Sono diciassette anni che il 18 dicembre si celebra la Giornata internazionale per i diritti dei migranti.

Ad istituirla nel 2000 è l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite per ricordare la Convenzione Onu sulla protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e delle loro famiglie.

Oggi questa ricorrenza appare importante più che mai: per i migranti economici – che già sono integrati e vivono nelle nostre città da tempo – ma anche e soprattutto per i tanti che tentano di migrare spinti da impellenti necessità e dall’urgenza di salvare la vita.

A proposito dei migranti il Segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha detto di recente in un suo messaggio: «Riconosciamo il loro contributo e celebriamo la vitalità dei 258 milioni di migranti al mondo. L’evidenza mostra ovunque che essi portano benefici economici, sociali e culturali per le società di tutto il globo».

Non a caso papa Francesco dedica proprio a migranti e rifugiati il suo messaggio per la Giornata mondiale della Pace.

«Abbracciamo tutti coloro che fuggono dalla guerra e dalla fame o che sono costretti a lasciare le loro terre a causa di discriminazioni, persecuzioni, povertà e degrado ambientale», scrive Francesco, sapendo che «aprire i nostri cuori alla sofferenza altrui non basta».

Sempre più frequente è infatti l’impegno dei nostri missionari sul fronte delle migrazioni, che pur non abbandonando affatto la missio ad gentes, sono però presenti anche in Italia, impegnati nell’accoglienza e nel servizio a chi arriva qui da noi.

Crescono in maniera esponenziale le iniziative sul territorio che hanno come slogan la ‘missione in casa’.

In particolare vogliamo ricordare il servizio dei comboniani al porto di Palermo, dove non solo accolgono e fanno assistenza nella prima emergenza, ma diventano anche testimoni di violazioni e costituiscono un ponte per passaggio legale dei profughi verso una migrazione sicura e all’interno delle regole del Diritto Internazionale.

«Le associazioni più accreditate, tra queste la Caritas di cui facciamo parte, hanno accesso al porto durante gli sbarchi – raccontano i missionari comboninai – L’obiettivo concreto è quello di distribuire un kit di biancheria, scarpe, un panino, una mela e una bottiglia d’acqua».

Immaginiamo allora la gioia d’essere salvi. E l’incredulità di questo epilogo. E nel contempo immaginiamo la paura di non sapere che cosa succederà domani e il dolore che prende consistenza e si risveglia, una volta messa in salvo la propria pelle.

«La nostra presenza non è solo un supporto materiale – spiega il comboniano padre Domenico Guarino – il nostro obiettivo è anche quello di stabilire un contatto umano, di raccogliere informazioni e operare un costante monitoraggio sul trattamento riservato alle persone in arrivo, già provate da esperienze indicibili e del tutto ignare di quanto li aspetta in Italia e in altri luoghi nel caso proseguano il viaggio».

Da tempo i comboniani interloquiscono con le istituzioni per realizzare un’accoglienza degna nel rispetto dei diritti.

Sempre a Palermo, nel quartiere Ballarò, invece, c’è Arte migrante, una rete nazionale che mira a promuovere l’inclusione sociale attraverso la cultura.

A Roma, tra i progetti migliori mirati a chi giunge in Italia dopo anni di peripezie, c’è la Casa Scalabrini 634 che accoglie i rifugiati, sia famiglie che singoli, in uscita dalle strutture di accoglienza per un periodo massimo di un anno.

«Stiamo cercando di creare un luogo di condivisione con la comunità, aperto a tutti – sottolinea Maria Occhiuto, responsabile della comunicazione -. Stiamo lavorando sodo per essere considerati una presenza positiva per i quartiere».

Questo progetto in particolare è stato segnalato tra i migliori progetti di community building, mappati nella ricerca I get you realizzata in 9 paesi europei nell’ambito del progetto Best.

Capofila del progetto è il Jesuiti refugee service Europa e i partner sono associazione Centro Astalli (Jrs Italia), Jrs Belgio, Jrs Germania, Jrs Francia, Sj Spagna, Jrs Malta, Sj Polonia, Jrs Portogallo e Jrs Romani.

Il centro Astalli proprio oggi ha presentato alla stampa l’ampliamento della mensa che dà da mangiare ogni giorno a 300 richiedenti asilo e rifugiati.

Nel 2016 20mila richiedenti asilo e rifugiati hanno usufruito dei servizi offerti in via degli Astalli 14A: mensa, docce, ambulatorio, orientamento socio-legale.
 
La mensa del Centro Astalli è storicamente il cuore dell’associazione. Per molti rifugiati è il primo approdo una volta giunti a Roma.

La mensa rappresenta un punto di riferimento sia per i migranti forzati da poco arrivati in città e che sono alla ricerca di assistenza e orientamento, sia per coloro che vivono in Italia da anni ma non riescono a intraprendere un vero percorso verso l’autonomia.

Sono ancora molti coloro che continuano a rimanere a forte rischio di esclusione sociale e cercano in un servizio di bassa soglia una risposta immediata a bisogni che vanno ben oltre la necessità primaria del mangiare.