«Noi pensiamo che il bene comune consista nella sommatoria dei beni individuali. Ma non è così: è un bene condiviso. Qui si inserisce il magistero di Francesco che ha un chiodo fisso: quello dei poveri nelle periferie fisiche ed esistenziali della Storia.

In occasione della veglia di pentecoste del 2013 il Papa se ne uscì con un’espressione che generò sorpresa e plauso: disse “i poveri sono la carne di cristo”».

Padre Giulio Albanese ha usato queste parole per arrivare a definire i poveri e la povertà non in termini morali o pastorali, come siamo abituati a fare, ma per dirla con Gustavo Gutierrez, in termini teologici.

E il suo messaggio arriva dritto al bersaglio: trasformare un dibattito economico e sociologico sulle diseguaglianze in un argomento a favore della teologia.

Padre Albanese era uno dei relatori al Seminario “Chiudiamo la forbice, dalle diseguaglianze al bene comune”, che si è tenuto oggi in Via Aurelia 796, grazie alla collaborazione di Missio, Focsiv e Caritas Italiana.

L’incontro è solo il primo appuntamento di una lunga serie che porterà alla formulazione di una Campagna di sensibilizzazione rivolta agli snodi territoriali, alla base dei movimenti, alle parrocchie, alle diocesi, ai CMD, per costruire tutti assieme una contro-narrazione sul tema delle disuguaglianze.

Alle relazioni di Massimo Pallottino, Andrea Stocchiero, Paolo Beccegato, ha fatto seguito un brainstorming collettivo sui temi della declinazione delle disuguaglianze in chiave di accesso ai servizi, alla politica, all’istruzione, alla produzione e al lavoro, alla pace.

 L’obiettivo è contribuire a chiudere la forbice tra chi possiede le risorse e chi ne subisce la mancanza, sia a livello globale che nazionale.

Andrea Stocchiero di Focsiv ha parlato di «riaffermare una sovranità per riappropriarsi delle leve del comando sulle nostre vite.

Il Papa sottolinea il fatto che i popoli e gli Stati devono tornare ad essere sovrani. In che modo? Servono istituzioni che garantiscano la riduzione delle disuguaglianze. Promuovere l’indipendenza e la sovranità degli Stati rispetto alla globalizzazione escludente per una gestione pubblica delle risorse».