclude Raimondi.