Mentre Papa Francesco arriva a Lima per la seconda tappa del suo viaggio apostolico, i missionari italiani in Perù sono riuniti nella Casa Padre Claret, a Chaclacayo, alla periferia della capitale.

Si tratta del consueto incontro annuale (stavolta dal 15 al 19 gennaio) dei nostri missionari (sia laici che religiosi) inviati in questa parte importante dell’America Latina.

L’intento del raduno è riflettere assieme attorno ad un tema di rilievo nazionale. Stavolta è stato scelto, e non a caso, quello sulla condizione giovanile in Perù: oltre ad un’analisi socio-politica vengono proposti momenti di meditazione e preghiera.

Inoltre i missionari durante il tempo libero si scambiano le reciproche esperienze e confrontano le loro vite missionarie.

Per questo gruppo di laici fidei donum, religiosi e religiose e consacrati la presenza di Francesco in America Latina, proprio nei giorni del loro raduno, ha un importante significato.

«In tutto il Perù c’è grande fermento popolare e molto movimento già da parecchi mesi per la visita di Papa Francesco. In tutte le parrocchie della nostra diocesi è stata fatta l’iscrizione per partecipare all’incontro delle famiglie col Papa a Lima», ha detto al Sir don Roberto Seregni, fidei donum della diocesi di Como, nella diocesi di Carabayllo alla periferia nord della capitale Lima.

Don Seregni è anche referente per la pastorale giovanile della sua vicaria.

All’incontro di Chaclacayo padre Carlos Castillo, ieri, teologo, ha parlato del rapporto tra Chiesa e giovani in Perù. Un binomio importante che è anche una scommessa per il futuro: in Perù la religione cattolica è ancora seguita dal 90% della popolazione, anche se prendono sempre più piede altre Chiese cristiane e quella evangelica in particolare.

Il Perù è quattro volte l’Italia: un milione e 285mila chilometri quadrati di terra, foreste, montagne e fiumi.

Ma è nella capitale che si concentra il grosso della popolazione, sempre più alla ricerca di lavoro, cibo e casa.

Adagiata nella valle scavata dal fiume Rimac, la Lima da otto milioni e mezzo di abitanti si va espandendo sulle colline grigie e opache che la circondano, fatte di baraccopoli e container.

«Moltissime persone emigrano verso Lima dalle Ande, dove non c’è lavoro perché qui in Perù il sistema economico è purtroppo centralizzato», spiegava nell’incontro missionario di qualche anno fa, a Popoli e Missione l’Arcivescovo di Huancayo, monsignor Pedro Barreto Jimeno.

La produzione, l’industria, i servizi, il commercio si concentrano prevalentemente nella grande città.

L’abbandono delle montagne è un fenomeno che porta enormi flussi migratori nella capitale incapace d’accoglierli.

E così nei “non luoghi” della periferia di Lima, tutti terra sbriciolata e polvere rossa, si arrampicano baracche di legno colorate d’azzurro e di verde.

Di recente monsignor Barreto si è espresso a proposito del rapporto tra Stato, miniere e ambiente: «lo Stato dal 1928 ha riscosso le tasse e si è arricchito a spese della vita e della salute della popolazione – ha denunciato il prelato riportato da Asia News – e ancora una volta lo Stato vuole tornare ai suoi vecchi metodi di corruzione, ma in questa occasione va contro la vita della popolazione».