Sono 4 anni qui a Pucallpa, nell’Amazzonia peruviana, dominata dalla laguna di Yarinacocha, La Laugna è certamente l’attrattiva turistica più grande di Yarina… e forse di tutta Pucallpa. Allo sguardo del turista, la Laguna, si presenta (o gli “viene presentata” dalle guide) come qualcosa di “incantato”… con le sue molte leggende e quell’alone di “mistero” che sempre circonda i luoghi in parte ancora “selvaggi”. Secondo la mia esperienza personale, è molto più facile portare degli aiuti “concreti” (viveri, medicine, quaderni, vestiti) che portare il Vangelo!  “Non sono preparato abbastanza”, “non sono all’altezza”,  “ma perché proprio io?” Vi consoli, carissimi amici ed amiche, sapere che, anche a 15.000 km di distanza, le “scuse” sono sempre le stesse! Eppure, nella mia esperienza di prete in Italia, quante “nonnine da sbarco” ho conosciuto che non avevano nessuna “vergona” di dire una buona parola anche sulla fede, con semplicità, con umiltà (quella “vera”!). Forse loro (e le ringrazio per la loro meravigliosa testimonianza nella mia vita!), avevano capito che la fede non va “insegnata” da una cattedra dalla quale bisogna avere non so quale “preparazione” o quale “altezza”  ma, semplicemente, che la fede va “condivisa”!

Forse è questa la “vera” difficoltà: condividere!

Fino a quando si tratta di “portare” qualcosa (fosse anche la “fede”!),abbiamo bisogno di essere “ricchi” (e quindi di essere “ben preparati”, e chissà “quando” uno lo sarà mai!). E’ solo “facendosi come gli altri”, “scendendo il gradino” (come ha fatto Gesù nella sua Incarnazione) che possiamo semplicemente “condividere”! Penso che, nel vivere la stessa fede, tutti siamo nello stesso cammino. É un po’ come quando si cammina insieme in montagna: ognuno ha il suo passo, ma è solo andando con il passo “del gruppo” che si arriva tutti “insieme”. Forse Gesù aveva in mente anche questo quando ha fondato la Chiesa. Forse voleva proprio proporci la sfida del “insieme” e del “condividere”.

É questa la sfida che la nostra parrocchia si trova davanti e, come per voi in Italia, è una sfida difficile. Piena, da un lato, di facili “rese incondizionate” prima addirittura di partire o, dall’altro, di facili “entusiasmi” per alcuni che partono ben animati ma che poi si scontrano con la realtà. Una realtà che, anche qui, è invischiata della stessa indifferenza e dello stesso disinteresse che potete riscontrare anche nelle vostre comunità. La vera “attenuante” che hanno i nostri villaggi della Laguna è che per anni (a volte molti!) sono state visitate da un prete (che, poveretto, faceva quello che poteva!) solo una o due volte l’anno e che quindi, inesorabilmente, si sono affievolite nel cammino della fede (quasi che il cammino della fede sia una questione esclusivamente legata alla presenza di un prete!).

La sfida è stata raccolta seriamente da tre persone. Il primo è un “gringo” (così chiamano tutti gli stranieri bianchi) di nome John (uno statunitense in pensione che vive qui a Pucallpa dopo aver sposato una peruviana) che non si è perso d’animo ed ha fondato un gruppetto di “missionari” con i quali, regolarmente una volta al mese, visita alcune comunità sull’altro lato della Laguna. Gli altri due sono due sposi originari della Sierra, Rubén e Haydée che, regolarmente tutte le domeniche (con il sole o con la pioggia) partono con Sarita, la loro bimba di 4 anni, e visitano una comunità diversa (a turno una volta ogni due mesi arrivano nella stessa comunità). Beh, loro, in questa “missione” ci stanno mettendo l’anima! Non solo nella visita alle comunità, ma anche nella preparazione e formazione degli animatori laici delle singole comunità. Che fatica!  Fino a qui le fatiche… ma insieme quanti segni di speranza! Haydée, Rubén, John e tutti coloro che li accompagnano di volta in volta sono certamente un bel segno per tutti gli altri.

La “solita” vita di missione.

Non vorrei che qualcuno, leggendo un titolo cosí, fosse tentato di pensare al termine “solita” in senso di “pigra monotonia”… la missione “ad gentes” non può permettersi questo “lusso”, tipico delle realtà un po’ più strutturate e attempate. “Solita” fa si riferimento alla “monotonia”… ma una monotonia che, come ho avuto occasione di dire in molti casi, “ti scarnifica”. Ovviamente vale sempre la cara “regola della missione” del “…poi ti abitui!”… ma questa vale per il cibo, per il clima, per le zanzare… Non per la povertà… per “questa” povertà! …A questa non ci può abituare!

Spessissimo in Italia, almeno nelle due volte nelle quali sono rientrato in questi ultimi quattro anni, mi sono sentito ripetere lo “stesso” (questo sí monotono!) ritornello “anche qui in Italia abbiamo tanti poveri… anche qui non funziona la sanità… anche qui non c’è lavoro… anche qui la scuola attraversa tante difficoltà”… Permettetemi (e perdonatemi se vi parlo così): si vede proprio che “non avete visto con i vostri occhi e non avete toccato con le vostre mani”!

Carmen è una dei tanti malati che conosco dal secondo anno della mia presenza qui a Pucallpa. Carmen ha un cancro, brutto davvero… ma ci sta lottando da anni. Si sta “sfinendo” e la vedo sempre più magra e sempre più debole. Non so la sua età… ma sicuramente è un bel po’ più giovane di me. Come in moltissimi casi, il marito l’ha abbandonata con 5 figli. La maggiore, Sayuri, ha 17 anni e “fa da mamma” ai suoi fratelli più piccoli… con ovvie difficoltà di autorità e di autorevolezza. Ho conosciuto Sayuri che aveva 14 anni… e, da prima di allora, sta facendo da mamma ai sui fratelli… “Fare da mamma” è il termine giusto perché Carmen vive la maggior parte del tempo a Lima per le sue cure.

Quando va a Lima, Carmen, viene ospitata da sua mamma che lavora come “domestica” in una casa “signorile”… la “signora” le permette di tenerla a dormire nella sua camera (ovviamente nello stesso letto!), però deve “arrangiarsi” per il cibo, per gli spostamenti fino all’ospedale e per le “cure” che non rientrano dentro del programma medico… Sí, Carmen è “fortunata” perché è riuscita a rientrare in un programma medico che si chiama “Plan Esperanza” (e che si sta per chiudere per mancanza di fondi) che le paga alcuni (ovviamente non tutti!)  viaggi da Pucallpa a Lima e alcune cure mediche nella capitale…

Per le complicanze della sua malattia, Carmen ha una fortissima anemia… ed ha bisogno spesso di trasfusioni di sangue… Solo che qui non c’è mica l’AVIS (forse non vi rendete conto di che Benedizione del Cielo sia avere l’AVIS!)… e, quindi, il sangue, si paga! …400 soles la sacca! Si, ma 400 soles sono la metà di uno stipendio mensile per chi (come la maggioranza) deve vivere con il “sueldo minimo”… E Carmen (e un’infinità come lei!) come fa?

 

Lei, ovviamente, non può lavorare… Sayuri sta finendo la scuola secondaria… i suoi fratellini (tutti più piccoli di lei) fanno qualche lavoretto… La zia che abita accanto a loro fa di tutto per aiutarli… Però anche lei è “da sola” con i suoi figli da tirar grandi… Ma, come potrete facilmente immaginare, non ce la fanno… E Sayuri?

Sayuri, in questi tre anni, ha cambiato un’infinità di “prospettive” nella sua vita: quanto l’ho conosciuta sognava di fare l’università per poter diventare “profesionál” e aiutare in casa… poi un “istituto professionale” che le permettesse arrivare in un paio d’anni a un diploma e trovare lavoro… poi una scuola che in un anno le desse un diploma… ora è arrivata a un “corso” per parrucchiera che in qualche mese le permetta di poter fare da aiutante… e così racimolare uno stipendio da miseria… Ma almeno è “qualcosa”… “meglio di niente”.

Oh, certo… “tanti anche in Italia fanno sacrifici”… Sapete qual è la cosa che più mi rattrista? Vedere una adolescente di 17 anni che guarda al suo futuro solo “in funzione” dell’aiuto che può dare in casa… vedere una ragazza di 17 anni che non ha più “sogni” su di sé… vedere la speranza “spegnersi”… Una volta si sarebbe parlato di “adolescenza rubata”… Chiamatela un po’ come volete… per me, Sayuri, ormai non può permettersi di essere una adolescente… la vita le sta chiedendo altro.  Sto aiutando Carmen e Sayuri come posso… ma di “Carmen e Sayuri” qui ce ne sono tante!

Nel “monotono quotidiano” c’è anche Solange, 18 anni. Solange è la maggiore di tre sorelle… anche se lei è di un altro papà: la cosa non importa, tanto ora la mamma è “da sola”. La mamma fa quello che può per mantenere le tre figlie che stanno studiando. Le tre sorelle sono molto diverse tra di loro, però hanno in comune un sorriso meraviglioso. Sorridono sempre! Mi ha colpito questo, tanto. Solange lavora duramente da anni tutti i sabati e le domeniche come cameriera in un ristorante per turisti, dalla mattina alla notte. Quando c’è qualche festa cerca qualche altro lavoretto vendendo giocattoli per bambini in strada. Il resto del tempo studia duro (perché i sabati e le domeniche lavora). Solange, da anni, non ha il tempo per uscire e divertirsi come probabilmente vorrebbe la sua età. Eppure non l’ho mai vista una volta esternamente triste. Si capisce che soffre tantissimo, eppure sorride sempre. Giovinezza rubata? Non so, ma qui come Solange ce ne sono tanti! Qualcuno leggendo queste righe, starà dicendo: “ma prima non parlavi di speranza?” ”Non ci piace il pessimismo”… Neanche a me piace!, per niente.

Per questo vi racconto che nel “monotono quotidiano” c’è anche Paúl, il nipote di Sarita. Sarita ha 64 anni, anche se ne dimostra più di 80. Da quando ha meno di 40 anni è afflitta da una terribile artrite deformante che la costringe nel suo letto. Bisognerebbe vederla per capire. Paúl ha poco più 20 anni e la chiama spesso “mamma”, anche se, in realtà, è sua nonna. Paúl, da quando lo conosco, vive da solo con sua nonna e la accudisce in tutto. Ovviamente Sarita (come tanti nelle sue condizioni) non beneficia di nessuna “assistenza domiciliare” né di aiuti medici. Quando sta particolarmente male, la caricano su di un motokar e la portano al pronto soccorso dell’Ospedale Amazzonico, dove le danno qualche calmante e la rispediscono a casa con una ricetta di farmaci che deve comprare tutti a sue spese non essendo farmaci necessari alla sopravvivenza (in quel caso dovrebbe passarli il servizio medico sociale dello stato… che, di fatto non passa quasi nulla). Circa un anno fa, Paúl (e lo si capisce) non ce la faceva piú… cosí ha lasciato che spostassero sua nonna da una zia, in una situazione un po’ più confortevole (cioè con il materasso nuovo che gli abbiamo comprato come parrocchia). Quando Sarita è in “emergenza economica” (cioè molto spesso) si fa aiutare dai vicini che organizzano delle attività per raccogliere fondi con una “parillada”: si cucina pollo, con riso, patate e yuca e si vendono le porzioni (con un ricavato netto di meno un euro ogni porzione!).

Ieri è venuto Paúl per chiedermi di collaborare con un’attività e, alla domanda, “dov’è adesso tua nonna che è un po’ che non la vado a trovare?”… mi risponde con un sorriso “la mia mamita è tornata con me. Vedi, padre, là non la seguivano bene… sta meglio con me” …Alla fine ha vinto l’amore!

Dovreste vederlo Paúl. É un ragazzottone di un metro e ottanta (non proprio il “peruano tipico”…) che si spella le mani lavorando in turni di più di 10 ore al giorno per la sua “mamita” e che, appena finisce il lavoro, torna a casa (anche qui, dovreste vederla!) per aiutare Sarita in tutto: le prepara da mangiare, la lava, la riordina e passa del tempo a parlare con lei… Poi, il giorno dopo (e non ci sono molti festivi), si riparte.  La speranza penso sia qui… e penso (e lo spero con tutto il cuore!) che, qui, anche di Paúl ce ne siano tanti!

Potrei e vorrei continuare ancora a raccontarvi tante cose…  Come gli scorsi anni, vi ripeto che sono felicissimo di essere qui! E ringrazio davvero di cuore il Signore che mi ha chiamato a questo ministero e i miei superiori che mi hanno inviato qui a Pucallpa!

 

don Silvio Andrian

fidei donum di Milano