La Cina, nonostante i proclami di cieli blu, rimane, secondo il sito di Active Sustainability, il numero uno tra i cinque Paesi più inquinanti al mondo: seguita da Usa, Brasile, Indonesia e, infine, Giappone. Ma c’è un altro Paese asiatico che inquina parecchio: la Mongolia. Secondo molta stampa estera «sta avvelenando l’atmosfera» con le stufe a carbone.

Ma la verità è che oltre ad inquinare queste stufe uccidono.

L’uso intensivo di stufe a carbone, infatti, significa spesso morte per asfissia, come scrive il sito della Tv TRT World, emittente turca.

Ad usarle sono i più poveri, come la signora Baasanjargal Batbaatar, mamma single con quattro figli, che dice: «il carbone è l’unico sistema che ci si può permettere per scaldarsi. Ma ad un prezzo». La sicurezza è ad altissimo rischio.

«La prima volta che stavo per perdere mia figlia fu lo scorso inverno – racconta al sito della tv – Ero nella stanza accanto ad allattare l’altro bambino, quando sono rientrata e mia figlia stava soffocando. Le sue pupille erano già ruotate all’interno. La diagnosi è stata: asma».

«Con le migliaia di famiglie che bruciano carbone per sopravvivere alle temperature artiche, la Mongolia è diventata la patria delle atmosfere più velenose del pianeta», scrive TRT World.

Laddove la crescita è recente e per forza di cose superveloce, l’inquinamento è l’ultimo dei problemi dei governanti. Ma soprattutto è una delle necessarie conseguenze dell’abbandono delle campagne e del trasferimento in città delle masse dei poveri

A parlare dei veleni mongoli è perfino il Newsweek, che gli dedica un lungo pezzo sul campo: “Un inquinamento mortale sta diventando il maggior problema della Mongolia”.

«Sembra che siamo quasi al crepuscolo – si legge nel reportage di Eleanor Ross – ma in realtà sono soltanto le 11 del mattino a Ulaanbaatar, la capitale in rapida ascesa della Mongolia. La luce cala trasformandosi in una gialla foschia attorno ai centri suburbani. Nuvole di carbone riempiono l’aria, intervallate da un acre odore che pizzica la gola e che sa di plastica bruciata».

Ti accorgi subito di quando la qualità dell’aria peggiora perché «le strade si riempiono di gente che indossa mascherine rosse, blu o grigie».

La descrizione della capitale prosegue, e lo spettacolo è agghiacciante: la gente che si è trasferita dalle campagne alle città, vive nelle caratteristiche tende, ma all’ombra dei grattacieli.

«Il centro presenta moderni grattacieli che si affacciano su un mare di blocchi di torri sovietiche. Dietro questa apparente modernità si nascondono 180mila gers (le tende mongole, ndr), le case dei nuovi arrivati».

Il riscaldamento dei poveri è fatto con pericolose stufe a carbone.

Infine c’è un altro Paese pericoloso: l’aria indonesiana è irrespirabile. Questo è il terzo Paese più inquinato al mondo e corre ai ripari in vista dei Giochi asiatici (le Olimpiadi d’inverno in Corea del Sud).

«Alcuni attivisti del Clean Air Movement – scrive The Jakarta Post – hanno sollecitato il governo indonesiano a porre attenzione alla qualità dell’aria a Jakarta, in vista dei giochi, dato l’altissimo livello di inquinamento atmosferico».