In Centrafrica c’è chi si ostina a continuare una guerra fratricida distruggendo tutto quello che si  è costruito in sessant’anni d’indipendenza, ma c’è anche chi crede nei piccoli cantieri di pace e di speranza.

Uno di questi è nato diversi mesi fa proprio al Carmel di Bangui. Si tratta di un piccolo sogno che coltivavamo da anni e che, grazie ad alcune fortunate coincidenze, e all’aiuto di alcune persone, siamo finalmente riusciti a realizzare.

Se c’è un paese da costruire – ci siamo chiesti – perché non provare a produrre mattoni? Mattoni veri, mattoni nuovi, mattoni forti, più forti della guerra.

L’acquisto dei macchinari – e l’avvio della produzione – è stato possibile grazie al contributo dell’associazione francese Un P.A.S. avec les Frères Jaccard e ad un finanziamento della Conferenza Episcopale Italiana.

I macchinari sono arrivati direttamente dal Sudafrica e dal Congo è arrivato James, un ingegnere-formatore, che ha insegnato a una trentina di operai come produrre i mattoni. Non si tratta, infatti, di mattoni comuni, ma di nuova concezione.

In Centrafrica i mattoni sono normalmente di argilla (seccati al sole o cotti in forni artigianali) oppure in cemento e sabbia. I mattoni del Carmel sono invece ‘hydraform’: 46% di argilla, un altro 46% di sabbia e infine un piccolo 8% di cemento e un po’ d’acqua.

Vengono semplicemente pressati da due pistoni, poi innaffiati per una settimana e, senza essere cotti in nessun forno, sono pronti all’uso. Sono molto resistenti e autobloccanti: in fase di costruzione non richiedono malta. Neppure i pilastri sono necessari.

Insomma: una sorta di Lego di argilla rossa e sabbia di fiume!

Forse non ci crederete, ma il nostro primo cliente è stato niente poco di meno che Papa Francesco. Da alcuni mesi – in seguito ad un esplicito desiderio del Papa, dopo la sua visita in Centrafrica nel 2015– è in corso a Bangui la costruzione di un centro per i bambini malnutriti.

I lavori sono seguiti dalla Nunziatura Apostolica e un piccolo edificio è stato realizzato proprio con i mattoni prodotti al Carmel. Come primo cliente, quindi, non c’è male!

La ricostruzione del Centrafrica passa anche attraverso la creazione di luoghi di formazione come questo cantiere di produzione dei mattoni e la scuola agricola.

Inoltre, la maggior parte degli operai che hanno partecipato alla formazione – e ora producono mattoni o lavorano sul cantiere – sono ex-profughi del Carmel.

Un giorno, mentre facevo alcune foto agli operai, durante la produzione, si avvicina Bodelò, un giovane di vent’anni, con già due figli da mantenere. Tutto fiero solleva tra le sue mani un mattone appena nato tra le sue mani.

Quasi non crede che sia stato capace di produrre qualcosa di così bello e così forte.

E ben consapevole che non le armi, ma solo la buona volontà sradicherà miseria e guerra dal suo paese, m’informa del suo grande progetto per il futuro: “Mbi ye ti ga maçon! Voglio diventare muratore!”. L’ora della costruzione di un nuovo Centrafrica, al Carmel, è ormai suonata.

Nel frattempo io ho raggiunto la vetta dei quarant’anni, venti dei quali vestito da frate e dieci di questi venti in quest’angolo di paradiso situato, più o meno, all’incrocio tra il 4° parallelo a nord dell’equatore e il 18° meridiano ad est di Greenwich.

Pare che la crisi dei quarant’anni non risparmi neppure i frati e che il bisogno di paternità, anche per chi ha liberamente scelto di non avere figli, si faccia prepotente. Quanto a paternità spirituale il Signore ha invece superato ogni mia previsione regalandomi la gioia e l’opportunità di accompagnare i primi passi nella via religiosa di ormai decine di giovani!

  • Padre Federico Trinchero è un missionario, Carmelitano Scalzo a Bangui