ESORTAZIONE APOSTOLICA POST-SINODALE

 


ECCLESIA IN AMERICA

 

 

DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II AI VESCOVI, AI PRESBITERI E AI DIACONI,
AI CONSACRATI ED ALLE CONSACRATE ED A TUTTI I FEDELI LAICI
SULL’INCONTRO CON GESÙ CRISTO VIVO VIA PER LA CONVERSIONE,
LA COMUNIONE E LA SOLIDARIETÀ IN AMERICA

 

 

INTRODUZIONE

 

1. La Chiesa in America, piena di gioia per la fede ricevuta e riconoscente a Cristo per questo immenso dono, ha da poco celebrato il quinto centenario dell’inizio della predicazione del Vangelo sul proprio territorio. Questa commemorazione ha reso tutti i cattolici americani più coscienti del desiderio di Cristo di incontrare gli abitanti del cosiddetto Nuovo Mondo per incorporarli alla sua Chiesa e così rendersi presente nella storia del Continente. L’evangelizzazione dell’America non è soltanto un dono del Signore; è anche sorgente di nuove responsabilità. Grazie all’azione di quanti hanno evangelizzato in lungo e in largo il Continente, sono nati dalla Chiesa e dallo Spirito innumerevoli figli.(1) Nei loro cuori, nel passato come nel presente, continuano a risuonare le parole dell’Apostolo: « Non è infatti per me un vanto predicare il Vangelo; per me è un dovere: guai a me se non predicassi il Vangelo! » (1 Cor 9, 16). Tale dovere si fonda sul mandato conferito dal Signore risorto agli Apostoli prima della sua Ascensione al cielo: « Predicate il Vangelo ad ogni creatura » (Mc 16, 15).

 

Questo mandato riguarda tutta la Chiesa, e la Chiesa che è in America, in questo particolare momento della sua storia, è chiamata ad accoglierlo e a rispondere con amorosa generosità al fondamentale compito dell’evangelizzazione. Lo sottolineava a Bogotá il mio predecessore Paolo VI, il primo Papa a visitare l’America: « Competerà a noi, [Signore Gesù], in quanto tuoi rappresentanti e amministratori dei tuoi divini misteri (cfr 1 Cor 4, 1; 1 Pt4, 10), diffondere i tesori della tua parola, della tua grazia, dei tuoi esempi tra gli uomini ».(2) Il dovere della evangelizzazione costituisce, per il discepolo di Cristo, una urgenza di carità: « L’amore del Cristo ci spinge » (2 Cor 5, 14), afferma l’Apostolo Paolo, ricordando quanto il Figlio di Dio ha fatto per noi nel suo sacrificio redentore: « Uno è morto per tutti […], perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risuscitato per loro » (2 Cor 5, 14-15).

 

La commemorazione di ricorrenze particolarmente evocatrici dell’amore di Cristo per noi suscita nell’animo, insieme con la riconoscenza, il bisogno di « annunciare le meraviglie di Dio », il bisogno cioè di evangelizzare. Così, il ricordo della recente celebrazione dei cinquecento anni dell’arrivo del messaggio evangelico in America, cioè, del momento in cui Cristo chiamò l’America alla fede, e il prossimo Giubileo nel quale la Chiesa celebrerà i 2000 anni dell’incarnazione del Figlio di Dio, sono occasioni privilegiate nelle quali, in modo spontaneo, sale con più forza dal cuore l’espressione della nostra gratitudine al Signore. Consapevole della grandezza dei doni ricevuti, la Chiesa pellegrina in America desidera rendere partecipe della ricchezza della fede e della comunione in Cristo tutta la società e ciascuno degli uomini e delle donne che abitano in terra americana.

 

L’idea di celebrare questa Assemblea sinodale

 

2. Proprio nel giorno stesso nel quale si compivano i cinquecento anni dell’inizio della evangelizzazione dell’America, il 12 ottobre 1992, desiderando aprire nuovi orizzonti e dare rinnovato impulso all’evangelizzazione, nell’allocuzione con la quale aprii i lavori della IV Conferenza generale dell’Episcopato Latino-americano a Santo Domingo, feci la proposta di un incontro sinodale « con lo scopo di incrementare la cooperazione tra le diverse Chiese particolari » per affrontare insieme, all’interno del compito della nuova evangelizzazione e come espressione di comunione episcopale, « i problemi relativi alla giustizia ed alla solidarietà tra tutte le Nazioni dell’America ».(3) L’accoglienza positiva con cui gli Episcopati dell’America corrisposero a questa mia indicazione mi permise di annunciare nella Lettera apostolica Tertio millennio adveniente il proposito di convocare un’assemblea sinodale « sulle problematiche della nuova evangelizzazione in due parti dello stesso Continente tanto diverse tra loro per origine e storia, e sulle tematiche della giustizia e dei rapporti economici internazionali, tenendo conto dell’enorme divario tra il Nord e il Sud ».(4) Fu allora possibile iniziare i lavori preparatori propriamente detti, per giungere finalmente alla celebrazione della Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi per l’America, svoltasi in Vaticano dal 16 novembre al 12 dicembre del 1997.

 

Il tema dell’Assemblea

 

3. In coerenza con l’idea iniziale, e dopo aver ascoltato i suggerimenti del Consiglio pre-sinodale, viva espressione del sentire di molti Pastori del Popolo di Dio nel Continente americano, enunciai il tema dell’Assemblea Speciale del Sinodo per l’America con le parole seguenti: « Incontro con Gesù Cristo vivo, via per la conversione, la comunione e la solidarietà in America ». Il tema così formulato manifesta chiaramente la centralità della persona di Gesù Cristo risorto, presente nella vita della Chiesa, che invita alla conversione, alla comunione e alla solidarietà. Il punto di partenza di tale programma di evangelizzazione è certamente l’incontro con il Signore. Lo Spirito Santo, dono di Cristo nel mistero pasquale, ci guida verso le mete pastorali che la Chiesa in America deve raggiungere nel terzo millennio cristiano.

 

La celebrazione dell’Assemblea come esperienza di incontro

 

4. L’esperienza vissuta durante l’Assemblea ebbe, senza dubbio, il carattere di un incontro con il Signore. Ricordo con piacere, in modo particolare, le due concelebrazioni solenni che io stesso ho presieduto nella Basilica di San Pietro per l’inaugurazione e per la chiusura dei lavori dell’Assemblea. Il contatto con il Signore Risorto veramente, realmente e sostanzialmente presente nella Eucaristia, costituì l’atmosfera spirituale che permise a tutti i Vescovi dell’Assemblea sinodale di riconoscersi, non solo come fratelli nel Signore, ma anche come membri del Collegio episcopale, desiderosi di seguire, sotto la presidenza del Successore di Pietro, le orme del Buon Pastore, servendo la Chiesa, pellegrina in tutte le regioni del Continente. Fu evidente a tutti la gioia dei partecipanti all’Assemblea, che scoprivano in essa un’occasione eccezionale di incontro con il Signore, con il Vicario di Cristo, con tanti Vescovi, sacerdoti, consacrati e laici venuti da tutte le parti del Continente.

 

Senza dubbio, alcuni fattori precedenti contribuirono, in modo mediato ma efficace, ad assicurare questo clima di incontro fraterno nell’Assemblea sinodale. In primo luogo, occorre segnalare le esperienze di comunione vissute precedentemente nelle Assemblee generali dell’Episcopato Latino-americano in Rio de Janeiro (1955), Medellin (1968), Puebla (1979) e Santo Domingo (1992). In esse i Pastori della Chiesa che è in America Latina avevano avuto modo di riflettere insieme come fratelli sulle questioni pastorali più urgenti in quella regione del Continente. A tali Assemblee occorre aggiungere le periodiche riunioni interamericane di Vescovi, nelle quali i partecipanti hanno la possibilità di aprirsi all’orizzonte dell’intero Continente, dialogando circa i problemi e le sfide comuni che riguardano la Chiesa nei Paesi americani.

 

Contribuire all’unità del Continente

 

5. Nella prima proposta che feci a Santo Domingo, circa la possibilità di celebrare un’Assemblea Speciale del Sinodo, segnalai che « la Chiesa, ormai alle soglie del terzo millennio cristiano ed in un’epoca in cui sono cadute molte barriere e frontiere ideologiche, avverte come un dovere ineludibile l’unire spiritualmente in modo ancor maggiore tutti i popoli che formano questo grande Continente e, allo stesso tempo, partendo dalla missione religiosa che le è propria, il promuovere uno spirito di solidarietà fra di essi ».(5) Gli elementi comuni a tutti i popoli dell’America, tra i quali risalta una medesima identità cristiana come pure un’autentica ricerca del consolidamento dei legami di solidarietà e di comunione tra le diverse espressioni del ricco patrimonio culturale del Continente, sono il motivo decisivo per il quale ho chiesto che l’Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi dedicasse le sue riflessioni all’America come ad una realtà unica. La scelta di usare la parola al singolare voleva esprimere non solo l’unità sotto certi aspetti già esistente, ma anche quel vincolo più stretto al quale i popoli del Continente aspirano e che la Chiesa desidera favorire, nell’ambito della propria missione, volta a promuovere la comunione di tutti nel Signore.

 

Nel contesto della nuova evangelizzazione

 

6. Nella prospettiva del Grande Giubileo dell’anno 2000, ho voluto che si tenesse un’Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi per ciascuno dei cinque Continenti: dopo quelle dedicate all’Africa (1994), all’America (1997), all’Asia (1998) e, molto recentemente, all’Oceania (1998), in questo anno 1999 con l’aiuto del Signore sarà celebrata una nuova Assemblea Speciale per l’Europa. In tal modo, durante l’anno giubilare, sarà possibile un’Assemblea Generale Ordinaria che sintetizzi e tragga le conclusioni dei preziosi materiali che le diverse Assemblee continentali sono andate elaborando. Ciò sarà facilitato dal fatto che in tutti questi Sinodi si sono avute preoccupazioni simili e centri di interesse comuni. In tal senso, riferendomi a questa serie di Assemblee sinodali, ho segnalato come in tutte « il tema di fondo è l’evangelizzazione, meglio, quello della nuova evangelizzazione, le cui basi furono gettate dall’Esortazione apostolica Evangelii nuntiandi di Paolo VI ».(6) Perciò, tanto nella mia prima indicazione sulla celebrazione di questa Assemblea Speciale del Sinodo come più tardi nell’annuncio esplicito della medesima, dopo che tutti gli Episcopati dell’America avevano fatto propria l’idea, indicai che le sue deliberazioni dovevano muoversi « nell’ambito della nuova evangelizzazione »,(7) affrontando i problemi in essa emergenti.(8)

 

Questa preoccupazione era tanto più ovvia, in quanto io stesso avevo formulato il primo programma di una nuova evangelizzazione in terra americana. In effetti, quando la Chiesa in tutta l’America si preparava per ricordare i cinquecento anni dell’inizio della prima evangelizzazione del Continente, parlando al Consiglio Episcopale Latino-americano in Port-au-Prince (Haiti), affermai: « La commemorazione del mezzo millennio di evangelizzazione avrà il suo pieno significato se costituirà un impegno vostro come Vescovi, insieme con il vostro presbiterio ed i fedeli, impegno non certo di rievangelizzazione, bensì di una nuova evangelizzazione. Nuova nell’ardore, nei metodi e nelle espressioni ».(9) Successivamente invitai tutta la Chiesa a portare a compimento tale esortazione, benché il programma di evangelizzazione, estendendosi alla grande diversità che presenta oggi il mondo intero, deve diversificarsi alla luce innanzitutto di due situazioni chiaramente differenti: quella dei Paesi fortemente toccati dal secolarismo e quella degli altri dove « si conservano tuttora molto vive tradizioni di pietà e di religiosità popolare cristiana ».(10) Si tratta senza dubbio di due situazioni presenti, in grado diverso, in differenti Paesi o, forse meglio, in diversi ambienti concreti all’interno degli stessi Paesi del Continente americano.

 

Con la presenza e l’aiuto del Signore

 

7. Il mandato di evangelizzare, che il Signore risorto ha lasciato alla sua Chiesa, è accompagnato dalla certezza, fondata sulla sua promessa, che Egli continua ad essere vivo ed operante tra noi: « Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo » (Mt 28, 20). Questa misteriosa presenza di Cristo nella sua Chiesa è per essa garanzia di riuscita nella realizzazione del compito affidatole. Nel medesimo tempo, tale presenza rende possibile il nostro incontro con Lui, come Figlio inviato dal Padre, come Signore della Vita che ci comunica il suo Spirito. Un incontro rinnovato con Gesù Cristo renderà tutti i membri della Chiesa in America consapevoli del fatto che sono chiamati a continuare la missione del Redentore nelle loro terre.

 

L’incontro personale con il Signore, se è autentico, porterà con sé anche il rinnovamento ecclesiale: le Chiese particolari del Continente, come Chiese sorelle e tra loro vicine, accresceranno i vincoli di cooperazione e di solidarietà per prolungare e rendere più incisiva l’opera salvatrice di Cristo nella storia dell’America. In atteggiamento di apertura all’unità, frutto di un’autentica comunione con il Signore risorto, le Chiese particolari, ed in esse i singoli membri, scopriranno, attraverso la propria esperienza spirituale, che l’« incontro con Gesù Cristo vivo » è « via di conversione, di comunione e di solidarietà ». E, nella misura in cui queste mete saranno raggiunte, si renderà possibile una dedizione sempre maggiore alla nuova evangelizzazione dell’America.

 

CAPITOLO I

 

L’INCONTRO
CON GESÙ CRISTO VIVO

 

« Abbiamo trovato il Messia » (Gv 1, 41)

 

Gli incontri con il Signore nel Nuovo Testamento

 

8. I Vangeli riferiscono numerosi incontri di Gesù con uomini e donne del suo tempo. Una caratteristica, comune a tutti questi racconti, è la forza trasformante che racchiudono e manifestano gli incontri con Gesù, poiché « aprono un autentico processo di conversione, comunione e solidarietà ».(11) Tra i più significativi vi è quello con la samaritana (cfr Gv 4, 5-42). Gesù la chiama per saziare la sua sete, che non era soltanto materiale: in realtà, « colui che chiedeva da bere, aveva sete della fede della donna stessa ».(12) Dicendole « Dammi da bere » (Gv 4, 7) e parlandole di acqua viva, il Signore suscita nella samaritana una domanda, quasi una preghiera, il cui obiettivo vero supera ciò che essa in quel momento è in grado di comprendere: « Signore… dammi di quest’acqua perché non abbia più sete » (Gv 4, 15). La samaritana, anche se « ancora non capisce »,(13) sta in realtà chiedendo l’acqua viva di cui le parla il suo divino Interlocutore. Quando Gesù le rivela la propria messianicità (cfr Gv 4, 26), la samaritana si sente spinta ad annunciare ai suoi concittadini la scoperta del Messia (cfr Gv 4, 28-30). Allo stesso modo, quando Gesù incontra Zaccheo (cfr Lc 19, 1-10), il frutto più prezioso è la conversione del pubblicano, che diventa consapevole delle ingiustizie commesse e decide di restituire in abbondanza — « il quadruplo » —, a chi aveva defraudato. Assume, inoltre, un atteggiamento di distacco dai beni materiali e di carità verso i bisognosi, che lo porta a dare ai poveri la metà dei suoi averi.

 

Una menzione speciale meritano gli incontri con Cristo risorto, narrati nel Nuovo Testamento. Grazie al suo incontro col Risorto, Maria Maddalena supera lo scoraggiamento e la tristezza causati dalla morte del Maestro (cfr Gv 20, 11-18). Nella sua nuova dimensione pasquale, Gesù la invia ad annunciare ai discepoli che Egli è risorto: « Va’ dai miei fratelli » (Gv 20, 17). Per tale motivo, Maria Maddalena ha potuto essere chiamata « l’apostola degli apostoli ».(14) Da parte loro, i discepoli di Emmaus, dopo aver incontrato e riconosciuto il Signore risorto, tornano a Gerusalemme per raccontare agli apostoli e agli altri discepoli quanto era loro accaduto (cfr Lc 24, 13-35). Gesù « cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui » (Lc 24, 27). Essi riconosceranno più tardi che il loro cuore ardeva mentre il Signore conversava con loro lungo il cammino spiegando le Scritture (cfr Lc 24, 32). Non vi è dubbio che san Luca, nel narrare questo episodio, e specialmente il momento decisivo nel quale i due discepoli riconoscono Gesù, fa allusione esplicita ai racconti della istituzione dell’Eucaristia, cioè al comportamento di Gesù nell’Ultima Cena (cfr Lc 24, 30). L’evangelista, per riferire ciò che i discepoli di Emmaus raccontano agli Undici, utilizza un’espressione, che nella Chiesa nascente possedeva un significato eucaristico preciso: « L’avevano riconosciuto nello spezzare il pane » (Lc 24, 35).

 

Fra gli incontri con il Signore risorto, uno di quelli che hanno avuto un influsso decisivo nella storia del cristianesimo è senza dubbio la conversione di Saulo, il futuro Paolo apostolo delle genti, sulla via di Damasco. E lì che è avvenuto il cambiamento radicale della sua esistenza, da persecutore ad apostolo (cfr At 9, 3-30; 22, 6-11; 26, 12-18). Lo stesso Paolo parla di questa straordinaria esperienza come di una rivelazione del Figlio di Dio « perché lo annunziassi in mezzo ai pagani » (Gal 1, 16).

 

L’invito del Signore rispetta sempre la libertà dei chiamati. Ci sono casi in cui l’uomo, incontrando Gesù, si chiude al cambiamento di vita al quale Egli lo invita. I casi di persone contemporanee di Gesù che lo videro e lo udirono e tuttavia non si aprirono alla sua parola, sono numerosi. Il Vangelo di san Giovanni indica nel peccato la causa che impedisce all’essere umano di aprirsi alla luce che è Cristo: « La luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie » (Gv 3, 19). I testi evangelici insegnano che l’attaccamento alla ricchezza costituisce un ostacolo all’accoglienza della chiamata ad una sequela piena e generosa di Gesù. Tipico, al riguardo, è il caso del giovane ricco (cfr Mt 19, 16-22; Mc 10, 17-22; Lc 18, 18-23).

 

Incontri personali e incontri comunitari

 

9. Alcuni incontri con Gesù, riferiti dai Vangeli, sono chiaramente personali come, ad esempio, le chiamate vocazionali (cfr Mt 4, 19; 9, 9; Mc 10, 21; Lc 9, 59). In essi, Gesù tratta con intimità i suoi interlocutori: « Rabbi (che significa Maestro) dove abiti? » […] « Venite e vedrete » (Gv 1, 38-39). Altre volte, invece, gli incontri acquistano un carattere comunitario. Tali sono, in particolare, quelli con gli Apostoli, che hanno fondamentale importanza per la costituzione della Chiesa. In effetti, gli Apostoli, scelti da Gesù in una cerchia più ampia di discepoli (cfr Mc 3, 13-19; Lc 6, 12-16), sono oggetto di speciale formazione e di una più intima comunicazione. Alle folle Gesù parla in parabole, che però spiega ai Dodici: « Perché a voi è dato di conoscere i misteri del Regno dei cieli, ma a loro non è dato » (Mt 13, 11). Essi sono chiamati ad essere gli annunciatori della Buona Novella ed a svolgere una speciale missione per costruire la Chiesa con la grazia dei Sacramenti. A tale fine, essi ricevono la potestà necessaria: Gesù conferisce loro il potere di perdonare i peccati, richiamandosi alla pienezza dello stesso potere che il Padre gli ha dato in cielo ed in terra (cfr Mt 28, 18). Essi saranno i primi a ricevere il dono dello Spirito Santo (cfr At 2, 1-4), dono in seguito dispensato a quanti, in virtù dei Sacramenti di iniziazione, saranno incorporati nella Comunità cristiana (cfr At 2, 38).

 

L’incontro con Cristo nel tempo della Chiesa

 

10. La Chiesa costituisce il luogo nel quale gli uomini, incontrando Gesù, possono scoprire l’amore del Padre: chi, infatti, ha visto Gesù, ha visto il Padre (cfr Gv 14, 9). Dopo la sua ascensione al cielo, Gesù agisce mediante l’intervento potente dello Spirito Paraclito (cfr Gv 16, 7), che trasforma i credenti dando loro la vita nuova. E così che essi diventano capaci di amare con l’amore stesso di Dio, che « è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato » (Rm 5, 5). La grazia divina abilita inoltre i cristiani a farsi operatori della trasformazione del mondo, per instaurare in esso una nuova civiltà che il mio predecessore Paolo VI opportunamente chiamò « la civiltà dell’amore ».(15)

 

In effetti, « il Verbo di Dio, assumendo in tutto la natura umana escluso il peccato (cfr Eb 4, 15), manifesta il piano del Padre di rivelare alla persona umana il modo di giungere alla pienezza della propria vocazione […]. Così Gesù non solo riconcilia l’uomo con Dio, ma lo riconcilia anche con se stesso, rivelandogli la propria natura ».(16) Con queste parole i Padri sinodali, sulla scorta del Concilio Vaticano II, hanno ribadito che Gesù è la via da seguire per giungere alla piena realizzazione personale, culminante nell’incontro definitivo ed eterno con Dio. « Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me » (Gv 14, 6). Dio ci « ha predestinati ad essere conformi all’immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli » (Rm 8, 29). Gesù Cristo è, dunque, la risposta definitiva alla domanda sul senso della vita, agli interrogativi fondamentali che assillano anche oggi tanti uomini e donne del Continente americano.

 

Per mezzo di Maria incontriamo Gesù

 

11. Alla nascita di Gesù, dall’Oriente i magi giunsero a Betlemme e « videro il Bambino con Maria sua Madre » (Mt 2, 11). All’inizio della vita pubblica, alle nozze di Cana, quando il Figlio di Dio realizza il primo dei segni, suscitando la fede dei discepoli (cfr Gv 2, 11), è Maria che interviene ed orienta i servi verso suo Figlio con queste parole: « Fate quello che vi dirà » (Gv 2, 5). Al riguardo, ho scritto in un’altra occasione: « La Madre di Cristo si presenta davanti agli uomini come portavoce della volontà del Figlio, indicatrice di quelle esigenze che devono essere soddisfatte affinché la potenza salvifica del Messia possa manifestarsi ».(17) Per tale ragione, Maria è via sicura all’incontro con Cristo. La pietà verso la Madre del Signore, quando è autentica, spinge sempre ad orientare la propria vita secondo lo spirito ed i valori del Vangelo.

 

E come non porre in luce il ruolo che la Vergine riveste nei confronti della Chiesa pellegrina in America, in cammino verso l’incontro con il Signore? In effetti, la Santissima Vergine « in modo speciale è legata alla nascita della Chiesa nella storia […] dei popoli dell’America, che attraverso Maria giunsero ad incontrare il Signore ».(18)

 

In ogni parte del Continente, la presenza della Madre di Dio è stata molto intensa sin dai giorni della prima evangelizzazione, grazie alle fatiche dei missionari. Nella loro predicazione, « il Vangelo è stato annunciato presentando la Vergine Maria come la sua realizzazione più alta. Sin dalle origini — nella sua invocazione sotto il titolo di Nostra Signora di Guadalupe — Maria costituì un grande segno, dal volto materno e misericordioso, della vicinanza del Padre e di Cristo con i quali ci invita ad entrare in comunione ».(19)

 

L’apparizione di Maria all’indio Juan Diego sulla collina di Tepeyac, nel 1531, ebbe una ripercussione decisiva per l’evangelizzazione.(20) Questo influsso supera di molto i confini della nazione messicana, raggiungendo l’intero Continente. E l’America, che storicamente è stata ed è crogiolo di popoli, ha riconosciuto nel volto meticcio della Vergine di Tepeyac, « in Santa Maria di Guadalupe, un grande esempio di evangelizzazione perfettamente inculturata ».(21) Per questo, non solo nel Centro e nel Sud, ma anche nel Nord del Continente, la Vergine di Guadalupe è venerata come Regina di tutta l’America.(22)

 

Sempre più nel tempo è andata crescendo nei Pastori e nei fedeli la consapevolezza del ruolo svolto dalla Vergine nell’evangelizzazione del Continente. Nella preghiera composta per l’Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi per l’America, Maria Santissima di Guadalupe è invocata come « Patrona di tutta l’America e Stella della prima e della nuova evangelizzazione ». In questa prospettiva, accolgo con gioia la proposta dei Padri sinodali che il giorno 12 dicembre si celebri nell’intero Continente la festa di Nostra Signora di Guadalupe, Madre ed Evangelizzatrice dell’America.(23) Coltivo nel mio cuore la ferma speranza che Ella, alla cui intercessione si deve il fortificarsi della fede nei primi discepoli (cfr Gv 2, 11), guidi con la sua materna intercessione la Chiesa in questo Continente, ottenendole l’effusione dello Spirito Santo come già sulla Chiesa nascente (cfr At 1, 14), affinché la nuova evangelizzazione produca una splendida fioritura di vita cristiana.

 

Luoghi di incontro con Cristo

 

12. Facendo affidamento sull’aiuto di Maria, la Chiesa in America desidera condurre gli uomini e le donne del Continente all’incontro con Cristo, punto di partenza per un’autentica conversione e per una rinnovata comunione e solidarietà. Tale incontro contribuirà efficacemente a rinsaldare la fede di molti cattolici, favorendone la maturazione in fede convinta, viva ed operante.

 

Perché la ricerca di Cristo presente nella sua Chiesa non si riduca a qualcosa di meramente astratto, è necessario mostrare i luoghi ed i momenti concreti nei quali, all’interno della Chiesa, è possibile incontrarlo. La riflessione dei Padri sinodali al riguardo è stata ricca di suggerimenti e di osservazioni.

 

Essi hanno indicato, innanzitutto, « la Sacra Scrittura letta alla luce della Tradizione, dei Padri e del Magistero, approfondita attraverso la meditazione e la orazione ».(24) Si è raccomandato di promuovere la conoscenza dei Vangeli, nei quali è proclamato, con parole facilmente accessibili a tutti, il modo in cui Gesù visse tra gli uomini. La lettura di questi testi sacri, quando ci si pone in ascolto con la stessa attenzione con cui le folle ascoltavano Gesù sul pendio del monte delle Beatitudini, o sulla sponda del lago di Tiberiade mentre predicava dalla barca, produce autentici frutti di conversione del cuore.

 

Un secondo luogo d’incontro con Gesù è la sacra Liturgia.(25) Al Concilio Vaticano II dobbiamo una ricchissima esposizione della molteplice presenza di Cristo nella Liturgia, la cui importanza deve indurre a farne oggetto di predicazione costante: Cristo è presente nel celebrante che rinnova sull’altare lo stesso ed unico Sacrificio della Croce; è presente nei Sacramenti nei quali esercita la sua forza efficace. Quando viene proclamata la sua parola, è Lui stesso che ci parla. Egli è presente, inoltre, nella comunità in virtù della promessa: « Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro » (Mt 18, 20). Presente è egli « soprattutto sotto le specie eucaristiche ».(26) Il mio predecessore Paolo VI ritenne necessario spiegare la singolarità della presenza reale di Cristo nella Eucaristia, che « è chiamata “reale” non per esclusione, come se le altre presenze non fossero “reali”, ma per antonomasia, perché è sostanziale ».(27) Sotto le specie del pane e del vino, « Cristo tutto intero è presente nella sua “realtà fisica” anche corporalmente ».(28)

 

La Scrittura e l’Eucaristia, quali luoghi di incontro con Cristo, sono richiamati dal racconto dell’apparizione del Risorto ai discepoli di Emmaus. Ma il testo del Vangelo sul giudizio finale (cfr Mt 25, 31-46), in cui viene detto che saremo giudicati sull’amore verso i bisognosi, nei quali misteriosamente è presente il Signore Gesù, indica che non bisogna trascurare un terzo luogo di incontro con Cristo: « le persone, specialmente i poveri, con i quali Cristo si identifica ».(29) Alla chiusura del Concilio Vaticano II, il Papa Paolo VI ricordava che « nel volto d’ogni uomo, specialmente se reso trasparente dalle sue lacrime e dai suoi dolori, possiamo e dobbiamo ravvisare il volto di Cristo (cfr Mt 25, 40), il Figlio dell’uomo ».(30)

 

CAPITOLO II

 

L’INCONTRO CON GESÙ CRISTO
NELL’OGGI DELL’AMERICA

 

« A chiunque fu dato molto,
molto sarà chiesto »
(Lc 12, 48)

 

La situazione degli uomini e delle donne d’America e il loro incontro con il Signore

 

13. Nei Vangeli vengono narrati gli incontri con Cristo di persone in situazioni molto diverse. A volte si tratta di situazioni di peccato, che lasciano trasparire il bisogno della conversione e del perdono del Signore. In altre circostanze emergono atteggiamenti positivi di ricerca della verità, di autentica fiducia in Gesù, che favoriscono lo stabilirsi di una relazione di amicizia con Lui e stimolano il desiderio di imitarlo. Né possono essere dimenticati i doni con i quali il Signore prepara alcuni ad un incontro successivo. Così Dio, rendendo Maria « piena di grazia » (Lc 1, 28) sin dal primo momento, la preparò in vista della realizzazione in lei del suo più alto incontro con la natura umana: il mistero ineffabile dell’Incarnazione.

 

Poiché i peccati come le virtù sociali non esistono in astratto, ma sono il risultato di atti personali,(31) è necessario tener presente che l’America è oggi una realtà complessa, frutto delle tendenze e dei modi di procedere degli uomini e delle donne che la abitano. E in questa situazione reale e concreta che essi devono incontrarsi con Gesù.

 

L’identità cristiana dell’America

 

14. Il dono più grande che l’America ha ricevuto dal Signore è la fede, che ne ha forgiato l’identità cristiana. Sono già più di cinquecento anni che il nome di Cristo è stato annunciato nel Continente. Frutto dell’evangelizzazione che ha accompagnato i movimenti migratori dall’Europa è la fisionomia religiosa americana, segnata dai valori morali che, anche se non sempre vissuti coerentemente e in alcune occasioni messi in discussione, possono considerarsi in un certo modo patrimonio di tutti gli abitanti dell’America, anche di coloro che esplicitamente non vi si riconoscono. E chiaro che l’identità cristiana dell’America non può considerarsi come sinonimo di identità cattolica. La presenza di altre confessioni cristiane, in grado maggiore o minore nelle diverse parti dell’America, rende particolarmente urgente l’impegno ecumenico, per ricercare l’unità tra tutti i credenti in Cristo.(32)

 

Frutti di santità

 

15. L’espressione e i frutti più alti dell’identità cristiana dell’America sono i Santi. In essi, l’incontro con Cristo vivo « è tanto profondo e impegnativo […] che diventa fuoco che li consuma totalmente e li spinge a costruire il suo Regno, a far sì che Lui e la nuova alleanza siano il senso e l’anima […] della vita personale e comunitaria ».(33) L’America ha visto fiorire i frutti della santità sin dagli inizi della sua evangelizzazione. E il caso di santa Rosa da Lima (1586-1617), « il primo fiore di santità nel Nuovo Mondo », proclamata patrona principale dell’America nel 1670 dal Papa Clemente X.(34) A partire da lei, il santorale americano è andato crescendo fino a raggiungere la sua attuale ampiezza.(35) Le beatificazioni e le canonizzazioni con le quali non pochi figli e figlie del Continente sono stati elevati all’onore degli altari offrono modelli eroici di vita cristiana secondo la diversità degli stati e degli ambienti sociali. La Chiesa, beatificandoli o canonizzandoli, addita in essi dei potenti intercessori uniti a Cristo, sommo ed eterno Sacerdote, mediatore tra Dio e gli uomini. I Beati ed i Santi d’America accompagnano con sollecitudine fraterna gli uomini e le donne loro conterranei, tra gioie e sofferenze, fino all’incontro definitivo con il Signore.(36) Per favorire una sempre maggiore loro imitazione ed un più frequente e fruttuoso ricorso da parte dei fedeli alla loro intercessione, considero molto opportuna la proposta dei Padri sinodali di preparare « una collezione di brevi biografie dei Santi e Beati americani. Ciò può illuminare e stimolare in America la risposta alla vocazione universale alla santità ».(37)

 

Tra i suoi Santi, « la storia della evangelizzazione dell’America riconosce numerosi martiri, uomini e donne, vescovi e presbiteri, religiosi e laici che con il loro sangue irrigarono […] [queste] nazioni. Essi, come nubi di testimoni (cfr Eb 12, 1), ci stimolano a farci carico oggi, senza timore e con ardore, della nuova evangelizzazione ».(38) E necessario che i loro esempi di dedizione senza limite alla causa del Vangelo siano non solo preservati dall’oblio, ma più conosciuti e diffusi tra i fedeli del Continente. Scrivevo, in proposito, nella Tertio millennio adveniente: « Le Chiese locali facciano di tutto per non lasciar perire la memoria di quanti hanno subito il martirio, raccogliendo la necessaria documentazione ».(39)

 

La pietà popolare

 

16. Una caratteristica particolare dell’America è l’esistenza di una intensa pietà popolare radicata nelle diverse Nazioni. Si incontra a tutti i livelli e in tutti i settori sociali, rivestendo un’importanza speciale come luogo di incontro con Cristo per quanti con spirito di povertà ed umiltà di cuore cercano sinceramente Dio (cfr Mt 11, 25). Le espressioni di tale pietà sono numerose: « I pellegrinaggi ai santuari di Cristo, della Beata Vergine e dei Santi, la preghiera per le anime del purgatorio, l’uso dei sacramentali (acqua, olio, ceri…). Queste e tante altre espressioni della pietà popolare offrono ai fedeli l’opportunità di incontrare il Cristo vivente ».(40) I Padri sinodali hanno sottolineato l’urgenza di scoprire, nelle manifestazioni della religiosità popolare, i veri valori spirituali, per arricchirli con gli elementi della genuina dottrina cattolica, affinché tale religiosità possa condurre ad un impegno sincero di conversione e ad un’esperienza concreta di carità.(41) La pietà popolare, se convenientemente orientata, contribuisce anche ad accrescere nei fedeli la consapevolezza della propria appartenenza alla Chiesa, alimentandone il fervore ed offrendo così una risposta valida alle attuali sfide della secolarizzazione.(42)

 

Dal momento che in America, la pietà popolare è espressione della inculturazione della fede cattolica e molte delle sue manifestazioni hanno assunto forme religiose autoctone, non deve essere sottovalutata la possibilità di trarre anche di lì, con prudenza illuminata, indicazioni valide per una maggiore inculturazione del Vangelo.(43) Ciò riveste rilevante importanza specialmente fra le popolazioni indigene, perché « i semi del Verbo » presenti nella loro cultura giungano alla loro pienezza in Cristo.(44) Simile discorso può farsi per gli americani di origine africana. La Chiesa « riconosce che ha l’obbligo di avvicinarsi a questi americani a partire dalla loro cultura, considerando seriamente le ricchezze spirituali e umane di tale cultura che segna il loro modo di celebrare il culto, il loro senso di gioia e di solidarietà, la loro lingua e le loro tradizioni ».(45)

 

Presenza cattolico-orientale

 

17. L’immigrazione in America costituisce quasi una costante della sua storia dall’inizio dell’evangelizzazione fino ai nostri giorni. All’interno di questo complesso fenomeno va segnalato che, negli ultimi tempi, diverse regioni dell’America hanno accolto numerosi membri delle Chiese cattoliche orientali i quali, per diversi motivi, hanno abbandonato i loro territori d’origine. Un primo movimento migratorio proveniva soprattutto dall’Ucraina occidentale; in seguito, esso si è allargato alle nazioni del Medio Oriente. Si è così resa pastoralmente necessaria la creazione di una gerarchia cattolica orientale per questi fedeli immigrati e per i loro discendenti. Le norme emanate dal Concilio Vaticano II, che i Padri sinodali hanno ricordato, riconoscono che le Chiese Orientali « hanno il diritto e il dovere di reggersi secondo le proprie discipline particolari », avendo la missione di rendere testimonianza ad un’antichissima tradizione dottrinale, liturgica e monastica. D’altra parte, queste Chiese devono conservare le proprie discipline, essendo queste « più corrispondenti ai costumi dei loro fedeli e sono ritenute più adatte a provvedere al bene delle anime ».(46) Se alla Comunità ecclesiale universale è necessaria la sinergia tra le Chiese particolari di Oriente e di Occidente per permetterle di respirare con i due polmoni, nella speranza di giungere a farlo pienamente attraverso la perfetta comunione tra la Chiesa cattolica e quelle orientali separate,(47) non c’è che da gioire della recente implantazione in America delle Chiese orientali accanto a quelle latine, ivi presenti sin dall’inizio, perché in tal modo può meglio manifestarsi la cattolicità della Chiesa del Signore.(48)

 

La Chiesa nel campo dell’educazione e dell’azione sociale

 

18. Tra i fattori che favoriscono l’influsso della Chiesa sulla formazione cristiana degli americani va segnalata la sua vasta presenza nel campo dell’educazione e, specialmente, nel mondo universitario. Le numerose Università cattoliche disseminate nel Continente costituiscono un tratto caratteristico della vita ecclesiale in America. Così pure nell’ambito dell’insegnamento primario e secondario, l’alto numero di scuole cattoliche offre la possibilità di un’azione evangelizzatrice di portata molto ampia, sempre che sia accompagnata da una decisa volontà di impartire una educazione veramente cristiana.(49)

 

Altro campo importante in cui la Chiesa è presente in ogni parte d’America è l’assistenza caritativa e sociale. Le molteplici iniziative a favore degli anziani, degli infermi e di quanti sono nel bisogno mediante asili, ospedali, dispensari, mense gratuite e altri centri sociali, sono palpabile testimonianza dell’amore preferenziale per i poveri che la Chiesa in America nutre mossa dall’amore del Signore e consapevole che « Gesù si è identificato con loro (cfr Mt 25, 31-46) ».(50) In questo compito che non conosce frontiere, essa ha saputo creare una coscienza di solidarietà concreta tra le diverse comunità del Continente e del mondo intero, manifestando così la fraternità che deve caratterizzare i cristiani di ogni tempo e luogo.

 

Il servizio ai poveri, perché sia evangelico ed evangelizzatore, deve essere riflesso fedele dell’atteggiamento di Gesù, che venne « per annunciare ai poveri la Buona Novella » (Lc 4, 18). Se svolto con questo spirito, esso diventa manifestazione dell’amore infinito di Dio per tutti gli uomini e modo eloquente di trasmettere la speranza di salvezza che Cristo ha portato al mondo, e che risplende in modo particolare quando è comunicata agli abbandonati o ai rifiutati dalla società.

 

Questa costante dedizione ai poveri ed ai diseredati si riflette nel Magistero sociale della Chiesa, che non si stanca di invitare la comunità cristiana ad impegnarsi per il superamento di ogni forma di sfruttamento e di oppressione. Si tratta, infatti, non soltanto di alleviare i bisogni più gravi e urgenti mediante azioni individuali o sporadiche, ma di evidenziare le radici del male, proponendo interventi che diano alle strutture sociali, politiche ed economiche una configurazione più giusta e solidale.

 

Crescente rispetto dei diritti umani

 

19. Nell’ambito civile, ma con implicazioni morali immediate, si devono segnalare, tra gli aspetti positivi dell’America di oggi, la crescente affermazione in tutto il Continente di sistemi politici democratici e la progressiva riduzione dei regimi dittatoriali. La Chiesa guarda con simpatia a questa evoluzione, nella misura in cui ciò favorisce un sempre più chiaro rispetto dei diritti di ciascuno, compresi quelli dell’inquisito e del reo, nei cui confronti non è legittimo il ricorso a metodi di detenzione e di indagine — il pensiero va in particolare alla tortura — lesivi della dignità umana. « Lo stato di diritto è, in effetti, la condizione necessaria per stabilire una vera democrazia ».(51)

 

L’esistenza di uno stato di diritto, peraltro, implica nei cittadini, e molto più nella classe dirigente, la convinzione che la libertà non può essere svincolata dalla verità.(52) In effetti, « i gravi problemi che minacciano la dignità della persona umana, la famiglia, il matrimonio, l’educazione, l’economia e le condizioni di lavoro, la qualità della vita e la vita stessa, propongono la questione del diritto ».(53) I Padri sinodali con ragione hanno sottolineato che « i diritti fondamentali della persona umana sono scritti nella stessa natura, che sono voluti da Dio e che perciò esigono una universale osservanza e accettazione. Nessuna autorità umana può trasgredirli appellandosi alla maggioranza o al consenso politico, con il pretesto che in tal modo vengono rispettati il pluralismo e la democrazia. Perciò, la Chiesa deve impegnarsi nel formare e accompagnare i laici che sono presenti nell’ambito legislativo, nel governo e nell’amministrazione della giustizia, perché le leggi esprimano sempre principi e valori morali che siano conformi ad una sana antropologia e che tengano presente il bene comune ».(54)

 

Il fenomeno della globalizzazione

 

20. Caratteristica del mondo contemporaneo è la tendenza alla globalizzazione, fenomeno che, pur non essendo esclusivamente americano, è più percettibile ed ha maggiori ripercussioni in America. Si tratta di un processo che si impone a motivo della maggiore comunicazione delle diverse parti del mondo tra loro, conducendo in pratica al superamento delle distanze, con effetti evidenti in campi molto differenti.

 

I risvolti dal punto di vista etico possono essere positivi o negativi. C’è in realtà una globalizzazione economica che porta con sé alcune conseguenze positive come il fenomeno della efficienza e l’incremento della produzione e che, con lo sviluppo delle relazioni tra i diversi paesi in ambito economico, può rinforzare il processo di unità dei popoli e rendere migliore il servizio alla famiglia umana. Se però la globalizzazione è retta dalle pure leggi del mercato applicate secondo la convenienza dei potenti, le conseguenze non possono essere che negative. Tali sono, ad esempio, l’attribuzione di un valore assoluto all’economia, la disoccupazione, la diminuzione e il deterioramento di alcuni servizi pubblici, la distruzione dell’ambiente e della natura, l’aumento delle differenze tra ricchi e poveri, la concorrenza ingiusta che pone le Nazioni povere in una situazione di inferiorità sempre più marcata.(55) La Chiesa, sebbene stimi i valori positivi che la globalizzazione comporta, guarda con inquietudine agli aspetti negativi da essa veicolati.

 

E che dire della globalizzazione culturale prodotta dalla forza dei mezzi di comunicazione sociale? Essi impongono dappertutto nuove scale di valori, sovente arbitrari e nel fondo materialistici, di fronte ai quali è difficile mantenere viva l’adesione ai valori del Vangelo.

 

La crescente urbanizzazione

 

21. In crescita in America è pure il fenomeno dell’urbanizzazione. Già da alcuni lustri il Continente sta vivendo un esodo costante dalle campagne alla città. Si tratta di un fenomeno complesso già descritto dal mio predecessore Paolo VI.(56) Diverse sono le cause, ma tra queste emergono principalmente la povertà ed il sottosviluppo delle zone rurali, dove frequentemente mancano servizi, comunicazioni, strutture educative e sanitarie. La città, inoltre, con le connotazioni di divertimento e di benessere con cui viene presentata non poche volte dai mezzi di comunicazione sociale, esercita un’attrazione speciale per la gente semplice dell’ambiente rurale.

 

La frequente mancanza di pianificazione in questo processo è fonte di molti mali. Come hanno segnalato i Padri sinodali, « in certi casi, talune zone delle città sono come delle isole nelle quali si accumula la violenza, la delinquenza giovanile e l’atmosfera di disperazione ».(57) Il fenomeno dell’urbanizzazione presenta poi grandi sfide per l’azione pastorale della Chiesa, che deve far fronte allo sradicamento culturale, alla perdita di consuetudini familiari, al distacco dalle proprie tradizioni religiose, con la conseguenza non infrequente del naufragio della fede, privata di quelle manifestazioni che contribuivano a sostenerla.

 

Evangelizzare la cultura urbana costituisce una sfida formidabile per la Chiesa, che come per secoli seppe evangelizzare la cultura rurale, così è chiamata oggi a portare a compimento un’evangelizzazione urbana metodica e capillare mediante la catechesi, la liturgia e il modo stesso di organizzare le proprie strutture pastorali.(58)

 

Il peso del debito estero

 

22. I Padri sinodali hanno manifestato preoccupazione per il debito estero che affligge non poche Nazioni americane, esprimendo solidarietà nei loro confronti. Essi richiamano con forza l’attenzione dell’opinione pubblica sulla complessità del tema, riconoscendo che « il debito è frequentemente frutto della corruzione e della cattiva amministrazione ».(59) Nello spirito della riflessione sinodale tale riconoscimento non pretende di concentrare in un solo polo le responsabilità di un fenomeno sommamente complesso nella sua origine e nelle sue soluzioni.(60)

 

In effetti, tra le cause che hanno contribuito al formarsi di un debito estero schiacciante, vanno segnalati non solo gli elevati interessi, frutto di politiche finanziarie speculative, ma anche l’irresponsabilità di alcuni governanti che, nel contrarre il debito, non hanno riflettuto sufficientemente sulle reali possibilità di estinguerlo, con l’aggravante che somme ingenti ottenute grazie a prestiti internazionali vanno talora ad arricchire persone singole, invece che essere destinate a sostenere i cambiamenti necessari per lo sviluppo del Paese. D’altra parte, sarebbe ingiusto far pesare le conseguenze di tali decisioni irresponsabili su chi non le ha assunte. La gravità della situazione è ancor più comprensibile se si tien conto che « già il solo pagamento degli interessi costituisce per l’economia delle Nazioni povere un peso che toglie alle autorità la disponibilità del denaro necessario per lo sviluppo sociale, l’educazione, la sanità e la istituzione di un fondo per creare lavoro ».(61)

 

La corruzione

 

23. La corruzione, frequentemente presente tra le cause del debito pubblico opprimente, è un problema grave che va attentamente considerato. La corruzione « senza rispettare confini, riguarda persone, strutture pubbliche e private di potere e le classi dirigenti ». Si tratta di una situazione che « favorisce l’impunità e l’accumulo illecito del denaro, la mancanza di fiducia verso le istituzioni politiche, soprattutto nell’amministrazione della giustizia e negli investimenti pubblici, non sempre chiari, uguali per tutti e efficaci ».(62)

 

A tale proposito, desidero ricordare quanto ho scritto nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace del 1998, che cioè la piaga della corruzione va denunciata e combattuta con forza da coloro che detengono l’autorità e con il « sostegno generoso di tutti i cittadini, sorretti da una forte coscienza morale ».(63) Gli adeguati organismi di controllo e la trasparenza delle transazioni economiche e finanziarie prevengono ulteriormente ed evitano in molti casi il dilagare della corruzione, le cui nefaste conseguenze ricadono principalmente sui più poveri e derelitti. Sono ancora i poveri a soffrire per primi i ritardi, l’inefficienza, l’assenza di una difesa adeguata e le carenze strutturali, quando ad essere corrotta è l’amministrazione della giustizia.

 

Il commercio e il consumo di droga

 

24. Il commercio col conseguente consumo di sostanze stupefacenti costituisce una seria minaccia per le strutture sociali delle Nazioni in America. Esso « contribuisce ai crimini ed alla violenza, alla distruzione della vita familiare, alla distruzione fisica ed emotiva di molti individui e comunità, soprattutto tra i giovani. Corrode inoltre la dimensione etica del lavoro e contribuisce ad aumentare il numero di persone nelle carceri, in una parola, al degrado della persona creata ad immagine di Dio ».(64) Un tale nefasto commercio porta inoltre a « distruggere governi, corrodendo la sicurezza economica e la stabilità delle Nazioni ».(65) Siamo qui in presenza di una delle sfide più urgenti con cui devono misurarsi molte Nazioni nel mondo: è infatti una sfida che pone in forse gran parte dei vantaggi ottenuti negli ultimi tempi per il progresso dell’umanità. Per alcune Nazioni in America, la produzione, il traffico ed il consumo di droghe costituiscono fattori compromettenti per il loro prestigio internazionale, perché riducono la loro credibilità e rendono più difficile quell’auspicata collaborazione con altri Paesi, che è tanto necessaria nei nostri giorni per lo sviluppo armonico di ogni popolo.

 

La preoccupazione per l’ecologia

 

25. « E Dio vide che era cosa buona » (Gn 1, 25). Queste parole che leggiamo nel primo capitolo del libro della Genesi, offrono il senso dell’opera da lui realizzata. Il Creatore affida all’uomo, coronamento di tutto il processo creativo, la cura della terra (cfr Gn 2, 15). Nascono da qui obblighi concreti per ogni persona in ordine all’ecologia. Il loro adempimento suppone l’apertura ad una prospettiva spirituale ed etica che superi gli atteggiamenti e « gli stili di vita egoistici che portano all’esaurimento delle risorse naturali ».(66)

 

Anche in questo settore, oggi tanto attuale, l’intervento dei credenti è quanto mai importante. E necessaria la collaborazione di tutti gli uomini di buona volontà con le istanze legislative e di governo per conseguire una protezione efficace dell’ambiente, considerato come dono di Dio. Quanti abusi e danni ecologici anche in molte regioni americane! Basti pensare all’incontrollata emissione di gas nocivi o al drammatico fenomeno degli incendi forestali, provocati talvolta intenzionalmente da persone mosse da interessi egoistici. Tali devastazioni possono condurre ad una reale desertificazione in non poche zone dell’America con le inevitabili conseguenze di fame e di miseria. Il problema si pone, con speciale intensità, nella foresta amazzonica, immenso territorio che interessa varie nazioni: dal Brasile alla Guyana, al Suriname, al Venezuela, alla Colombia, all’Ecuador, al Perù ed alla Bolivia.(67) E uno degli spazi naturali più apprezzati nel mondo per la sua diversità biologica, che lo rende vitale per l’equilibrio ambientale di tutto il pianeta.

 

CAPITOLO III

 

CAMMINO DI CONVERSIONE

 

« Pentitevi dunque e cambiate vita » (At 3, 19)

 

Urgenza della chiamata alla conversione

 

26. « Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al Vangelo » (Mc 1, 15). Queste parole, con le quali Gesù diede inizio al suo ministero in Galilea, continuamente risuonano alle orecchie di Vescovi, presbiteri, diaconi, persone consacrate e fedeli laici di tutta l’America. Come la recente celebrazione del quinto centenario dell’inizio dell’evangelizzazione dell’America, così anche la commemorazione dei 2000 anni della nascita di Gesù, il grande Giubileo appunto che ci apprestiamo a celebrare, costituiscono altrettanti richiami ad approfondire la propria vocazione cristiana. La grandezza dell’evento dell’Incarnazione e la gratitudine per il dono del primo annuncio del Vangelo in America invitano a rispondere prontamente a Cristo con una più convinta conversione personale e, al tempo stesso, stimolano a sempre più generosa fedeltà evangelica. L’esortazione di Cristo a convertirsi trova eco in quella dell’Apostolo: « E ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perché la nostra salvezza è più vicina ora di quando diventammo credenti » (Rm 13, 11). L’incontro con Gesù vivo spinge alla conversione.

 

Nel Nuovo Testamento per parlare di conversione viene utilizzata la parola metanoia, che significa cambiamento di mentalità. Non si tratta solo di un diverso modo di pensare a livello intellettuale, ma della revisione alla luce dei criteri evangelici delle proprie convinzioni operative. San Paolo parla, a questo proposito, di « fede che opera per mezzo della carità » (Gal 5, 6). Per questo l’autentica conversione va preparata e coltivata mediante la lettura orante della Sacra Scrittura e la pratica dei sacramenti della Riconciliazione e dell’Eucaristia. La conversione conduce alla comunione fraterna, perché fa comprendere che Cristo è il capo della Chiesa, suo mistico corpo; spinge alla solidarietà, perché rende consapevoli che quanto facciamo agli altri, specialmente ai più bisognosi, è rivolto a Cristo. Essa favorisce, pertanto, una vita nuova, nella quale non vi sia separazione tra fede ed opere nella quotidiana risposta all’universale chiamata alla santità. Superare la frattura tra la fede e la vita è indispensabile, perché si possa effettivamente parlare di conversione. In presenza, infatti, di tale divisione, il cristianesimo diventa soltanto nominale. Per essere vero discepolo del Signore, il credente dev’essere testimone della propria fede ed « il testimone rende la sua testimonianza non solo con le parole, ma anche con la propria vita ».(68) Dobbiamo tener presenti le parole di Gesù: « Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli » (Mt 7, 21). L’apertura alla volontà del Padre suppone una totale disponibilità, che non escluda nemmeno il dono della vita: « La massima testimonianza è il martirio ».(69)

 

Dimensione sociale della conversione

 

27. La conversione non è però completa se manca la coscienza delle esigenze della vita cristiana e se non ci si sforza di realizzarle. A questo proposito i Padri sinodali hanno rilevato che purtroppo « esistono grandi carenze di ordine personale e comunitario riguardo sia ad una conversione più profonda che alle relazioni tra gli ambienti, le istituzioni e i gruppi nella Chiesa ».(70) « Chi non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede » (1 Gv 4, 20).

 

La carità fraterna implica attenzione a tutte le necessità del prossimo. « Se uno ha ricchezze di questo mondo e vedendo il suo fratello in necessità, gli chiude il proprio cuore, come dimora in lui l’amore di Dio? » (1 Gv 3, 17). Per questo, convertirsi al Vangelo per il popolo cristiano che vive in America significa rivedere « tutti gli ambienti e le dimensioni della vita, specialmente tutto ciò che concerne l’ordine sociale ed il conseguimento del bene comune ».(71) In modo speciale, occorrerà « coltivare la crescente coscienza sociale della dignità di ogni persona e, perciò, promuovere nella comunità la sensibilità al dovere di partecipare all’azione politica secondo il Vangelo ».(72) E chiaro infatti che anche l’attività in campo politico fa parte della vocazione e dell’azione dei fedeli laici.(73)

 

A questo proposito, tuttavia, si rivela di grande importanza, soprattutto in una società pluralistica, avere una giusta visione dei rapporti tra la comunità politica e la Chiesa ed una chiara distinzione tra le azioni che i fedeli, individualmente o in gruppo, compiono in proprio nome, come cittadini, guidati dalla coscienza cristiana, e le azioni che essi compiono in nome della Chiesa in comunione con i loro Pastori. La Chiesa, che, in ragione del suo ufficio e della sua competenza, in nessuna maniera si confonde con la comunità politica e non è legata ad alcun sistema politico, è insieme il segno e la salvaguardia del carattere trascendente della persona umana.(74)

 

Conversione permanente

 

28. La conversione quaggiù è traguardo mai pienamente raggiunto: nel cammino che il discepolo è chiamato a percorrere sulle orme di Gesù, essa è impegno che investe tutta la vita. D’altro canto, mentre siamo in questo mondo, il nostro proposito di conversione è sempre insidiato dalle tentazioni. Dal momento che « nessuno può servire a due padroni » (Mt 6, 24), il cambiamento di mentalità (metanoia) consiste nello sforzo di assimilare i valori evangelici, che contrastano con le tendenze dominanti nel mondo. E necessario, pertanto, rinnovare costantemente « l’incontro con Gesù Cristo vivo », via questa che, come hanno messo in luce i Padri sinodali, « ci conduce alla conversione permanente ».(75)

 

La chiamata universale alla conversione acquista sfumature particolari per la Chiesa che è in America, impegnata anch’essa nel rinnovamento della propria fede. I Padri sinodali hanno così formulato quest’impegno concreto ed esigente: « Questa conversione esige specialmente da noi Vescovi un’autentica identificazione con lo stile personale di Gesù Cristo, che ci conduce alla semplicità, alla povertà, al farci prossimo, alla rinuncia ai vantaggi, affinché, come Lui, senza riporre la nostra fiducia nei mezzi umani, traiamo dalla forza dello Spirito e dalla Parola tutta l’efficacia del Vangelo, rimanendo aperti anzitutto a quanti sono maggiormente lontani ed esclusi ».(76) Per essere Pastori secondo il cuore di Dio (cfr Ger 3, 15), è indispensabile assumere un modo di vivere che assimili a Colui che disse di se stesso: « Io sono il buon pastore » (Gv 10, 11), e che san Paolo pone in evidenza quando scrive: « Fatevi miei imitatori, come io lo sono di Cristo » (1 Cor 11, 1).

 

Guidati dallo Spirito Santo verso un nuovo stile di vita

 

29. La proposta di un nuovo stile di vita non è solo per i Pastori, bensì per tutti i cristiani che vivono in America. Ad essi viene chiesto di approfondire e fare propria l’autentica spiritualità cristiana. « In effetti, col termine spiritualità si intende uno stile o una forma di vita secondo le esigenze cristiane. Spiritualità è “vita in Cristo” e “nello Spirito”, che si accetta nella fede, si esprime nell’amore e, animata di speranza, si traduce nel quotidiano della comunità ecclesiale ».(77) In questo senso, per spiritualità, che è la meta a cui conduce la conversione, si intende non « una parte della vita, bensì la vita intera guidata dallo Spirito Santo ».(78) Tra gli elementi di spiritualità che ogni cristiano deve fare propri, spicca la preghiera. Essa lo « condurrà a poco a poco ad acquisire uno sguardo contemplativo sulla realtà, che gli permetterà di riconoscere Dio in ogni momento e in ogni cosa; di contemplarlo in ogni persona; di cercare la sua volontà negli avvenimenti ».(79)

 

La preghiera sia personale che liturgica è dovere di ogni cristiano. « Gesù Cristo, vangelo del Padre, ci avverte che senza di Lui non possiamo far nulla (cfr Gv 15, 5). Egli stesso, nei momenti decisivi della sua vita, prima di agire, si ritirava in un luogo solitario per dedicarsi alla preghiera ed alla contemplazione, e domandò agli Apostoli che facessero altrettanto ».(80) Ai suoi discepoli, senza eccezioni, egli ricorda: « Entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto » (Mt 6, 6). Questa intensa vita di preghiera dev’essere adattata alle capacità e condizioni di ogni cristiano, così che ciascuno nelle diverse situazioni della vita possa attingere « alla fonte del suo incontro con Cristo per abbeverarsi all’unico Spirito (cfr 1 Cor 12, 13) ».(81) In questo senso, la dimensione contemplativa non è un privilegio riservato a pochi; al contrario nelle parrocchie, nelle comunità e all’interno dei movimenti va promossa una spiritualità aperta e orientata alla contemplazione delle verità fondamentali della fede: i misteri della Trinità, dell’Incarnazione del Verbo, della Redenzione degli uomini, e le altre grandi opere salvifiche di Dio.(82)

 

Gli uomini e le donne dediti esclusivamente alla contemplazione svolgono una missione fondamentale nella Chiesa che è in America. Essi costituiscono, secondo l’espressione del Concilio Vaticano II, « una gloria per la Chiesa e una sorgente di grazie celesti ».(83) Per questo, i monasteri disseminati in ogni parte del Continente devono essere « oggetto di speciale amore da parte dei Pastori, i quali siano pienamente persuasi che le anime dedite alla vita contemplativa ottengono abbondanza di grazia, mediante la preghiera, la penitenza e la contemplazione, a cui consacrano la vita. I contemplativi devono esser consapevoli che sono inseriti nella missione della Chiesa nel tempo presente e che, con la testimonianza della propria vita, cooperano al bene spirituale dei fedeli aiutandoli a cercare il volto di Dio nell’esistenza quotidiana ».(84)

 

La spiritualità cristiana si alimenta anzitutto di costante vita sacramentale, essendo i Sacramenti radice e fonte inesauribile della grazia di Dio necessaria per sostenere il credente nel suo pellegrinaggio terreno. Tale vita dev’essere integrata con i valori della pietà popolare, valori che a loro volta risulteranno arricchiti dalla pratica sacramentale ed affrancati dal pericolo di degenerare inconsuetudini ripetitive. Va inoltre notato che questa spiritualità non si contrappone alla dimensione sociale dell’impegno cristiano. Al contrario, attraverso un cammino di preghiera il credente si rende più cosciente delle esigenze del Vangelo e dei suoi doveri nei confronti dei fratelli, ottenendo la forza della grazia indispensabile per perseverare nel bene. Per maturare spiritualmente, il cristiano farà bene a ricorrere al consiglio dei sacri ministri o di altre persone esperte in questo campo mediante la direzione spirituale, pratica tradizionalmente presente nella Chiesa. I Padri sinodali hanno creduto necessario raccomandare ai sacerdoti questo ministero tanto importante.(85)

 

Vocazione universale alla santità

 

30. « Siate santi, perché io, il Signore, Dio vostro, sono santo » (Lv 19, 2). L’Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi per l’America ha voluto ricordare con vigore a tutti i cristiani l’importanza della dottrina della universale vocazione alla santità nella Chiesa.(86) Si tratta di uno dei punti centrali della Costituzione dogmatica sulla Chiesa del Concilio Vaticano II.(87) La santità è la meta del cammino di conversione, poiché essa « non è fine a se stessa, bensì itinerario verso Dio, che è santo. Essere santi è imitare Dio e glorificare il suo nome nelle opere che realizziamo nella nostra vita (cfr Mt 5, 16) ».(88) Nel cammino della santità, Gesù Cristo è il punto di riferimento e il modello da imitare: Egli è « il Santo di Dio e fu riconosciuto come tale (cfr Mc 1, 24). E Lui stesso ad insegnarci che il cuore della santità è l’amore, che conduce anche a dare la vita per gli altri (cfr Gv 15, 13). Per questo, imitare la santità di Dio, così come si è manifestato in Gesù Cristo, suo Figlio, non è altro che prolungare il suo amore nella storia, specialmente nei confronti dei poveri, dei malati, degli indigenti (cfr Lc 10, 25ss) ».(89)

 

Gesù, unica via alla santità

 

31. « Io sono la Via, la Verità e la Vita » (Gv 14, 6). Con queste parole, Gesù si presenta come l’unica via che conduce alla santità. Ma la conoscenza concreta di tale itinerario avviene principalmente mediante la Parola di Dio che la Chiesa proclama con la sua predicazione. Per questo, la Chiesa in America « deve assegnare una chiara priorità alla riflessione orante sulla Sacra Scrittura, da parte di tutti i fedeli ».(90) Questa lettura della Bibbia, accompagnata dalla preghiera, è nota nella tradizione della Chiesa con il nome di Lectio divina, pratica da incoraggiare fra tutti i cristiani. Per i presbiteri, essa deve costituire un elemento fondamentale nella preparazione delle loro omelie, specialmente di quelle domenicali.(91)

 

Penitenza e riconciliazione

 

32. La conversione (metanoia), a cui ogni essere umano è chiamato, porta ad accettare e fare propria la nuova mentalità proposta dal Vangelo. Questo chiede l’abbandono del modo di pensare e di agire mondano, che tante volte condiziona pesantemente l’esistenza. Come ricorda la Sacra Scrittura, è necessario che muoia l’uomo vecchio e nasca l’uomo nuovo, cioè, che tutto l’essere umano si rinnovi « per una piena conoscenza, ad immagine del suo Creatore » (Col 3, 10). In tale cammino di conversione e di ricerca della santità « si devono raccomandare i mezzi ascetici da sempre presenti nella prassi della Chiesa, che culminano nel Sacramento del perdono, ricevuto e celebrato con le debite disposizioni ».(92) Solo chi è riconciliato con Dio è protagonista di autentica riconciliazione con e tra i fratelli.

 

L’attuale crisi del sacramento della Penitenza, da cui non è esente la Chiesa che è in America e circa la quale ho espresso la mia preoccupazione fin dall’inizio del mio Pontificato,(93) potrà essere superata grazie anche ad un’azione pastorale assidua e paziente.

 

Al riguardo, i Padri sinodali chiedono giustamente « che i sacerdoti dedichino il debito tempo alla celebrazione del sacramento della Penitenza, ed invitino con insistenza e con forza i fedeli a riceverlo, senza che i Pastori trascurino la loro frequente confessione personale ».(94) I Vescovi ed i sacerdoti sperimentano personalmente il misterioso incontro con Cristo che perdona nel sacramento della Penitenza e sono del suo amore misericordioso testimoni privilegiati.

 

La Chiesa cattolica, che abbraccia uomini e donne « di ogni nazione, razza, popolo e lingua » (Ap 7, 9), è chiamata ad essere, « in un mondo segnato da divisioni ideologiche, etniche, economiche e culturali », il « segno vivo dell’unità della famiglia umana ».(95) L’America, sia nella complessa realtà delle singole Nazioni e nella varietà dei diversi gruppi etnici, sia nei tratti caratterizzanti l’intero Continente, presenta molte differenze che non vanno ignorate ed alle quali è doveroso prestare attenzione. Grazie ad un’efficace opera di integrazione tra i membri del Popolo di Dio all’interno d’ogni Paese e tra i membri delle Chiese particolari delle diverse Nazioni, le differenze di oggi potranno essere fonte di mutuo arricchimento. Come affermano giustamente i Padri sinodali, « è di grande importanza che la Chiesa in tutta l’America sia segno vivo di una comunione riconciliata, appello permanente alla solidarietà, testimonianza sempre presente nei nostri diversi sistemi politici, economici e sociali ».(96) Ecco un significativo contributo che i credenti possono offrire all’unità del Continente americano.

 

CAPITOLO IV

 

VIA ALLA COMUNIONE

 

« Come tu, Padre, sei in me e io in te,
siano anch’essi in noi una cosa sola »
(Gv 17, 21)

 

La Chiesa, sacramento di comunione

 

33. « Davanti ad un mondo diviso e desideroso di unità è necessario proclamare con gioia e fermezza di fede che Dio è comunione, Padre, Figlio e Spirito Santo, unità nella distinzione, il quale chiama tutti gli uomini a partecipare alla medesima comunione trinitaria. E necessario proclamare che questa comunione è il progetto magnifico di Dio [Padre]; che Gesù Cristo, fattosi uomo, è il centro di questa stessa comunione, e che lo Spirito Santo opera costantemente per creare la comunione e restaurarla quando si è rotta. E necessario proclamare che la Chiesa è segno e strumento della comunione voluta da Dio, iniziata nel tempo e destinata alla perfezione nella pienezza del Regno ».(97) La Chiesa è segno di comunione perché i suoi membri, come i tralci, sono partecipi della stessa vita di Cristo, la vera vite (cfr Gv 15, 5). In effetti, mediante la comunione con Cristo, Capo del Corpo mistico, entriamo in comunione viva con tutti i credenti.

 

Questa comunione, esistente nella Chiesa ed essenziale alla sua natura,(98) deve manifestarsi attraverso segni concreti, « come potrebbero essere: la preghiera in comune gli uni per gli altri, l’impulso alle relazioni tra le Conferenze Episcopali, i legami tra Vescovo e Vescovo, le relazioni di fraternità tra le diocesi e le parrocchie, e la mutua comunicazione tra operatori pastorali per attività missionarie specifiche ».(99) Essa chiede di conservare il deposito della fede nella sua purezza ed integrità, nonché l’unità dell’intero Collegio dei Vescovi sotto l’autorità del Successore di Pietro. In tale contesto, i Padri sinodali hanno rilevato che « il rafforzamento del ministero petrino è fondamentale per la preservazione dell’unità della Chiesa », e che « il pieno esercizio del primato di Pietro è fondamentale per l’identità e la vitalità della Chiesa in America ». (100) Per mandato del Signore, a Pietro ed ai suoi Successori appartiene il compito di confermare nella fede i fratelli (cfr Lc 22, 32) e di pascere l’intero gregge di Cristo (cfr Gv 21, 15-17). Così pure, il Successore del principe degli Apostoli è chiamato ad essere la pietra sulla quale la Chiesa è edificata, ed a esercitare il ministero derivante dall’essere egli depositario delle chiavi del Regno (cfr Mt 16, 18-19). Il Vicario di Cristo è, infatti, « il perpetuo principio di […] unità e il fondamento visibile » della Chiesa. (101)

 

Iniziazione cristiana e comunione

 

34. La comunione di vita nella Chiesa si ottiene mediante i sacramenti dell’iniziazione cristiana: Battesimo, Confermazione ed Eucaristia. Il Battesimo è « la porta d’ingresso alla vita spirituale; per mezzo di esso diventiamo membra del Cristo ed entriamo a far parte del corpo della Chiesa ». (102) I battezzati, ricevendo la Confermazione, « vengono vincolati più perfettamente alla Chiesa, sono arricchiti di una speciale forza dallo Spirito Santo e in questo modo sono più strettamente obbligati a diffondere e a difendere con la parola e con l’opera la fede come veri testimoni di Cristo ». (103) L’itinerario dell’iniziazione cristiana raggiunge il suo perfezionamento ed il suo culmine con l’Eucaristia, per la quale il battezzato si inserisce pienamente nel Corpo di Cristo. (104)

 

« Questi sacramenti sono un’eccellente opportunità per una buona evangelizzazione e catechesi, quando la loro preparazione è affidata ad operatori dotati di fede e competenza ». (105) Benché nelle diverse Diocesi dell’America vi sia stato un innegabile progresso nella preparazione ai Sacramenti dell’iniziazione cristiana, i Padri sinodali hanno tuttavia lamentato che « sono molti coloro che li ricevono senza la sufficiente formazione ». (106) Nel caso poi del Battesimo di bambini, non si deve omettere uno sforzo catechistico nei confronti dei genitori e dei padrini.

 

L’Eucaristia, centro di comunione con Dio e con i fratelli

 

35. La realtà dell’Eucaristia non si esaurisce nel fatto di essere il Sacramento in cui culmina l’iniziazione cristiana. Mentre il Battesimo e la Confermazione hanno la funzione di iniziare ed introdurre alla vita propria della Chiesa, e non sono reiterabili, (107) l’Eucaristia costituisce il centro vivo permanente intorno al quale si raduna l’intera comunità ecclesiale. (108) I diversi aspetti di questo Sacramento ne mostrano l’inesauribile ricchezza: esso è, al tempo stesso, Sacramento-sacrificio, Sacramento-comunione, Sacramento-presenza. (109)

 

L’Eucaristia è il luogo privilegiato per l’incontro con Cristo vivo. Per questo, i Pastori del Popolo di Dio in America, mediante la predicazione e la catechesi, devono sforzarsi di « dare alla celebrazione eucaristica domenicale una nuova forza, come fonte e culmine della vita della Chiesa, garanzia della comunione nel Corpo di Cristo e invito alla solidarietà come espressione del mandato del Signore: “Come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri” (Gv 13, 34) ». (110) Come suggeriscono i Padri sinodali, tale sforzo deve tener conto di varie dimensioni fondamentali. Anzitutto, è necessario risvegliare nei fedeli la consapevolezza che l’Eucaristia è un immenso dono: ciò li porterà a fare il possibile per parteciparvi in modo attivo e degno almeno la domenica e i giorni di festa. Al tempo stesso, devono essere incoraggiati « gli sforzi dei sacerdoti per facilitare questa partecipazione e renderla possibile alle comunità più lontane ». (111) Occorre richiamare ai fedeli che « la partecipazione piena, cosciente ed attiva, benché essenzialmente distinta dall’ufficio del sacerdote ordinato, è un’attuazione del sacerdozio comune ricevuto nel Battesimo ». (112)

 

La necessità che i fedeli partecipino all’Eucaristia e le difficoltà connesse con la scarsità di sacerdoti sottolineano l’urgenza di promuovere le vocazioni sacerdotali. (113) Occorre pure ricordare a tutta la Chiesa in America « il legame esistente tra l’Eucaristia e la carità », (114) legame che la Chiesa primitiva esprimeva unendo l’agape con la Cena eucaristica. (115) La partecipazione all’Eucaristia deve condurre ad un’azione caritativa più intensa, come frutto della grazia ricevuta in questo sacramento.

 

I Vescovi, promotori di comunione

 

36. La comunione nella Chiesa, proprio perché segno di vita, deve crescere continuamente. Di conseguenza, i Vescovi, ricordando che « singolarmente presi, sono il principio visibile e il fondamento dell’unità nelle loro Chiese particolari », (116) non possono non sentirsi impegnati a promuovere la comunione nelle loro Diocesi, perché più efficace risulti lo sforzo per la nuova evangelizzazione in America. La tensione comunitaria risulta favorita dagli organismi previsti dal Concilio Vaticano II a sostegno dell’attività del Vescovo diocesano, organismi che la legislazione post-conciliare ha più dettagliatamente definito. (117) « Spetta al Vescovo, con la cooperazione di sacerdoti, diaconi, consacrati e laici […], realizzare un piano di azione pastorale coordinata, che sia organico e partecipato e che raggiunga tutti i membri della Chiesa e susciti la loro coscienza missionaria ». (118)

 

Ogni Ordinario non mancherà di promuovere nei sacerdoti e nei fedeli la consapevolezza che la Diocesi è l’espressione visibile della comunione ecclesiale, che si forma alla mensa della Parola e dell’Eucaristia intorno al Vescovo, unito con il Collegio episcopale e sotto il suo Capo, il Romano Pontefice. Essa, in quanto Chiesa particolare, ha il mandato di iniziare ed incrementare l’incontro di tutti i membri del Popolo di Dio con Gesù Cristo, (119) nel rispetto e nella promozione di quella pluralità e di quella diversificazione che non ostacolano l’unità, ma le conferiscono il carattere di comunione. (120) Lo spirito di partecipazione e di corresponsabilità nella vita degli organismi diocesani sarà certamente favorito da una conoscenza più approfondita della natura della Chiesa particolare. (121)

 

Una comunione più intensa tra le Chiese particolari

 

37. L’Assemblea Speciale per l’America del Sinodo dei Vescovi, la prima nella storia ad aver riunito Vescovi di tutto il Continente, è stata da tutti percepita come una grazia speciale del Signore alla Chiesa pellegrina in America. Essa ha rafforzato la comunione che deve esistere tra le Comunità ecclesiali del Continente, facendo percepire a tutti l’urgenza di incrementarla ulteriormente. Le esperienze di comunione episcopale, frequenti soprattutto dopo il Concilio Vaticano II per il consolidarsi e il diffondersi delle Conferenze Episcopali, sono da intendersi come incontri con Cristo vivo, presente nei fratelli riuniti nel suo nome (cfr Mt 18, 20).

 

L’esperienza sinodale ha mostrato altresì le ricchezze di una comunione che si estende oltre gli ambiti della singola Conferenza Episcopale. Benché già esistano forme di dialogo che superano tali confini, i Padri sinodali hanno sottolineato l’opportunità di intensificare le riunioni interamericane, già promosse dalle Conferenze Episcopali delle diverse Nazioni americane, come espressione di solidarietà effettiva e come luogo di incontro e di studio delle comuni sfide all’evangelizzazione in America. (122) Sarà ugualmente opportuno definire con esattezza il carattere di tali incontri, in modo che siano, sempre più, espressione di comunione tra tutti i Pastori. Oltre a queste riunioni più ampie, può essere utile, quando le circostanze lo richiedano, creare commissioni specifiche per approfondire i temi comuni che riguardano tutta l’America. Settori nei quali sembra particolarmente necessario « che si dia impulso alla cooperazione sono le mutue comunicazioni pastorali, la cooperazione missionaria, l’educazione, le migrazioni, l’ecumenismo ». (123)

 

I Vescovi, ai quali incombe il dovere di promuovere la comunione tra le loro Chiese particolari, non mancheranno di stimolare i fedeli a vivere in misura crescente la dimensione comunitaria, assumendosi « la responsabilità di sviluppare i vincoli di comunione con le Chiese locali in altre zone dell’America mediante l’educazione, la mutua comunicazione, l’unione fraterna tra parrocchie e diocesi, progetti di cooperazione e di prevenzione comune in temi di maggiore importanza, soprattutto in quelli che riguardano i poveri ». (124)

 

Comunione fraterna con le Chiese cattoliche orientali

 

38. Il recente fenomeno dell’impiantarsi e dello svilupparsi in America di Chiese particolari cattoliche orientali, dotate di gerarchia propria, è stato oggetto di speciale attenzione da parte di alcuni Padri sinodali. Un sincero desiderio di abbracciare cordialmente ed efficacemente questi fratelli nella fede e nella comunione gerarchica sotto il Successore di Pietro, ha condotto l’Assemblea sinodale a proporre iniziative concrete di aiuto fraterno da parte delle Chiese particolari latine nei confronti di quelle cattoliche orientali presenti nel Continente. Così, per esempio, è stata avanzata l’ipotesi che sacerdoti di rito latino, soprattutto se di origine orientale, possano offrire la loro cooperazione liturgica alle comunità orientali, sprovviste di un numero sufficiente di presbiteri. Ugualmente per gli edifici sacri, i fedeli orientali potranno utilizzare, nei casi in cui ciò apparirà conveniente, le chiese di rito latino.

 

In questo spirito di comunione meritano di essere considerate varie proposte dei Padri sinodali: che, là dove è necessario, si dia vita, nelle Conferenze Episcopali nazionali e negli organismi internazionali di cooperazione episcopale, ad una commissione mista incaricata di studiare i problemi pastorali comuni; che la catechesi e la formazione teologica per i laici ed i seminaristi della Chiesa latina includano la conoscenza della tradizione viva dell’Oriente cristiano; che i Vescovi delle Chiese cattoliche orientali partecipino alle Conferenze Episcopali latine delle rispettive Nazioni. (125) Non c’è dubbio che questa cooperazione fraterna, mentre offrirà un aiuto prezioso alle Chiese orientali, di recente fondazione in America, permetterà alle Chiese particolari latine di arricchirsi con il patrimonio spirituale della tradizione dell’Oriente cristiano.

 

Il presbiterio come segno di unità

 

39. « Come membro di una Chiesa particolare, ogni sacerdote dev’essere segno di comunione con il Vescovo essendo suo immediato collaboratore, unito ai suoi fratelli nel presbiterio. Con carità pastorale esercita il suo ministero, principalmente nella comunità che gli è stata affidata, e la conduce all’incontro con Cristo Buon Pastore. La sua vocazione richiede che egli sia segno di unità. Per questo deve evitare qualunque partecipazione all’attività politica di tipo partitico, che dividerebbe la comunità ». (126) E auspicio dei Padri sinodali che « si sviluppi un’azione pastorale a favore del clero diocesano, che renda più solida la sua spiritualità, la sua missione e la sua identità, il cui centro consiste nella sequela di Cristo Sommo ed Eterno Sacerdote, sempre teso al compimento della volontà del Padre. Egli è il modello della dedizione generosa, della vita austera e del servizio fino alla morte. Il sacerdote sia cosciente del fatto che, in forza del sacramento dell’Ordine, è portatore di grazia, che distribuisce ai fratelli nei sacramenti. Egli stesso si santifica nell’esercizio del ministero ». (127)

 

Immenso è il campo in cui si svolge l’azione dei sacerdoti. Conviene, pertanto, « che essi pongano al centro della loro attività ciò che è essenziale per il ministero: lasciarsi configurare a Cristo Capo e Pastore, fonte della carità pastorale, offrendo se stessi quotidianamente con Cristo nell’Eucaristia, per aiutare i fedeli a vivere l’incontro personale e comunitario con Gesù Cristo vivo ». (128) Come testimoni e discepoli di Cristo misericordioso, essi sono chiamati a farsi strumenti di perdono e di riconciliazione, impegnandosi generosamente al servizio dei fedeli secondo lo spirito del Vangelo.

 

I presbiteri, in quanto pastori del Popolo di Dio in America, devono inoltre essere attenti alle sfide del mondo attuale e sensibili ai problemi e alle speranze della loro gente, condividendone le vicissitudini e, soprattutto, assumendo un atteggiamento di solidarietà con i poveri. Avranno cura di discernere i carismi e le qualità dei fedeli capaci di contribuire all’animazione della comunità, ascoltandoli e dialogando con essi, per stimolarne così la partecipazione e la corresponsabilità. Questo favorirà una migliore distribuzione dei compiti, permettendo loro di « dedicarsi a ciò che è più strettamente connesso con l’incontro e l’annuncio di Gesù Cristo, così da rappresentare al meglio, in seno alla comunità, la presenza di Gesù che raduna il suo popolo ». (129)

 

Quest’opera di discernimento dei carismi s’estenderà anche alla valorizzazione di quei sacerdoti che appaiono atti a compiere particolari ministeri. A tutti i sacerdoti, peraltro, si chiede di prestare il loro aiuto fraterno nel presbiterio e di ricorrere ad esso con fiducia in caso di bisogno.

 

Di fronte alla splendida realtà di tanti sacerdoti in America che, con la grazia di Dio, si sforzano di far fronte ad una mole di lavoro veramente notevole, faccio mio il desiderio dei Padri sinodali di riconoscere e lodare il loro « infaticabile impegno di pastori, evangelizzatori e animatori della comunione ecclesiale, esprimendo loro gratitudine ed incoraggiandoli a continuare ad offrire la loro vita al servizio del Vangelo ». (130)

 

Promuovere la pastorale vocazionale

 

40. Il ruolo indispensabile del sacerdote in seno alla comunità deve render consapevoli tutti i figli della Chiesa in America dell’importanza della pastorale vocazionale. Il Continente americano possiede una gioventù numerosa, ricca di valori umani e religiosi. Per questo, occorre coltivare gli ambienti in cui nascono le vocazioni al sacerdozio ed alla vita consacrata, e invitare le famiglie cristiane ad aiutare i figli qualora si sentano chiamati a seguire tale cammino. (131) In effetti, le vocazioni « sono un dono di Dio » e « nascono nelle comunità di fede, anzitutto nella famiglia, nella parrocchia, nelle scuole cattoliche e in altre organizzazioni della Chiesa. I Vescovi e i presbiteri hanno la speciale responsabilità di stimolare tali vocazioni mediante l’invito personale, e principalmente con la testimonianza di una vita di fedeltà, gioia, entusiasmo e santità. La responsabilità di promuovere vocazioni al sacerdozio compete a tutto il Popolo di Dio e trova il suo principale compimento nella preghiera costante e umile per le vocazioni ». (132)

 

I seminari, quali luoghi di accoglienza e di formazione dei chiamati al sacerdozio, devono preparare i futuri ministri della Chiesa a vivere « in una solida spiritualità di comunione con Cristo Pastore e di docilità all’azione dello Spirito, che li renderà capaci in modo speciale di discernere le attese del Popolo di Dio e i diversi carismi, e di lavorare insieme ». (133) Per questo, nei seminari « si deve insistere specialmente sulla formazione specificamente spirituale, in modo che con la costante conversione, l’atteggiamento di preghiera, l’accostamento ai sacramenti dell’Eucaristia e della Penitenza, i candidati si formino all’incontro con il Signore e si preoccupino di fortificarsi per il generoso impegno pastorale ». (134) I formatori abbiano cura di accompagnare e guidare i seminaristi verso una maturità affettiva che li renda atti ad abbracciare il celibato sacerdotale e capaci di vivere in comunione con i confratelli nella vocazione sacerdotale. Inoltre, promuovano in essi la capacità di osservazione critica della realtà circostante, così che siano in grado di discernere valori e disvalori, essendo questo un requisito indispensabile per stabilire un dialogo costruttivo con il mondo di oggi.

 

Particolare attenzione sarà riservata alle vocazioni sbocciate tra gli indigeni: occorre curare una formazione inculturata nel loro ambiente. Questi candidati al sacerdozio, mentre ricevono l’adeguata formazione teologica e spirituale per il loro futuro ministero, non devono smarrire le radici che hanno nella loro cultura. (135)

 

I Padri sinodali hanno poi voluto ringraziare e benedire tutti coloro che consacrano la vita alla formazione dei futuri presbiteri nei seminari. Hanno pure invitato i Vescovi a destinare a tale compito i sacerdoti più adatti, dopo averli preparati mediante una formazione specifica atta ad abilitarli ad una missione così delicata. (136)

 

Rinnovare l’istituzione parrocchiale

 

41. La parrocchia è un luogo privilegiato in cui è possibile per i fedeli fare l’esperienza concreta della Chiesa. (137) Oggi, in America come altrove nel mondo, la parrocchia attraversa talora alcune difficoltà nello svolgimento della propria missione. Essa ha bisogno di un rinnovamento continuo partendo dal principio fondamentale che « la parrocchia deve continuare ad essere primariamente comunità eucaristica ». (138) Tale principio implica che « le parrocchie sono chiamate ad essere accoglienti e solidali, luogo dell’iniziazione cristiana, dell’educazione e della celebrazione della fede, aperte alla varietà di carismi, servizi e ministeri, organizzate in modo comunitario e responsabile, capaci di coinvolgere i movimenti di apostolato già esistenti, attente alla diversità culturale degli abitanti, aperte ai progetti pastorali e sovraparrocchiali ed alle realtà circostanti ». (139)

 

Una speciale attenzione meritano, per le loro problematiche specifiche, le parrocchie nei grandi agglomerati urbani, dove le difficoltà sono così grandi che le normali strutture pastorali risultano inadeguate e le possibilità di azione apostolica notevolmente ridotte. L’istituzione parrocchiale, tuttavia, conserva la sua importanza e va mantenuta. Per ottenere questo obiettivo, occorre « continuare la ricerca di mezzi con i quali la parrocchia e le sue strutture pastorali giungano ad essere più efficaci nelle zone urbane ». (140) Una via di rinnovamento parrocchiale, particolarmente urgente nelle parrocchie delle grandi città, si può forse trovare considerando la parrocchia come comunità di comunità e di movimenti. (141) Appare perciò opportuno il formarsi di comunità e di gruppi ecclesiali di dimensione tale da permettere vere relazioni umane: ciò consentirà di vivere più intensamente la comunione, avendo cura di coltivarla non solo « ad intra », ma anche con la comunità parrocchiale alla quale tali raggruppamenti appartengono, e con l’intera Chiesa diocesana e universale. Sarà inoltre più facile, all’interno di un simile contesto umano, raccogliersi in ascolto della Parola di Dio, per riflettere alla sua luce sui vari problemi umani, e maturare scelte responsabili ispirate all’amore universale di Cristo. (142) L’istituzione parrocchiale così rinnovata « può suscitare una grande speranza. Può formare la gente in comunità, offrire aiuto alla vita familiare, superare la condizione di anonimato, accogliere le persone e aiutarle ad inserirsi nell’ambito del vicinato e della società ». (143) In tal modo, ogni parrocchia oggi, e particolarmente quelle operanti nelle città, potrà promuovere un’evangelizzazione più personale, e al tempo stesso incrementare le relazioni positive con gli altri operatori sociali, educativi e comunitari. (144)

 

Inoltre, « questo tipo di parrocchia rinnovata richiede una figura di pastore che, anzitutto, coltivi una profonda esperienza di Cristo vivo, spirito missionario, cuore paterno, sia animatore della vita spirituale ed evangelizzatore capace di promuovere la partecipazione. La parrocchia rinnovata ha bisogno della collaborazione dei laici, di un animatore dell’attività pastorale e della capacità del pastore di lavorare con gli altri. Le parrocchie in America debbono segnalarsi per lo spirito missionario, che le spinga ad estendere la loro azione ai lontani ». (145)

 

I diaconi permanenti

 

42. Per seri motivi pastorali e teologici, il Concilio Vaticano II ha deciso di ristabilire il diaconato come grado permanente della gerarchia nella Chiesa latina, lasciando alle Conferenze Episcopali, con l’approvazione del Sommo Pontefice, di valutare l’opportunità di istituire i diaconi permanenti e in quali luoghi. (146) Si tratta di un’esperienza assai varia non solo tra le diverse zone dell’America, ma addirittura tra le diocesi di una medesima regione. « Alcune diocesi hanno formato e ordinato non pochi diaconi, e sono pienamente soddisfatte della loro integrazione e del loro ministero ». (147) Qui si vede con gioia come i diaconi, « sostenuti dalla grazia sacramentale, nel ministero (diaconia) della liturgia, della parola e della carità sono al servizio del Popolo di Dio, in comunione col Vescovo e il suo presbiterio ». (148) Altre diocesi non hanno intrapreso questo cammino, mentre altrove esistono difficoltà nell’integrazione dei diaconi permanenti all’interno della struttura gerarchica.

 

Fatta salva la libertà delle Chiese particolari di ristabilire, consentendolo il Sommo Pontefice, il diaconato come grado permanente, è chiaro che il buon esito di tale ripristino implica un diligente processo di selezione, una formazione seria ed un’attenzione scrupolosa ai candidati, come pure un sollecito accompagnamento non solo di questi sacri ministri, ma, nel caso dei diaconi sposati, anche della loro famiglia, della loro moglie e dei loro figli. (149)

 

La vita consacrata

 

43. La storia dell’evangelizzazione in America costituisce un’eloquente testimonianza dello sforzo missionario compiuto da tante persone consacrate, che, fin dall’inizio, hanno annunciato il Vangelo, hanno difeso i diritti degli indigeni e, con amore eroico a Cristo, si sono dedicati al servizio del Popolo di Dio nel Continente. (150) L’apporto delle persone consacrate all’annuncio del Vangelo in America continua ad essere di enorme importanza; si tratta di un apporto differenziato secondo i carismi propri di ogni gruppo: « gli Istituti di vita contemplativa che testimoniano l’assoluto di Dio, gli Istituti apostolici e missionari che rendono presente Cristo nei più svariati campi dell’esistenza umana, gli Istituti secolari che aiutano a risolvere la tensione tra apertura reale ai valori del mondo moderno e profonda offerta del cuore a Dio. Nascono inoltre nuovi Istituti e nuove forme di vita consacrata, che richiedono discernimento evangelico ». (151)

 

Poiché « il futuro della nuova evangelizzazione […] è impensabile senza un rinnovato contributo delle donne, specialmente delle donne consacrate », (152) è urgente favorirne la partecipazione in vari settori della vita ecclesiale, inclusi i processi nei quali si elaborano le decisioni, soprattutto in ciò che le riguarda direttamente. (153)

 

« Anche oggi la testimonianza della vita pienamente consacrata a Dio è un’eloquente proclamazione del fatto che Egli basta a dare pienezza all’esistenza di qualunque persona ». (154) Questa consacrazione al Signore deve prolungarsi nel generoso servizio alla diffusione del Regno di Dio. Per tale ragione, alle soglie del terzo millennio occorre far sì « che la vita consacrata sia maggiormente stimata e promossa da Vescovi, sacerdoti, e comunità cristiane, e che i consacrati, consapevoli della gioia e della responsabilità della loro vocazione, si integrino pienamente nella Chiesa particolare alla quale appartengono e promuovano la comunione e la mutua collaborazione ». (155)

 

I fedeli laici e il rinnovamento della Chiesa

 

44. « La dottrina del Concilio Vaticano II sull’unità della Chiesa, come Popolo di Dio radunato nell’unità del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, sottolinea che sono comuni alla dignità di tutti i battezzati l’imitazione e la sequela di Cristo, la comunione reciproca ed il mandato missionario ». (156) E necessario, pertanto, che i fedeli laici siano consapevoli della loro dignità di battezzati. Da parte loro, i Pastori abbiano profonda stima « della testimonianza e dell’azione evangelizzatrice dei laici che, inseriti nel Popolo di Dio con spiritualità di comunione, conducono i fratelli all’incontro con Gesù Cristo vivo. Il rinnovamento della Chiesa in America non sarà possibile senza la presenza attiva dei laici. Per questo, appartiene in gran parte ad essi la responsabilità per il futuro della Chiesa ». (157)

 

Due sono gli ambiti in cui si realizza la vocazione dei fedeli laici. Il primo, e più proprio del loro stato laicale, è quello delle realtà temporali, che sono chiamati ad ordinare secondo la volontà di Dio. (158) Infatti, « col loro peculiare modo di agire, il Vangelo è portato dentro le strutture del mondo e “operando santamente dappertutto consacrano a Dio il mondo stesso” ». (159) Grazie ai fedeli laici, « la presenza e la missione della Chiesa nel mondo si realizza, in modo speciale, nella varietà di carismi e ministeri che possiede il laicato. La secolarità è la nota caratteristica e propria del laico e della sua spiritualità, che lo porta ad agire nei vari ambiti della vita familiare, sociale, professionale, culturale e politica, in vista della loro evangelizzazione. In un Continente nel quale si riscontrano la competizione e l’aggressività, il consumo sregolato e la corruzione, i laici sono chiamati ad incarnare valori profondamente evangelici come la misericordia, il perdono, l’onestà, la trasparenza di cuore e la pazienza nelle situazioni difficili. Si attende dai laici una grande forza creativa in gesti e opere che manifestino una vita coerente con il Vangelo ». (160)

 

L’America ha bisogno di laici cristiani in grado di assumere ruoli direttivi nella società. E urgente formare uomini e donne capaci di incidere, secondo la propria vocazione, nella vita pubblica, orientandola al bene comune. Nell’esercizio della politica, vista nel suo senso più nobile ed autentico di amministrazione del bene comune, essi possono trovare la via della propria santificazione. A tale scopo, è necessario che siano formati sia nei principi e nei valori della dottrina sociale della Chiesa, che nelle nozioni fondamentali della teologia del laicato. La conoscenza approfondita dei principi etici e dei valori morali cristiani consentirà loro di farsene paladini nel loro ambiente, proclamandoli anche nei confronti della cosiddetta « neutralità dello Stato ». (161)

 

Vi è un secondo ambito nel quale molti fedeli laici sono chiamati a lavorare, ed è quello che si potrebbe definire « intraecclesiale ». Non sono pochi i laici in America che nutrono la legittima aspirazione di contribuire con i loro talenti e carismi « alla costruzione della comunità ecclesiale, come delegati della Parola, catechisti, visitatori di malati o di carcerati, animatori di gruppi, ecc. ». (162) I Padri sinodali hanno espresso l’auspicio che la Chiesa riconosca alcuni di questi compiti come ministeri laicali, fondati nei sacramenti del Battesimo e della Confermazione, ferma restando la specificità dei ministeri propri del sacramento dell’Ordine. Si tratta di un tema vasto e complesso per il cui studio, già da qualche tempo, ho costituito un’apposita Commissione (163) e circa il quale gli organismi della Santa Sede sono andati offrendo di volta in volta alcune linee direttive. (164) E necessario promuovere la proficua collaborazione di fedeli laici ben preparati, uomini e donne, nelle diverse attività all’interno della Chiesa, evitando tuttavia che ci sia confusione con i ministeri ordinati e con le azioni proprie del sacramento dell’Ordine, al fine di ben distinguere il sacerdozio comune dei fedeli da quello ministeriale.

 

A questo riguardo, i Padri sinodali hanno raccomandato che i compiti affidati ai laici siano ben « distinti da quelli che costituiscono tappe verso il ministero ordinato », (165) e che i candidati al sacerdozio ricevono prima del presbiterato. Come pure è stato osservato che tali compiti laicali « non devono essere conferiti se non a persone, uomini e donne, che abbiano acquisito la formazione richiesta, secondo precisi criteri: una certa permanenza, una reale disponibilità nei confronti di un determinato gruppo di persone, l’obbligo di rendere conto al proprio Pastore ». (166) In ogni caso, benché l’apostolato intraecclesiale dei laici debba essere stimolato, occorre far sì che esso coesista con l’attività propria dei laici nella quale essi non possono essere sostituiti dai sacerdoti: il campo cioè delle realtà temporali.

 

Dignità della donna

 

45. Speciale attenzione va riservata alla vocazione della donna. In altre occasioni ho voluto esprimere il mio apprezzamento per lo specifico apporto della donna al progresso dell’umanità e riconoscere la legittimità delle sue aspirazioni a partecipare in modo pieno alla vita ecclesiale, culturale, sociale ed economica. (167) Senza tale contributo verrebbero a mancare alcune ricchezze che solo il « genio femminile » (168) può apportare alla vita della Chiesa e della società stessa. Non riconoscerlo costituirebbe un’ingiustizia storica specialmente in America, se si tien conto del contributo dato dalle donne allo sviluppo materiale e culturale del Continente, come pure nella trasmissione e conservazione della fede. In effetti, « il loro ruolo fu decisivo soprattutto nella vita consacrata, nell’educazione, nell’assistenza sanitaria ». (169)

 

Purtroppo, in non poche regioni del Continente americano la donna è ancora oggetto di discriminazioni. Per questo, si può dire che il volto dei poveri in America è anche il volto di molte donne. Ecco perché i Padri sinodali hanno parlato di un « aspetto femminile della povertà ». (170) La Chiesa si sente in dovere di insistere sulla dignità umana comune ad ogni persona. Essa « denuncia la discriminazione, l’abuso sessuale e la prepotenza maschile come azioni contrarie al piano di Dio ». (171) In particolare, deplora come abominevole la sterilizzazione, a volte programmata, delle donne, soprattutto delle più povere ed emarginate, che viene praticata spesso in maniera surrettizia, all’insaputa delle stesse interessate; ciò è tanto più grave quando vien fatto per ottenere aiuti economici a livello internazionale.

 

La Chiesa nel Continente si sente impegnata ad intensificare l’attenzione per le donne e a difenderle « affinché la società in America aiuti maggiormente la vita familiare fondata sul matrimonio, protegga maggiormente la maternità ed abbia più rispetto per la dignità di tutte le donne ». (172) Occorre aiutare le donne americane a prendere parte attiva e responsabile alla vita ed alla missione della Chiesa, (173) come pure bisogna riconoscere la necessità della saggezza e della collaborazione delle donne nei ruoli dirigenziali della società americana.

 

Le sfide per la famiglia cristiana

 

46. « Dio Creatore, formando il primo uomo e la prima donna, e comandando loro “siate fecondi e moltiplicatevi” (Gn 1, 28), costituì definitivamente la famiglia. In questo santuario nasce la vita ed è accolta come dono di Dio. La Parola divina, letta assiduamente nella famiglia, la costruisce a poco a poco come chiesa domestica e la rende feconda in umanità e virtù cristiane; lì si trova la sorgente delle vocazioni. La devozione mariana, alimentata dalla preghiera, conserverà la famiglia unita e in attitudine orante con Maria, come i discepoli di Gesù prima della Pentecoste (cfr At 1, 14) ». (174) Molte sono le insidie che minacciano la solidità dell’istituzione familiare nella maggior parte dei Paesi dell’America, e costituiscono altrettante sfide per i cristiani. Vanno menzionate, tra le altre, l’aumento dei divorzi, la diffusione dell’aborto, dell’infanticidio e della mentalità contraccettiva. Di fronte a questa situazione occorre ribadire « che il fondamento della vita umana è la relazione coniugale tra il marito e la moglie, relazione che tra i cristiani è sacramentale ». (175)

 

E perciò urgente un’ampia opera di catechesi circa l’ideale cristiano della comunione coniugale e della vita familiare, che includa una spiritualità della paternità e della maternità. Maggior attenzione pastorale va dedicata al ruolo degli uomini come mariti e padri, così come alla responsabilità che condividono con le mogli riguardo al matrimonio, alla famiglia ed all’educazione dei figli. Né va omessa una seria preparazione dei giovani prima del matrimonio, nella quale sia presentata con chiarezza la dottrina cattolica su questo sacramento, a livello teologico, antropologico e spirituale. In un Continente caratterizzato da un notevole sviluppo demografico, com’è l’America, devono essere continuamente incrementate le iniziative pastorali rivolte alle famiglie.

 

Per essere veramente « chiesa domestica », (176) la famiglia cristiana è chiamata a costituire l’ambito in cui i genitori trasmettono la fede, dovendo essere « per i loro figli, con la parola e con l’esempio, i primi annunciatori della fede ». (177) Non manchi nella famiglia la pratica della preghiera, nella quale si ritrovino uniti i coniugi tra loro e con i figli. Sono, in proposito, da favorire momenti di vita spirituale in comune: la partecipazione all’Eucaristia nei giorni di festa, la pratica del sacramento della Riconciliazione, la preghiera quotidiana in famiglia e gesti concreti di carità. Si consoliderà così la fedeltà nel matrimonio e l’unità della famiglia. In un ambiente familiare con queste caratteristiche non sarà difficile che i figli sappiano scoprire la loro vocazione al servizio della comunità e della Chiesa e che apprendano, specialmente guardando all’esempio dei loro genitori, che la vita familiare è una via per realizzare l’universale vocazione alla santità. (178)

 

I giovani, speranza del futuro

 

47. I giovani sono una grande forza sociale e di evangelizzazione. Essi « costituiscono una parte numerosissima della popolazione in molte Nazioni dell’America. Nel loro incontro con Cristo vivo si fondano le speranze e le aspettative di un futuro di maggior comunione e solidarietà per la Chiesa e le società in America ». (179) Sono evidenti gli sforzi che le Chiese particolari compiono nel Continente per accompagnare gli adolescenti nell’itinerario catechetico prima della Confermazione e degli altri supporti che loro offrono perché crescano nell’incontro con Cristo e nella conoscenza del Vangelo. L’itinerario formativo dei giovani dev’essere costante e dinamico, atto ad aiutarli a trovare il loro posto nella Chiesa e nel mondo. Pertanto, la pastorale giovanile deve essere tra le preoccupazioni primarie dei Pastori e delle comunità. In realtà, molti sono i giovani americani in cerca d’un significato vero da dare alla vita ed assetati di Dio, ma molto spesso mancano le condizioni adatte per mettere a frutto le loro capacità e realizzare le loro aspirazioni. Purtroppo, la carenza di lavoro e di prospettive di futuro li conduce a volte all’emarginazione ed alla violenza. La sensazione di frustrazione, che sperimentano a causa di tutto ciò, non di rado li conduce ad abbandonare la ricerca di Dio. Dinanzi a così complessa situazione, « la Chiesa si impegna a mantenere la sua opzione pastorale e missionaria per i giovani, perché possano incontrare oggi Gesù Cristo vivo ». (180)

 

L’azione pastorale della Chiesa raggiunge molti di questi adolescenti e giovani mediante l’animazione cristiana della famiglia, la catechesi, le istituzioni educative cattoliche e la vita comunitaria nella parrocchia. Ma ve ne sono molti altri, specialmente tra quanti soffrono varie forme di povertà, che rimangono fuori del raggio di attività ecclesiale. Devono essere i giovani cristiani, formati ad una matura coscienza missionaria, gli apostoli dei loro coetanei. E necessaria un’azione pastorale che raggiunga i giovani nei loro vari ambienti: nei collegi, nelle università, nel mondo del lavoro, negli ambienti rurali, con appropriato adattamento alla loro sensibilità. In ambito parrocchiale e diocesano sarà opportuno sviluppare pure un’attività pastorale della gioventù che tenga conto dell’evoluzione del mondo dei giovani, che cerchi il dialogo con loro, che non tralasci le occasioni propizie per incontri più ampi, che animi le iniziative locali e valorizzi ciò che già si realizza a livello interdiocesano ed internazionale.

 

E che fare di fronte ai giovani che indugiano in atteggiamenti adolescenziali di una certa incostanza e difficoltà ad assumere impegni seri e definitivi? Davanti a questa carenza di maturità è necessario invitare i giovani ad avere coraggio, formandoli ad apprezzare il valore dell’impegno per tutta la vita, quale si ha nel caso del sacerdozio, della vita consacrata e del matrimonio cristiano. (181)

 

Accompagnare il bambino nel suo incontro con Cristo

 

48. I bambini sono dono e segno della presenza di Dio. « Occorre accompagnare il bambino nel suo incontro con Cristo, dal Battesimo fino alla prima Comunione, giacché fa parte della comunità vivente di fede, speranza e carità ». (182) La Chiesa è riconoscente per le fatiche dei genitori, degli insegnanti, degli operatori pastorali, sociali e sanitari, e di tutti coloro che sono al servizio della famiglia e dei bambini con il medesimo atteggiamento di Gesù Cristo che dice: « Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite perché a chi è come loro appartiene il regno di Dio » (Mt 19, 14).

 

A ragione i Padri sinodali lamentano e condannano la condizione dolorosa di molti bambini in tutta l’America, privati della dignità, dell’innocenza e persino della vita. « Questa condizione include la violenza, la povertà, la carenza di casa, la mancanza di adeguata assistenza sanitaria e di educazione, i danni delle droghe e dell’alcool, e altri stati di abbandono e di abuso ». (183) A questo proposito, nel Sinodo si è fatta speciale menzione della problematica dell’abuso sessuale dei bambini e della prostituzione infantile, ed i Padri hanno lanciato un accorato appello « a tutti coloro che sono investiti di autorità nella società, perché, come realtà prioritaria, facciano tutto ciò che è in loro potere per alleviare la sofferenza dei bambini in America ». (184)

 

Elementi di comunione con le altre Chiese e Comunità ecclesiali

 

49. Tra la Chiesa cattolica e le altre Chiese e Comunità ecclesiali esiste uno sforzo di comunione che ha la sua radice nel Battesimo amministrato in ognuna di esse. (185) E uno sforzo che si alimenta mediante la preghiera, il dialogo e l’azione comune. I Padri sinodali hanno voluto esprimere una speciale volontà di « collaborazione al dialogo già avviato con la Chiesa ortodossa, con la quale abbiamo in comune molti elementi di fede, di vita sacramentale e di pietà ». (186) Le proposte concrete dell’Assemblea sinodale circa l’insieme delle Chiese e Comunità ecclesiali cristiane non cattoliche sono molteplici. Si suggerisce, in primo luogo, « che i cristiani cattolici, pastori e fedeli, promuovano l’incontro dei cristiani delle diverse confessioni, nella collaborazione, in nome del Vangelo, per rispondere al grido dei poveri, con la promozione della giustizia, la preghiera comune per l’unità e la partecipazione alla Parola di Dio ed all’esperienza della fede in Cristo vivo ». (187) Vanno altresì favorite, quando sia opportuno e conveniente, le riunioni di persone esperte delle diverse Chiese e Comunità ecclesiali per facilitare il dialogo ecumenico. L’ecumenismo dev’essere oggetto di riflessione e di comunicazione di esperienze tra le diverse Conferenze Episcopali cattoliche del Continente.

 

Sebbene il Concilio Vaticano II si riferisca a tutti i battezzati e i credenti in Cristo come a « fratelli nel Signore », (188) è necessario saper distinguere con chiarezza le comunità cristiane, con le quali è possibile stabilire relazioni ispirate alla dinamica ecumenica, dalle sette, culti ed altri fallaci movimenti religiosi.

 

Rapporto della Chiesa con le comunità ebraiche

 

50. Nella società americana esistono altresì comunità di ebrei, con le quali la Chiesa ha instaurato in questi ultimi anni una collaborazione crescente. (189) Nella storia della salvezza è evidente la nostra speciale relazione con il popolo ebreo. Del popolo ebreo fa parte Gesù, che diede inizio alla sua Chiesa all’interno della Nazione giudaica. Gran parte della Sacra Scrittura, che noi cristiani leggiamo come Parola di Dio, costituisce un patrimonio spirituale comune con gli ebrei. (190) Va, pertanto, evitato ogni atteggiamento negativo nei loro confronti, poiché « per benedire il mondo è necessario che gli ebrei e i cristiani siano prima benedizione gli uni per gli altri ». (191)

 

Religioni non cristiane

 

51. Quanto alle religioni non cristiane, la Chiesa cattolica nulla rigetta di ciò che in esse vi è di vero e di santo. (192) Per questo, nei confronti delle altre religioni i cattolici intendono sottolineare gli elementi di verità dovunque possano trovarsi, ma al tempo stesso testimoniano fortemente la novità della rivelazione di Cristo, custodita nella sua integrità dalla Chiesa. (193) Coerentemente con questo atteggiamento, essi rifiutano come estranea allo spirito di Cristo ogni discriminazione o persecuzione contro persone a motivo della razza, del colore o della condizione di vita o della religione. La differenza di religione mai deve essere causa di violenza o di guerra. Al contrario, persone di credenze diverse devono sentirsi portate, proprio in ragione della loro adesione ad esse, a lavorare unite per la pace e per la giustizia.

 

« I musulmani, come i cristiani e gli ebrei, chiamano Abramo loro padre. Questo fatto deve assicurare che in tutta l’America queste tre comunità vivano in armonia e lavorino insieme per il bene comune. Ugualmente, la Chiesa in America deve sforzarsi di aumentare il mutuo rispetto e le buone relazioni con le religioni native americane ». (194) Analogo atteggiamento va promosso verso i gruppi induisti e buddisti o di altre religioni che i recenti flussi immigratori, provenienti da paesi orientali, hanno condotto in terra americana.

 

CAPITOLO V

 

VIA ALLA SOLIDARIETÀ

 

« Da questo tutti sapranno
che siete miei discepoli,
se avrete amore gli uni per gli altri »

(Gv 13, 35)

 

La solidarietà, frutto della comunione

 

52. « In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me » (Mt 25, 40; cfr 25, 45). La consapevolezza della comunione con Cristo e con i fratelli, che è a sua volta frutto della conversione, conduce a servire il prossimo in tutte le sue necessità, sia materiali che spirituali, perché in ogni uomo risplende il volto di Cristo. Per questo, « la solidarietà è frutto della comunione che si fonda nel mistero di Dio uno e trino, e nel Figlio di Dio incarnato e morto per tutti. Si esprime nell’amore del cristiano che cerca il bene degli altri, specialmente dei più bisognosi ». (195)

 

Da qui scaturisce per le Chiese particolari del Continente americano l’impegno alla reciproca solidarietà e alla condivisione dei doni spirituali e dei beni materiali con cui Dio le ha benedette, favorendo la disponibilità delle persone a lavorare dove necessario. Partendo dal Vangelo, occorre promuovere una cultura della solidarietà che incentivi opportune iniziative di sostegno ai poveri ed agli emarginati, in modo speciale ai rifugiati, i quali si vedono forzati a lasciare i loro villaggi e le loro terre per sfuggire alla violenza. La Chiesa in America deve stimolare gli organismi internazionali del Continente, affinché si stabilisca un ordine economico nel quale non domini soltanto il criterio del profitto, ma anche quelli della ricerca del bene comune nazionale ed internazionale, dell’equa distribuzione dei beni e della promozione integrale dei popoli. (196)

 

La dottrina della Chiesa, espressione delle esigenze della conversione

 

53. Mentre il relativismo ed il soggettivismo conoscono nel campo della dottrina morale una diffusione preoccupante, la Chiesa in America è chiamata ad annunciare con rinnovato vigore che la conversione consiste nell’adesione alla persona di Gesù Cristo, con tutte le implicazioni teologiche e morali illustrate dal Magistero ecclesiale. Occorre riconoscere « il ruolo che svolgono, in questa linea, i teologi, i catechisti e gli insegnanti di religione che, esponendo la dottrina della Chiesa in fedeltà al Magistero, cooperano direttamente alla retta formazione della coscienza dei fedeli ». (197) Se crediamo che Gesù è la Verità (cfr Gv 14, 6), non possiamo non desiderare ardentemente d’essere suoi testimoni per avvicinare i fratelli alla verità piena che dimora nel Figlio di Dio fatto uomo, morto e risorto per la salvezza del genere umano. « In tal modo potremo essere, in questo mondo, lampade viventi di fede, speranza e carità ». (198)

 

La dottrina sociale della Chiesa

 

54. Davanti ai gravi problemi di ordine sociale che, con caratteristiche diverse, sono presenti in tutta l’America, il cattolico sa di poter trovare nella dottrina sociale della Chiesa la risposta da cui partire per individuare le soluzioni concrete. Diffondere tale dottrina costituisce, pertanto, un’autentica priorità pastorale. Perciò è importante « che in America gli operatori di evangelizzazione (Vescovi, sacerdoti, insegnanti, animatori pastorali, ecc.) assimilino questo tesoro che è la dottrina sociale della Chiesa e, da essa illuminati, si rendano capaci di leggere la realtà attuale e di cercare delle vie per l’azione ». (199) A tale proposito, va privilegiata la formazione dei fedeli laici capaci di lavorare, in nome della fede in Cristo, per la trasformazione delle realtà terrene. Inoltre, sarà opportuno promuovere e sostenere lo studio di questa dottrina in tutti gli ambiti delle Chiese particolari in America e, soprattutto, in quello universitario, perché sia conosciuta con maggior profondità ed applicata alla società americana. La complessa realtà sociale di questo Continente è un campo fecondo per l’analisi e l’applicazione dei principi universali di tale dottrina.

 

Per raggiungere questo obiettivo sarebbe assai utile un compendio o una sintesi autorizzata della dottrina sociale cattolica, compreso un « catechismo », che mostri la relazione esistente tra di essa e la nuova evangelizzazione. La parte che il Catechismo della Chiesa Cattolica dedica a tale materia, a proposito del settimo comandamento del decalogo, potrebbe costituire il punto di partenza di questo « Catechismo di dottrina sociale cattolica ». Naturalmente, com’è avvenuto per il Catechismo della Chiesa Cattolica, anche questo si limiterebbe a formulare i principi generali, lasciando a successivi sviluppi applicativi la trattazione dei problemi collegati con le diverse situazioni locali. (200)

 

Nella dottrina sociale della Chiesa occupa un posto importante il diritto a un lavoro dignitoso. Per questo, di fronte agli alti tassi di disoccupazione che affliggono molti Paesi americani e di fronte alle dure condizioni in cui versano non pochi lavoratori nell’industria e nelle campagne, « è necessario apprezzare il lavoro come elemento di realizzazione e di dignità della persona umana. E responsabilità etica di una società organizzata promuovere e sostenere una cultura del lavoro ». (201)

 

Globalizzazione della solidarietà

 

55. Il complesso fenomeno della globalizzazione, come ho ricordato in precedenza, è una delle caratteristiche del mondo attuale, particolarmente riscontrabile in America. Entro tale realtà multiforme, grande importanza riveste l’aspetto economico. Con la sua dottrina sociale, la Chiesa offre un valido contributo alla problematica che presenta l’attuale economia globalizzata. La sua visione morale in tale materia « poggia sulle tre pietre angolari fondamentali della dignità umana, della solidarietà e della sussidiarietà ». (202) L’economia globalizzata dev’essere analizzata alla luce dei principi della giustizia sociale, rispettando l’opzione preferenziale per i poveri, che devono esser messi in grado di difendersi in un’economia globalizzata, e le esigenze del bene comune internazionale. In realtà, « la dottrina sociale della Chiesa è la visione morale che mira a stimolare i governi, le istituzioni e le organizzazioni private affinché configurino un futuro congruente con la dignità di ogni persona. In questa prospettiva si possono considerare le questioni che si riferiscono al debito estero, alla corruzione politica interna ed alla discriminazione sia all’interno delle Nazioni che tra di loro ». (203)

 

La Chiesa in America è chiamata non solo a promuovere una maggiore integrazione tra le Nazioni, contribuendo così a creare un’autentica cultura globalizzata della solidarietà, (204) bensì a collaborare con ogni mezzo legittimo alla riduzione degli effetti negativi della globalizzazione, quali il dominio dei più forti sui più deboli, specialmente in campo economico, e la perdita dei valori delle culture locali in favore di una male intesa omogeneizzazione.

 

Peccati sociali che gridano al cielo

 

56. Alla luce della dottrina sociale della Chiesa si valuta più chiaramente anche la gravità dei « peccati sociali che gridano al cielo, perché generano violenza, rompono la pace e l’armonia tra le comunità di una stessa Nazione, tra le Nazioni e tra le diverse zone del Continente ». (205) Tra questi si devono ricordare « il commercio di droghe, il riciclaggio di guadagni illeciti, la corruzione in qualunque ambiente, il terrore della violenza, la corsa agli armamenti, la discriminazione razziale, le disuguaglianze tra i gruppi sociali, l’irragionevole distruzione della natura ». (206) Questi peccati manifestano una profonda crisi dovuta alla perdita del senso di Dio ed all’assenza di quei principi morali che devono guidare la vita di ogni uomo. Senza riferimenti morali si cade nella bramosia illimitata della ricchezza e del potere, che offusca ogni visione evangelica della realtà sociale.

 

Non di rado, questo porta alcune istanze pubbliche a trascurare la situazione sociale. Sempre più, in molti Paesi americani, domina un sistema noto come « neoliberismo »; sistema che, facendo riferimento ad una concezione economicista dell’uomo, considera il profitto e le leggi del mercato come parametri assoluti a scapito della dignità e del rispetto della persona e del popolo. Tale sistema si è tramutato, talvolta, in giustificazione ideologica di alcuni atteggiamenti e modi di agire in campo sociale e politico, che causano l’emarginazione dei più deboli. Di fatto, i poveri sono sempre più numerosi, vittime di determinate politiche e strutture spesso ingiuste. (207)

 

La migliore risposta, a partire dal Vangelo, per questa drammatica situazione è la promozione della solidarietà e della pace, in vista dell’effettiva realizzazione della giustizia. A tal fine occorre incoraggiare e aiutare quanti sono esempio di onestà nell’amministrazione delle finanze pubbliche e della giustizia. Come pure occorre appoggiare il processo di democratizzazione in atto in America, (208) poiché in un sistema democratico sono maggiori le possibilità di controllo che permettono di evitare gli abusi.

 

« Lo Stato di diritto è la condizione necessaria per stabilire un’autentica democrazia ». (209) Perché questa si possa sviluppare, è necessaria l’educazione civica e la promozione dell’ordine pubblico e della pace. In effetti, « non vi è democrazia autentica e stabile senza giustizia sociale. Per questo è necessario che la Chiesa ponga maggior attenzione alla formazione delle coscienze, prepari dirigenti sociali per la vita pubblica a tutti i livelli, promuova l’educazione civica, l’osservanza della legge e dei diritti umani, ed attui un maggior sforzo per la formazione etica della classe politica ». (210)

 

Il fondamento ultimo dei diritti umani

 

57. E opportuno ricordare che il fondamento su cui poggiano tutti i diritti umani è la dignità della persona. « Il capolavoro divino, l’uomo, è immagine e somiglianza di Dio. Gesù ha assunto la nostra natura eccetto il peccato; ha promosso e difeso la dignità di ogni persona umana senza alcuna eccezione; è morto per la libertà di tutti. Il Vangelo ci mostra come Cristo ha esaltato la centralità della persona umana nell’ordine naturale (cfr Lc 12, 22-29), nell’ordine sociale e nell’ordine religioso, anche nei confronti della Legge (cfr Mc 2, 27); difendendo l’uomo ed anche la donna (cfr Gv 8, 11) e i bambini (cfr Mt 19, 13-15), che nel suo tempo e nella sua cultura occupavano un posto secondario nella società. Dalla dignità dell’uomo in quanto figlio di Dio nascono i diritti umani e i relativi doveri ». (211) Per questa ragione, « ogni offesa alla dignità dell’uomo è offesa a Dio stesso, di cui è immagine ». (212) Tale dignità è comune a tutti gli uomini senza eccezione, poiché tutti sono stati creati ad immagine di Dio (cfr Gn 1, 26). La risposta di Gesù alla domanda « Chi è il mio prossimo? » (Lc 10, 29) esige da ciascuno un atteggiamento di rispetto per la dignità dell’altro e di sollecita cura per lui, si trattasse anche di uno straniero o di un nemico (cfr Lc 10, 30-37). In ogni parte dell’America la consapevolezza che i diritti umani vanno rispettati è andata crescendo in questi ultimi tempi, tuttavia rimane ancora molto da fare, se si considerano le violazioni dei diritti di persone e di gruppi sociali ancora in atto nel Continente.

 

Amore preferenziale per i poveri e gli emarginati

 

58. « La Chiesa in America deve incarnare nelle sue iniziative pastorali la solidarietà della Chiesa universale verso i poveri e gli emarginati di ogni genere. Il suo atteggiamento deve comprendere l’assistenza, la promozione, la liberazione e l’accoglienza fraterna. L’obiettivo della Chiesa è che non vi sia alcun emarginato ». (213) Il ricordo dei capitoli oscuri della storia dell’America, concernenti la pratica della schiavitù e altre situazioni di discriminazione sociale, non può non suscitare un sincero desiderio di conversione che conduca alla riconciliazione ed alla comunione.

 

L’attenzione ai più bisognosi scaturisce dalla scelta di amare in modo preferenziale i poveri. Si tratta di un amore che non è esclusivo e non può essere pertanto interpretato come segno di parzialità o di settarismo; (214) amando i poveri il cristiano segue gli atteggiamenti del Signore, il quale nella sua vita terrena si dedicò con sentimenti di particolare compassione alle necessità delle persone indigenti spiritualmente e materialmente.

 

L’opera della Chiesa in favore dei poveri in tutte le zone del Continente è importante; si deve però continuare a lavorare perché questa linea di azione pastorale sia sempre più finalizzata all’incontro con Cristo, il quale, da ricco che era, si fece povero per noi al fine di arricchirci per mezzo della sua povertà (cfr 2 Cor 8, 9). Occorre intensificare ed estendere quanto già si va facendo in questo campo, al fine di raggiungere il maggior numero di poveri. La Sacra Scrittura ricorda che Dio ascolta il grido dei poveri (cfr Sal 34 [33], 7) e la Chiesa dev’essere attenta al grido dei più bisognosi. Ascoltando la loro voce, essa « deve vivere con i poveri e partecipare dei loro dolori. […] Col suo stile di vita, le sue priorità, le sue parole e le sue azioni essa deve testimoniare di essere in comunione e in solidarietà con loro ». (215)

 

Il debito estero

 

59. L’esistenza di un debito estero che soffoca non pochi popoli del Continente americano costituisce un problema complesso. Pur senza entrare nei suoi numerosi aspetti, la Chiesa nella sua sollecitudine pastorale non può ignorare tale problema, poiché esso riguarda la vita di tante persone. Per questo, diverse Conferenze Episcopali in America, consapevoli della sua gravità, hanno organizzato in proposito incontri di studio ed hanno pubblicato documenti tesi a indicare soluzioni operative. (216) Anch’io ho espresso più volte la mia preoccupazione per questa situazione, diventata in alcuni casi insostenibile. Nella prospettiva dell’ormai prossimo Grande Giubileo dell’anno 2000 e ricordando il significato sociale che i giubilei rivestivano nell’Antico Testamento, ho scritto: « Nello spirito del Libro del Levitico (25, 8-12), i cristiani dovranno farsi voce di tutti i poveri del mondo, proponendo il Giubileo come un tempo opportuno per pensare, tra l’altro, ad una consistente riduzione, se non proprio al totale condono, del debito internazionale, che pesa sul destino di molte nazioni ». (217)

 

Ribadisco l’auspicio, fatto proprio dai Padri sinodali, che il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, insieme con altri organismi competenti, come la sezione per i rapporti con gli Stati, della Segreteria di Stato, « cerchi, nello studio e nel dialogo con rappresentanti del Primo Mondo e con responsabili della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale, vie di soluzione al problema del debito estero e normative che impediscano il ripetersi di simili situazioni in occasione di prestiti futuri ». (218) Al livello più ampio possibile, sarebbe opportuno che « esperti in economia e in questioni monetarie, di fama internazionale, procedessero ad un’analisi critica dell’ordine economico mondiale, nei suoi aspetti positivi e negativi, così da correggere l’ordine attuale, e proponessero un sistema e dei meccanismi in grado di assicurare lo sviluppo integrale e solidale delle persone e dei popoli ». (219)

 

Lotta contro la corruzione

 

60. Anche in America il fenomeno della corruzione è notevolmente esteso. La Chiesa può contribuire efficacemente a sradicare questo male dalla società civile con « una maggior presenza di laici cristiani qualificati che, per la loro educazione familiare, scolastica e parrocchiale, promuovano la pratica di valori come la verità, l’onestà, la laboriosità ed il servizio del bene comune ». (220) Per raggiungere questo obiettivo, come pure per illuminare tutti gli uomini di buona volontà desiderosi di porre fine ai mali derivati dalla corruzione, occorre insegnare e diffondere il più possibile la parte che corrisponde a questo tema nel Catechismo della Chiesa Cattolica, promuovendo al tempo stesso tra i cattolici delle singole Nazioni la conoscenza dei documenti pubblicati al riguardo dalle Conferenze Episcopali delle altre Nazioni. (221) I cristiani così formati contribuiranno in modo significativo alla soluzione del problema segnalato, impegnandosi a tradurre in pratica la dottrina sociale della Chiesa in tutti gli aspetti che toccano la loro vita e in quelli dove può giungere il loro apporto.

 

Il problema delle droghe

 

61. Circa il grave problema del commercio di droghe, la Chiesa in America può collaborare efficacemente con i responsabili delle Nazioni, i dirigenti di imprese private, le organizzazioni non governative e le istanze internazionali per sviluppare progetti tesi ad abolire tale commercio, che minaccia l’integrità dei popoli in America. (222) Questa collaborazione deve estendersi agli organi legislativi, appoggiando le iniziative che impediscono il « riciclaggio di denaro », favoriscono il controllo dei beni di coloro che sono coinvolti in tale traffico e fanno sì che la produzione ed il commercio delle sostanze chimiche da cui si ottengono le droghe avvengano secondo le norme di legge. L’urgenza e la gravità del problema rendono impellente un appello ai diversi ambienti e gruppi della società civile per lottare uniti contro il commercio della droga. (223) Per quanto concerne specificamente i Vescovi, è necessario — secondo un suggerimento dei Padri sinodali — che loro stessi, come Pastori del Popolo di Dio, denuncino con coraggio e con forza l’edonismo, il materialismo e quegli stili di vita che facilmente inducono alla droga. (224)

 

Occorre, altresì, tener presente che bisogna aiutare gli agricoltori poveri, affinché non cadano nella tentazione del denaro facile, ottenibile con la coltivazione delle piante da cui si ricavano le droghe. In proposito gli Organismi internazionali possono offrire una preziosa collaborazione ai Governi favorendo con vari incentivi le produzioni agricole alternative. Va pure incoraggiata l’opera di quanti si sforzano di recuperare coloro che fanno uso di droga, dedicando un’attenzione pastorale a chi è vittima della tossicodipendenza. Di fondamentale importanza è offrire il giusto « senso della vita » alle nuove generazioni, che in mancanza di esso finiscono per cadere non di rado nella spirale perversa degli stupefacenti. Questo lavoro di ricupero e di riabilitazione sociale può costituire, come l’esperienza insegna, un vero e proprio impegno di evangelizzazione. (225)

 

La corsa agli armamenti

 

62. Un fattore che paralizza gravemente il progresso di non poche Nazioni in America è la corsa agli armamenti. Dalle Chiese particolari d’America deve alzarsi una voce profetica che denunci sia il riarmo che lo scandaloso commercio di armi da guerra, il quale assorbe ingenti somme di denaro che dovrebbero essere, invece, destinate a combattere la miseria ed a promuovere lo sviluppo. (226) D’altra parte, l’accumulo di armamenti costituisce una causa di instabilità ed una minaccia per la pace. (227) Ecco perché la Chiesa rimane vigilante di fronte al rischio di conflitti armati anche tra Nazioni sorelle. Essa, quale segno e strumento di riconciliazione e di pace, deve cercare « con tutti i mezzi possibili, anche con la via della mediazione e dell’arbitrato, di agire in favore della pace e della fraternità tra i popoli ». (228)

 

Cultura della morte e società dominata dai potenti

 

63. In America, come in altre parti del mondo, sembra oggi profilarsi un modello di società in cui dominano i potenti, emarginando e persino eliminando i deboli: penso qui ai bambini non nati, vittime indifese dell’aborto; agli anziani ed ai malati incurabili, talora oggetto di eutanasia; ed ai tanti altri esseri umani messi ai margini dal consumismo e dal materialismo. Né posso dimenticare il non necessario ricorso alla pena di morte, quando altri « mezzi incruenti sono sufficienti per difendere dall’aggressore e per proteggere la sicurezza delle persone […]. Oggi, infatti, a seguito delle possibilità di cui lo Stato dispone per reprimere efficacemente il crimine rendendo inoffensivo colui che l’ha commesso, senza togliergli definitivamente la possibilità di redimersi, i casi di assoluta necessità di soppressione del reo “sono ormai molto rari, se non addirittura praticamente inesistenti” ». (229) Un simile modello di società è improntato alla cultura della morte ed è perciò in contrasto col messaggio evangelico. Dinanzi a tale desolante realtà, la Comunità ecclesiale intende sempre più impegnarsi a difesa della cultura della vita.

 

In proposito, i Padri sinodali, facendo eco ai recenti documenti del Magistero della Chiesa, hanno ribadito con vigore l’incondizionata venerazione e la totale dedizione in favore della vita umana dal momento del concepimento fino a quello della morte naturale, ed esprimono la condanna di mali come l’aborto e l’eutanasia. Per mantenere questi insegnamenti della legge divina e naturale, è essenziale promuovere la conoscenza della dottrina sociale della Chiesa, ed impegnarsi affinché i valori della vita e della famiglia siano riconosciuti e difesi nel costume sociale e negli ordinamenti dello Stato. (230) Accanto alla tutela della vita, va intensificata, mediante molteplici istituzioni pastorali, un’attiva promozione delle adozioni ed una costante assistenza alle donne con gravidanze problematiche, sia prima che dopo la nascita del figlio. Speciale attenzione pastorale va, inoltre, riservata alle donne che hanno subito o attivamente procurato l’aborto. (231)

 

Come non rendere grazie a Dio e come non esprimere vivo apprezzamento ai fratelli e sorelle nella fede che in America, uniti ad altri cristiani e ad innumerevoli persone di buona volontà, sono impegnati nel difendere con ogni mezzo legale la vita e nel tutelare il nascituro, il malato incurabile e i disabili? La loro azione è ancor più meritoria se si considerano l’indifferenza di molti, le minacce eugenetiche e gli attentati alla vita e alla dignità umana, che vengono quotidianamente perpetrati dappertutto. (232)

 

Questa stessa premura va diretta agli anziani, talora trascurati e lasciati in balia di se stessi. Essi vanno rispettati come persone; è importante realizzare per loro iniziative di accoglienza e di assistenza, che promuovano i loro diritti e assicurino per quanto possibile il loro benessere fisico e spirituale. Gli anziani vanno protetti dalle situazioni e pressioni che potrebbero spingerli verso il suicidio; in particolare, essi vanno oggi sostenuti contro la tentazione del suicidio assistito e dell’eutanasia.

 

Insieme con i Pastori del Popolo di Dio in America, faccio appello ai « cattolici che operano nel campo medico-sanitario ed a quanti ricoprono cariche pubbliche, come pure a quanti sono impegnati nell’insegnamento, affinché facciano tutto il possibile per difendere le vite che corrono maggior pericolo, agendo con una coscienza rettamente formata secondo la dottrina cattolica. I Vescovi e i presbiteri hanno, in questo campo, la speciale responsabilità di dare instancabile testimonianza a favore del Vangelo della vita e nell’esortare i fedeli ad agire conseguentemente ». (233) Al tempo stesso, è indispensabile che la Chiesa in America illumini con opportuni interventi l’elaborazione delle decisioni delle assemblee legislative, stimolando i cittadini, sia i cattolici che le altre persone di buona volontà, a costituire organizzazioni per promuovere validi progetti di legge ed opporsi a quanti minacciano la famiglia e la vita, che sono due realtà inseparabili. Ai nostri giorni occorre in modo speciale tener presente quanto si riferisce alla diagnosi prenatale, perché non si leda in alcuna maniera la dignità umana.

 

I popoli indigeni e gli americani di origine africana

 

64. Se la Chiesa in America, fedele al Vangelo di Cristo, intende percorrere la via della solidarietà, deve dedicare una speciale attenzione a quelle etnie che ancor oggi sono oggetto di ingiuste discriminazioni. In effetti, occorre sradicare ogni tentativo di emarginazione nei confronti delle popolazioni indigene. Questo implica, in primo luogo, che si devono rispettare i loro territori e i patti stabiliti con esse; ugualmente, occorre rispondere ai loro legittimi bisogni sociali, sanitari, culturali. E come dimenticare l’esigenza di riconciliazione tra i popoli indigeni e le società in cui vivono?

 

Vorrei qui ricordare che anche gli americani di origine africana continuano a subire, in alcune zone, pregiudizi etnici, che costituiscono per loro un serio ostacolo all’incontro con Cristo. Dal momento che ogni persona, di qualunque razza e condizione, è stata creata da Dio a sua immagine, occorre promuovere programmi concreti, in cui non deve mancare la preghiera in comune, i quali favoriscano la comprensione e la riconciliazione tra popoli diversi, costituendo ponti di amore cristiano, di pace e di giustizia tra tutti gli uomini. (234)

 

Per raggiungere questi obiettivi è indispensabile formare competenti operatori pastorali, capaci di servirsi, nella catechesi e nella liturgia, di metodi già legittimamente « inculturati », evitando sincretismi che facciano ricorso ad un’esposizione parziale della genuina dottrina cristiana. Così pure, si otterrà più facilmente un numero adeguato di Pastori che svolgano la loro attività tra gli indigeni, se ci si preoccuperà di promuovere le vocazioni al sacerdozio ed alla vita consacrata tra questi popoli. (235)

 

La problematica degli immigrati

 

65. Il Continente americano ha conosciuto nella sua storia molti movimenti di immigrazione, con schiere di uomini e di donne giunti nelle varie regioni con la speranza di un futuro migliore. Il fenomeno continua anche oggi ed interessa, in particolare, numerose persone e famiglie provenienti da Nazioni latino-americane, che si sono stanziate nelle regioni del Nord del Continente, fino a costituire in alcuni casi una parte considerevole della popolazione. Spesso esse recano con sé un patrimonio culturale e religioso ricco di significativi elementi cristiani. La Chiesa è consapevole dei problemi suscitati da questa situazione ed è impegnata a sviluppare con ogni sforzo la propria azione pastorale tra tali immigrati, per favorirne l’insediamento nel territorio e per suscitare allo stesso tempo un atteggiamento di accoglienza da parte delle popolazioni locali, nella convinzione che dalla mutua apertura deriverà un arricchimento per tutti.

 

Le comunità ecclesiali non mancheranno di vedere nel fenomeno una specifica chiamata a vivere il valore evangelico della fraternità ed insieme l’invito ad imprimere rinnovato slancio alla propria religiosità per una più incisiva azione evangelica. In questo senso i Padri sinodali hanno ricordato che « la Chiesa in America deve essere avvocata vigilante che difende, contro ogni ingiusta restrizione, il diritto naturale di ogni persona a muoversi liberamente all’interno della sua Nazione e da una Nazione all’altra. Bisogna porre attenzione ai diritti dei migranti e delle loro famiglie ed al rispetto della loro dignità umana, anche nei casi di immigrazioni non legali ». (236)

 

Nei confronti dei migranti occorre un comportamento ospitale ed accogliente, che li incoraggi ad inserirsi nella vita ecclesiale, fatte salve sempre la loro libertà e la loro peculiare identità culturale. A tal fine, risulta quanto mai proficua la collaborazione tra le Diocesi da cui essi provengono e quelle in cui sono accolti, anche mediante specifiche strutture pastorali previste nella legislazione e nella prassi della Chiesa. (237) Si può assicurare così una cura pastorale il più possibile adeguata e completa. La Chiesa in America deve essere mossa dalla costante sollecitudine di non far mancare un’efficace evangelizzazione a quanti sono arrivati di recente e ancora non conoscono Cristo. (238)

 

CAPITOLO VI

 

LA MISSIONE DELLA CHIESA
OGGI IN AMERICA:
LA NUOVA EVANGELIZZAZIONE

 

« Come il Padre ha mandato me,
anch’io mando voi »
(Gv 20, 21)

 

Mandati da Cristo

 

66. Cristo risorto, prima della sua ascensione al cielo, inviò gli Apostoli ad annunciare il Vangelo al mondo intero (cfr Mc 16, 15), conferendo loro i poteri necessari per realizzare tale missione. E significativo che, prima di affidare l’ultimo mandato missionario, Gesù faccia riferimento al potere universale ricevuto dal Padre (cfr Mt 28, 18). In effetti, Cristo ha trasmesso agli Apostoli la missione ricevuta dal Padre (cfr Gv 20, 21), e li ha resi così partecipi dei suoi poteri.

 

Ma anche i « fedeli laici, proprio perché membri della Chiesa, hanno la vocazione e la missione di essere annunciatori del Vangelo: per quest’opera sono abilitati e impegnati dai Sacramenti dell’iniziazione cristiana e dai doni dello Spirito Santo ». (239) Essi, infatti, sono stati « resi partecipi nella loro misura della funzione sacerdotale, profetica e regale di Cristo ». (240) Di conseguenza, « i fedeli laici, in forza della loro partecipazione all’ufficio profetico di Cristo, sono pienamente coinvolti in questo compito della Chiesa » (241) e, pertanto, devono sentirsi chiamati ed inviati a proclamare la Buona Novella del Regno. Le parole di Gesù: « Andate anche voi nella mia vigna » (Mt 20, 4) (242) devono intendersi rivolte non solo agli Apostoli, ma a tutti coloro che desiderano essere autentici discepoli del Signore.

 

Il compito fondamentale per il quale Gesù invia i suoi discepoli è l’annuncio della Buona Novella, vale a dire l’evangelizzazione (cfr Mc 16, 15-18). Ne deriva che « evangelizzare è la grazia e la vocazione propria della Chiesa, la sua identità più profonda ». (243) Come ho detto in altre occasioni, la singolarità e la novità della situazione in cui il mondo e la Chiesa si trovano, alle porte del terzo millennio, e le esigenze che ne derivano, fanno sì che la missione evangelizzatrice richieda oggi anche un nuovo programma, che si può definire nel suo insieme « nuova evangelizzazione ». (244) Come supremo Pastore della Chiesa desidero ardentemente invitare tutti i membri del Popolo di Dio, e particolarmente quanti vivono nel Continente americano — dal quale per la prima volta feci appello ad un impegno nuovo « nel suo fervore, nei suoi metodi, nella sua espressione » (245) — a fare proprio questo progetto e a collaborare ad esso. Accettando questa missione, ognuno ricordi che il nucleo vitale della nuova evangelizzazione dev’essere l’annuncio chiaro e inequivocabile della persona di Gesù Cristo, cioè l’annuncio del suo nome, della sua dottrina, della sua vita, delle sue promesse e del Regno che Egli ci ha conquistato attraverso il suo mistero pasquale. (246)

 

Gesù Cristo, « buona novella » e primo evangelizzatore

 

67. Gesù Cristo è la « buona novella » della salvezza comunicata agli uomini di ieri, di oggi e di sempre; ma al tempo stesso Egli è anche il primo e supremo evangelizzatore. (247) La Chiesa deve porre il centro della sua attenzione pastorale e della sua azione evangelizzatrice in Cristo crocifisso e risorto. « Tutto quello che si progetta in campo ecclesiale deve partire da Cristo e dal suo Vangelo ». (248) Perciò, « la Chiesa in America deve parlare sempre più di Gesù Cristo, volto umano di Dio e volto divino dell’uomo. E questo annuncio che veramente scuote gli uomini, risveglia e trasforma gli animi, vale a dire, converte. Bisogna annunciare Cristo con gioia e con forza, ma soprattutto con la testimonianza della propria vita ». (249)

 

Ogni cristiano potrà compiere efficacemente la sua missione nella misura in cui assume la vita del Figlio di Dio fatto uomo come il modello perfetto della sua azione evangelizzatrice. La semplicità del suo stile e le sue scelte devono essere normative per tutti nell’impresa dell’evangelizzazione. In questa prospettiva, i poveri saranno certamente considerati tra i primi destinatari dell’evangelizzazione, sull’esempio di Cristo, che diceva di se stesso: « Lo Spirito del Signore […] mi ha consacrato con l’unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio » (Lc 4, 18). (250)

 

Come ho già rilevato in precedenza, l’amore per i poveri dev’essere preferenziale, ma non esclusivo. L’aver impostato la cura pastorale verso i poveri con un certo esclusivismo — hanno segnalato i Padri sinodali — ha talvolta portato a trascurare gli ambienti dirigenziali della società e ciò ha avuto come conseguenza l’allontanamento dalla Chiesa di non pochi di essi. (251) I danni derivati dalla diffusione del secolarismo in tali ambienti, sia politici che economici, sindacali, militari, sociali, culturali, mostrano l’urgenza di una loro evangelizzazione, animata e guidata dai Pastori che si sentono chiamati da Dio a prendersi cura di tutti. Essi potranno contare sull’apporto di quanti — e per fortuna sono ancora numerosi — sono restati fedeli ai valori cristiani: a questo proposito, i Padri sinodali hanno ricordato « l’impegno di non pochi […] dirigenti per costruire una società giusta e solidale ». (252) Con il loro sostegno i Pastori affronteranno il non facile compito dell’evangelizzazione di questi settori della società: con fervore rinnovato e metodi aggiornati si volgeranno ai dirigenti, uomini e donne, per portare loro l’annuncio di Cristo, insistendo principalmente sulla formazione delle coscienze mediante la dottrina sociale della Chiesa. Tale formazione costituirà il miglior antidoto contro i non pochi casi di incoerenza e, talvolta, di corruzione che segnano le strutture sociopolitiche. Viceversa, se si trascura questa evangelizzazione dei dirigenti, non deve sorprendere che molti di essi seguano criteri estranei al Vangelo e, talvolta, ad esso apertamente contrari.

 

L’incontro con Cristo spinge ad evangelizzare

 

68. L’incontro con il Signore produce una profonda trasformazione di quanti non si chiudono a Lui. Il primo impulso che nasce da tale trasformazione è comunicare agli altri la ricchezza scoperta nell’esperienza di questo incontro. Non si tratta solo di insegnare quello che abbiamo conosciuto, ma anche di far sì, come la donna samaritana, che gli altri incontrino personalmente Gesù: « Venite a vedere » (Gv 4, 29). Il risultato sarà lo stesso che si verificò nel cuore dei samaritani, che dissero alla donna: « Non è più per la tua parola che noi crediamo; ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo » (Gv 4, 42). La Chiesa, che vive della presenza permanente e misteriosa del suo Signore risorto, ha come centro della sua missione l’impegno di « condurre tutti gli uomini all’incontro con Cristo ». (253)

 

Essa è chiamata ad annunciare che davvero Cristo è il Vivente, il Figlio di Dio, che si fece uomo, morì e risuscitò. Egli è l’unico Salvatore di tutti gli uomini e di tutto l’uomo e, come Signore della storia, agisce continuamente nella Chiesa e nel mondo per mezzo del suo Spirito fino alla fine dei secoli. Questa presenza del Risorto nella Chiesa rende possibile il nostro incontro con Lui, grazie all’azione invisibile del suo Spirito vivificante. Tale incontro si realizza nella fede ricevuta e vissuta nella Chiesa, corpo mistico di Cristo. Esso, pertanto, possiede essenzialmente una dimensione ecclesiale e porta ad un impegno di vita. Infatti, « incontrare Cristo vivo significa accogliere il suo amore preveniente, scegliere Lui, aderire liberamente alla sua persona e al suo progetto, che consiste nell’annuncio e nella realizzazione del Regno di Dio ». (254)

 

La chiamata suscita la ricerca di Gesù: « “Rabbi (che significa maestro), dove abiti?”. Disse loro: “Venite e vedrete”. Andarono dunque e videro dove abitava e quel giorno si fermarono presso di lui » (Gv 1, 38-39). « Questo “fermarsi” non si limita al giorno della vocazione, bensì si estende a tutta la vita. Seguirlo comporta vivere come Lui ha vissuto, accettare il suo messaggio, fare propri i suoi criteri, abbracciare il suo destino, condividere il suo progetto che è il disegno del Padre: invitare tutti alla comunione trinitaria ed alla comunione con i fratelli in una società giusta e solidale ». (255) L’ardente desiderio di invitare gli altri a incontrare Colui che noi abbiamo incontrato, sta alla radice della missione evangelizzatrice alla quale è chiamata tutta la Chiesa, ma che si fa particolarmente urgente oggi in America, dopo aver celebrato i 500 anni della prima evangelizzazione e mentre ci prepariamo a commemorare con riconoscenza i 2000 anni della venuta del Figlio unigenito di Dio nel mondo.

 

Importanza della catechesi

 

69. La nuova evangelizzazione, nella quale tutto il Continente è impegnato, indica che la fede non può essere presupposta, ma che dev’essere proposta esplicitamente in tutta la sua ampiezza e ricchezza. Questo è l’obiettivo principale della catechesi, la quale, per sua stessa natura, è una dimensione essenziale della nuova evangelizzazione. « La catechesi è un itinerario di formazione nella fede, nella speranza e nella carità, che informa la mente e tocca il cuore, conducendo la persona ad abbracciare Cristo in modo pieno e completo. Introduce più pienamente il credente nell’esperienza della vita cristiana, che comprende la celebrazione liturgica del mistero della redenzione e il servizio cristiano agli altri ». (256)

 

Ben conoscendo la necessità di una catechesi completa, ho fatto mia la proposta dei Padri dell’Assemblea straordinaria del Sinodo dei Vescovi del 1985, di elaborare « un catechismo o compendio di tutta la dottrina cattolica per quanto riguarda sia la fede che la morale », che potesse essere « punto di riferimento per i catechismi o compendi che vengono preparati nelle diverse regioni ». (257) Tale proposta è stata realizzata con la pubblicazione dell’edizione tipica del Catechismus Catholicae Ecclesiae. (258) Oltre al testo ufficiale del Catechismo, e per un migliore utilizzo dei suoi contenuti, ho voluto che si elaborasse e si pubblicasse altresì un Direttorio generale per la catechesi. (259) Raccomando vivamente l’uso di questi due strumenti, di valore universale, a quanti in America si dedicano alla catechesi. E auspicabile che entrambi i documenti vengano utilizzati « nella preparazione e nella verifica di tutti i programmi parrocchiali e diocesani di catechesi, tenendo presente che la situazione religiosa dei giovani e degli adulti richiede una catechesi più kerigmatica e più organica nella presentazione dei contenuti della fede ». (260)

 

E necessario riconoscere e incoraggiare la benemerita missione che svolgono tanti catechisti in tutto il Continente americano, come autentici messaggeri del Regno: « La loro fede e la loro testimonianza di vita sono parte integrante della catechesi ». (261) Desidero incoraggiare sempre più i fedeli ad assumere con impegno ed amore al Signore questo servizio alla Chiesa, offrendo generosamente il loro tempo e i loro talenti. Da parte loro, i Vescovi si preoccupino di offrire ai catechisti un’adeguata formazione perché possano svolgere questo compito così indispensabile nella vita della Chiesa.

 

Nella catechesi sarà opportuno tener presente, soprattutto in un Continente come l’America, dove la questione sociale costituisce un aspetto rilevante, che « la crescita nella comprensione della fede e la sua espressione pratica nella vita sociale stanno in intima correlazione. Le forze che si adoperano per favorire l’incontro con Cristo non possono non avere un favorevole contraccolpo nella promozione del bene comune in una società giusta ». (262)

 

Evangelizzazione della cultura

 

70. Il mio predecessore Paolo VI, con sapiente ispirazione, rilevava che la « rottura tra Vangelo e cultura è senza dubbio il dramma della nostra epoca ». (263) Giustamente, pertanto, i Padri sinodali hanno ritenuto che « la nuova evangelizzazione richiede uno sforzo lucido, serio e ordinato per evangelizzare la cultura ». (264) Il Figlio di Dio, nell’assumere la natura umana, si incarnò in un determinato popolo, benché la sua morte redentrice abbia portato la salvezza a tutti gli uomini, di qualsiasi cultura, razza e condizione. Il dono del suo Spirito ed il suo amore sono diretti a tutti e singoli i popoli e le culture per unirli tra loro sull’esempio della perfetta unità che esiste in Dio Uno e Trino. Perché ciò sia possibile, è necessario inculturare la predicazione, in modo che il Vangelo sia annunciato nel linguaggio e nella cultura di quanti lo ascoltano. (265) Al tempo stesso, però, occorre non dimenticare che solo il mistero pasquale di Cristo, somma manifestazione del Dio infinito nella finitezza della storia, può essere punto di riferimento valido per tutta l’umanità pellegrina alla ricerca dell’autentica unità e della vera pace.

 

Il volto meticcio della Vergine di Guadalupe sin dall’inizio fu nel Continente un simbolo dell’inculturazione della evangelizzazione, della quale è stata la stella e la guida. Con la sua potente intercessione, l’evangelizzazione potrà penetrare il cuore degli uomini e delle donne d’America, e permeare le loro culture trasformandole dal di dentro. (266)

 

Evangelizzare i centri educativi

 

71. Il mondo dell’educazione è un campo privilegiato per promuovere l’inculturazione del Vangelo. Tuttavia, i centri educativi cattolici, e quelli che, pur non essendo confessionali, hanno una chiara ispirazione cattolica, potranno sviluppare un’azione di autentica evangelizzazione soltanto se a tutti i livelli, compreso quello universitario, sapranno conservare con chiarezza il loro orientamento cattolico. I contenuti del progetto educativo dovranno fare riferimento costante a Gesù Cristo e al suo messaggio, così come lo presenta la Chiesa nel suo insegnamento sia dogmatico che morale. Solo così si potranno formare dirigenti autenticamente cristiani nei diversi campi dell’attività umana e della società, specialmente nella politica, nell’economia, nella scienza, nell’arte e nella riflessione filosofica. (267) In questo senso, « è essenziale che l’Università Cattolica sia, nello stesso tempo, veramente e realmente entrambe le cose: Università e Cattolica. […] L’indole cattolica è un elemento costitutivo della Università in quanto istituzione, e non dipende pertanto dalla semplice decisione degli individui che dirigono l’Università in un determinato tempo ». (268) Il lavoro pastorale nelle Università Cattoliche sarà, quindi, oggetto di particolare sollecitudine: si deve suscitare l’impegno apostolico degli studenti, perché diventino essi stessi evangelizzatori del mondo universitario. (269) E inoltre « occorre stimolare la cooperazione tra le Università Cattoliche di tutta l’America, perché si arricchiscano a vicenda », (270) contribuendo in tal modo a realizzare anche a livello universitario il principio della solidarietà e dell’interscambio tra i popoli di tutto il Continente.

 

Qualcosa di simile si deve dire anche a proposito delle scuole cattoliche, in particolare per quanto concerne l’insegnamento secondario: « Occorre fare uno sforzo speciale per rafforzare l’identità cattolica delle scuole, che fondano la loro natura specifica in un progetto educativo che ha la sua origine nella persona di Cristo e la sua radice nella dottrina del Vangelo. Le scuole cattoliche devono cercare non soltanto di impartire un’educazione qualificata dal punto di vista tecnico e professionale, ma anche e soprattutto di curare la formazione integrale della persona umana ». (271) Data l’importanza del compito che svolgono gli educatori cattolici, mi unisco ai Padri sinodali nell’incoraggiare con animo riconoscente tutti coloro che si dedicano all’insegnamento nelle scuole cattoliche: sacerdoti, uomini e donne consacrati, e laici impegnati, « perché perseverino nella loro missione così importante ». (272) Occorre far sì che l’influsso di questi centri d’insegnamento arrivi a tutti i settori della società, senza distinzioni né esclusivismi. E indispensabile che si faccia ogni sforzo possibile affinché le scuole cattoliche, nonostante le difficoltà economiche, continuino ad impartire « l’educazione cattolica ai poveri ed agli emarginati nella società ». (273) Non sarà mai possibile liberare gli indigenti dalla loro povertà, se prima non li si libera dalla miseria dovuta alla carenza di una degna educazione.

 

Nel progetto globale della nuova evangelizzazione, il settore dell’educazione occupa un posto privilegiato. Per questo, va incoraggiata l’attività di tutti i docenti cattolici, anche di quelli impegnati in scuole non confessionali. Rivolgo pure un appello urgente ai consacrati ed alle consacrate, perché non abbandonino questo campo tanto importante per la nuova evangelizzazione. (274)

 

Come frutto ed espressione della comunione tra tutte le Chiese particolari d’America, certamente rafforzata dall’esperienza spirituale dell’Assemblea sinodale, non si tralascerà di promuovere convegni per gli educatori cattolici in ambito nazionale e continentale, procurando di ordinare ed incrementare l’azione pastorale educativa in tutti gli ambienti. (275)

 

Per adempiere a tutti questi compiti, la Chiesa in America ha bisogno nel campo dell’insegnamento di un suo spazio di libertà, che non va inteso come un privilegio, ma come un diritto, in virtù della missione evangelizzatrice affidatale dal Signore. Inoltre, i genitori hanno il diritto fondamentale e primario di decidere dell’educazione dei loro figli e, per tale motivo, i genitori cattolici devono avere la possibilità di scegliere l’educazione consona con le proprie convinzioni religiose. La funzione dello Stato in questo ambito è sussidiaria. Esso ha l’obbligo « di garantire a tutti l’educazione e di rispettare e difendere la libertà d’insegnamento. Il monopolio dello Stato in questo campo va denunciato come una forma di totalitarismo lesivo dei diritti fondamentali che deve difendere, specialmente del diritto dei genitori all’educazione religiosa dei propri figli. La famiglia è il primo spazio educativo della persona ». (276)

 

Evangelizzare con i mezzi di comunicazione sociale

 

72. E fondamentale, per l’efficacia della nuova evangelizzazione, una profonda conoscenza della cultura attuale nella quale i mezzi di comunicazione sociale hanno grande influenza. Conoscere e usare questi mezzi, sia nelle loro forme tradizionali che in quelle più recenti introdotte dal progresso tecnologico, è, pertanto, indispensabile. L’odierna realtà richiede che si sappia dominare il linguaggio, la natura e le caratteristiche dei mass media. Usandoli in maniera corretta e competente, si può portare a compimento un’autentica inculturazione del Vangelo. D’altra parte, questi stessi mezzi contribuiscono a modellare la cultura e la mentalità degli uomini e delle donne del nostro tempo; ragion per cui gli operatori nel campo degli strumenti di comunicazione sociale devono essere destinatari di una speciale azione pastorale. (277)

 

Al riguardo, i Padri sinodali hanno indicato numerose iniziative concrete per una presenza efficace del Vangelo nel mondo dei mezzi di comunicazione sociale: la formazione di operatori pastorali per tale ambito; la promozione di centri di produzione qualificata; l’uso prudente e mirato di satelliti e delle nuove tecnologie; la formazione dei fedeli perché siano utenti « critici »; l’unione degli sforzi per acquisire e per poi gestire insieme nuove emittenti e reti radiotelevisive, come pure il coordinamento di quelle già esistenti. Quanto poi alle pubblicazioni cattoliche, esse meritano di essere sostenute ed hanno bisogno di raggiungere un auspicato sviluppo qualitativo.

 

Occorre incoraggiare gli imprenditori perché sostengano economicamente prodotti di qualità che promuovono i valori umani e cristiani. (278) Tuttavia, un programma tanto vasto supera di molto le possibilità delle singole Chiese particolari del Continente americano. Per questo, gli stessi Padri sinodali hanno proposto il coordinamento interamericano delle attività esistenti nel campo dei mezzi di comunicazione sociale per aiutare la reciproca conoscenza e cooperazione delle realizzazioni già esistenti nel settore. (279)

 

La sfida delle sette

 

73. L’attività di proselitismo, che le sette e nuovi gruppi religiosi sviluppano in non poche regioni d’America, costituisce un grave ostacolo per l’impegno evangelizzatore. La parola « proselitismo » ha un senso negativo quando riflette un modo di conquistare adepti non rispettoso della libertà di coloro ai quali si rivolge una determinata propaganda religiosa. (280) La Chiesa cattolica in America critica il proselitismo delle sette e, per questa stessa ragione, nella sua azione evangelizzatrice esclude il ricorso a metodi simili. Proponendo il Vangelo di Cristo in tutta la sua integrità, l’attività evangelizzatrice deve rispettare il santuario della coscienza di ciascun individuo, nel quale si sviluppa il dialogo decisivo, assolutamente personale, tra la grazia e la libertà dell’uomo.

 

Questo deve esser tenuto presente specialmente nei confronti dei fratelli cristiani delle Chiese e Comunità ecclesiali separate dalla Chiesa cattolica, stabilite già da molto tempo in determinate regioni. I vincoli di vera comunione, anche se imperfetta, che, secondo la dottrina del Concilio Vaticano II, (281) queste Comunità già hanno con la Chiesa cattolica, devono illuminare gli atteggiamenti di questa e di tutti i suoi membri nei confronti di esse. (282) Questi atteggiamenti, tuttavia, non potranno essere tali da pregiudicare la ferma convinzione che soltanto nella Chiesa cattolica vi sia la pienezza dei mezzi di salvezza stabiliti da Gesù Cristo. (283)

 

I successi del proselitismo delle sette e dei nuovi gruppi religiosi in America non possono essere guardati con indifferenza. Essi esigono dalla Chiesa in questo Continente uno studio approfondito, da realizzare in ogni Nazione ed anche a livello internazionale, per scoprire i motivi per i quali non pochi cattolici abbandonano la Chiesa. E necessario rivedere i metodi pastorali adottati, in modo che ogni Chiesa particolare offra ai fedeli un’attenzione religiosa più personalizzata, fortifichi le strutture di comunione e missione ed usi le possibilità evangelizzatrici che offre una religiosità popolare purificata, così da rendere più viva la fede di tutti i cattolici in Gesù Cristo, attraverso la preghiera e la meditazione della Parola di Dio opportunamente commentata. (284) A nessuno sfugge l’urgenza di una tempestiva azione evangelizzatrice nei confronti di quei settori del Popolo di Dio che risultano più esposti al proselitismo delle sette: le fasce degli immigrati, i quartieri periferici delle città o i paesi della campagna privi di una sistematica presenza del sacerdote e perciò segnati da diffusa ignoranza religiosa, le famiglie di persone semplici provate da difficoltà materiali di vario genere. Di grande utilità si rivelano, anche da questo punto di vista, le comunità di base, i movimenti, i gruppi di famiglie ed altre forme associative in cui è più facile coltivare relazioni interpersonali di reciproco sostegno spirituale ed anche economico.

 

E tuttavia necessario tenere sempre presente il rischio segnalato da alcuni Padri sinodali: una pastorale orientata in modo quasi esclusivo alle necessità materiali dei destinatari finisce per deludere la fame di Dio che hanno questi popoli, lasciandoli così in una situazione vulnerabile davanti a qualsiasi presunta offerta spirituale. Per questo, « è indispensabile che tutti si tengano uniti a Cristo mediante l’annuncio kerigmatico gioioso e trasformante, specialmente quello della predicazione nella liturgia ». (285) Una Chiesa che viva intensamente la dimensione spirituale e contemplativa, e che si prodighi generosamente nel servizio della carità, sarà in maniera sempre più eloquente testimone credibile di Dio per uomini e donne alla ricerca di un senso per la propria vita. (286) A tal fine è quanto mai necessario che i fedeli passino da una fede abitudinaria, sostenuta forse solo dall’ambiente, ad una fede consapevole, vissuta personalmente. Rinnovarsi nella fede sarà sempre la via migliore per condurre tutti alla Verità che è Cristo.

 

Affinché la risposta alla sfida delle sette sia efficace, si richiede un adeguato coordinamento delle iniziative a livello sovradiocesano, allo scopo di realizzare una cooperazione attraverso progetti comuni che potranno dare maggiori frutti. (287)

 

La missione ad gentes

 

74. Gesù Cristo ha affidato alla sua Chiesa la missione di evangelizzare tutte le Nazioni: « Andate dunque e ammaestrate tutte le Nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato » (Mt 28, 19-20). La coscienza dell’universalità della missione evangelizzatrice che la Chiesa ha ricevuto deve rimanere viva, come ha sempre dimostrato la storia del Popolo di Dio peregrinante in America. L’evangelizzazione si fa più urgente nei confronti di quanti, vivendo in questo Continente, ancora non conoscono il nome di Gesù, l’unico nome dato agli uomini per salvarsi (cfr At 4, 12). Questo nome, purtroppo, è sconosciuto in una vasta parte dell’umanità e in molti ambienti della società americana. Basti pensare alle etnie indigene tuttora non cristianizzate o alla presenza di religioni non cristiane come l’Islam, il Buddismo, o l’Induismo, soprattutto tra gli immigrati provenienti dall’Asia.

 

Questo obbliga la Chiesa in America a rimanere aperta alla missione ad gentes. (288) Il programma di una nuova evangelizzazione nel Continente, obiettivo di molti progetti pastorali, non può limitarsi a rivitalizzare la fede dei credenti abitudinari, ma deve cercare anche di annunciare Cristo negli ambienti nei quali è sconosciuto.

 

Inoltre, le Chiese particolari d’America sono chiamate ad estendere il loro slancio evangelizzatore oltre le frontiere continentali. Non possono tenere per sé le immense ricchezze del loro patrimonio cristiano. Devono portarlo al mondo intero e comunicarlo a quanti ancora lo ignorano. Si tratta di molti milioni di uomini e di donne che, senza la fede, patiscono la più grave delle povertà. Davanti a questa povertà sarebbe un errore non favorire un’attività evangelizzatrice fuori del Continente con il pretesto che c’è ancora molto da fare in America o nell’attesa di giungere prima ad una situazione, in fondo utopica, di piena realizzazione della Chiesa in America.

 

Con l’auspicio che il Continente americano, in sintonia con la sua vitalità cristiana, partecipi al grande compito della missione ad gentes, faccio mie le proposte concrete che i Padri sinodali hanno presentato: quelle cioè di « sostenere una maggiore cooperazione tra le Chiese sorelle; di inviare missionari (sacerdoti, consacrati e fedeli laici) dentro e fuori il Continente; di rafforzare o creare Istituti missionari; di favorire la dimensione missionaria della vita consacrata e contemplativa; di dare un maggior impulso all’animazione, alla formazione e all’organizzazione missionaria ». (289) Sono sicuro che lo zelo pastorale dei Vescovi e degli altri figli della Chiesa in tutta l’America saprà trovare iniziative concrete, anche a livello internazionale, che portino a realizzare con grande dinamismo e creatività questi propositi missionari.

 

CONCLUSIONE

 

Con speranza e gratitudine

 

75. « Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo » (Mt 28, 20). Confidando in questa promessa del Signore, la Chiesa pellegrina nel Continente americano si dispone con entusiasmo ad affrontare le sfide del mondo attuale e quelle che il futuro potrà presentare. Nel Vangelo la buona notizia della resurrezione del Signore è accompagnata dall’invito a non temere (cfr Mt 28, 5.10). La Chiesa in America desidera camminare nella speranza, come hanno affermato i Padri sinodali: « Con fiducia serena nel Signore della storia, la Chiesa si dispone a superare la soglia del Terzo Millennio senza pregiudizi, né pusillanimità, senza egoismo, senza timore né dubbi, persuasa del servizio fondamentale e primario che deve prestare come testimonianza di fedeltà a Dio e agli uomini e alle donne del Continente ». (290)

 

Inoltre, la Chiesa in America si sente particolarmente spinta a camminare nella fede, rispondendo con gratitudine all’amore di Gesù, « manifestazione incarnata dell’amore misericordioso di Dio (cfr Gv 3, 16) ». (291) La celebrazione dell’inizio del terzo millennio cristiano può essere un’occasione opportuna perché il popolo di Dio in America rinnovi « la sua gratitudine per il gran dono della fede », (292) che cominciò a ricevere cinque secoli fa. Il 1492, al di là degli aspetti storici e politici, fu il grande anno di grazia per la fede accolta in America: una fede che annuncia il supremo beneficio dell’Incarnazione del Figlio di Dio, avvenuta 2000 anni fa, come solennemente ricorderemo nel Grande Giubileo ormai vicino.

 

Questo duplice sentimento di speranza e di gratitudine deve accompagnare tutta l’azione pastorale della Chiesa nel Continente, permeando di spirito giubilare le diverse iniziative delle diocesi, delle parrocchie, delle comunità di vita consacrata, dei movimenti ecclesiali, come pure le attività che potranno organizzarsi a livello regionale e continentale. (293)

 

Preghiera a Gesù Cristo per le famiglie d’America

 

76. Pertanto, invito tutti i cattolici d’America a prendere parte attiva nelle iniziative evangelizzatrici che lo Spirito Santo va suscitando in ogni parte di questo immenso Continente, così pieno di potenzialità e di speranze per il futuro. In special modo invito le famiglie cattoliche ad essere « chiese domestiche », (294) dove si vive e si trasmette alle nuove generazioni la fede cristiana come un tesoro, e dove si prega insieme. Le famiglie cattoliche, se sapranno realizzare in se stesse l’ideale che Dio affida loro, si convertiranno in autentici focolai di evangelizzazione.

 

A conclusione di questa Esortazione apostolica, con la quale ho ripreso le proposte dei Padri sinodali, accolgo volentieri il loro suggerimento di redigere una preghiera per le famiglie in America. (295) Invito singoli, comunità e gruppi ecclesiali, dove due o più si riuniscono nel nome del Signore, a rafforzare mediante l’orazione il legame spirituale di unione tra tutti i cattolici americani. Si uniscano tutti alla supplica del Successore di Pietro nell’invocare Cristo, che è « la via per la conversione, per la comunione e per la solidarietà in America »:

 

Signore Gesù, ti ringraziamo
perché il Vangelo dell’Amore del Padre,
con il quale sei venuto a salvare il mondo,
è stato ampiamente proclamato in America
come dono dello Spirito Santo
che fa fiorire la nostra gioia.

 

Ti rendiamo grazie per il dono della tua vita,
che ci hai offerto amandoci fino alla fine:
essa ci rende figli di Dio e fratelli tra noi.
Aumenta, Signore, la nostra fede e l’amore per Te,
che sei presente nei tanti tabernacoli
del Continente.

 

Concedici di essere testimoni fedeli
della tua Resurrezione
davanti alle nuove generazioni d’America,
perché conoscendoti ti seguano
e trovino in Te la loro pace e la loro gioia.
Solo così potranno sentirsi fratelli
di tutti i figli di Dio, dispersi nel mondo.

 

Tu, che facendoti uomo, hai voluto essere
membro di una famiglia umana,
insegna alle famiglie le virtù che rifulsero
nella casa di Nazaret.
Fa’ che esse restino unite,
come Tu e il Padre siete Uno,
e siano testimonianza viva di amore,
di giustizia e di solidarietà;
fa’ che siano scuola di rispetto,
di perdono e di aiuto vicendevole,
perché il mondo creda;
fa’ che siano sorgente di vocazioni
al sacerdozio, alla vita consacrata
e a tutti gli altri modi
di forte impegno cristiano.

 

Proteggi la tua Chiesa e il Successore di Pietro,
al quale Tu, Buon Pastore, hai affidato
l’incarico di pascere tutto il tuo gregge.
Fa’ che la tua Chiesa fiorisca in America
e moltiplichi i suoi frutti di santità.

 

Insegnaci ad amare tua Madre, Maria,
come l’amasti Tu.
Dacci forza di annunciare coraggiosamente
la tua Parola
nell’impegno della nuova evangelizzazione,
per corroborare nel mondo la speranza.

 

Nostra Signora di Guadalupe, Madre dell’America,
prega per noi!

 

Dato a Città del Messico, il 22 gennaio dell’anno 1999, ventunesimo di Pontificato.

 

GIOVANNI PAOLO II

 

 


 

 

INDICE

 

Introduzione [n. 1]

 

L’idea di celebrare questa Assemblea sinodale [n. 2]

 

Il tema dell’Assemblea [n. 3]

 

La celebrazione dell’Assemblea come esperienza di incontro [n. 4]

 

Contribuire all’unità del Continente [n. 5]

 

Nel contesto della nuova evangelizzazione [n. 6]

 

Con la presenza e l’aiuto del Signore [n. 7]

 

CAPITOLO I
L’INCONTRO CON GESU CRISTO VIVO

 

Gli incontri con il Signore nel Nuovo Testamento [n. 8]

 

Incontri personali e incontri comunitari [n. 9]

 

L’incontro con Cristo nel tempo della Chiesa [n. 10]

 

Per mezzo di Maria incontriamo Gesù [n. 11]

 

Luoghi di incontro con Cristo [n. 12]

 

CAPITOLO II
L’INCONTRO CON GESU CRISTO NELL’OGGI DELL’AMERICA

 

La situazione degli uomini e delle donne d’America e il loro incontro con il Signore [n. 13]

 

L’identità cristiana dell’America [n. 14]

 

Frutti di santità [n. 15]

 

La pietà popolare [n. 16]

 

Presenza cattolico-orientale [n. 17]

 

La Chiesa nel campo dell’educazione e dell’azione sociale [n. 18]

 

Crescente rispetto dei diritti umani [n. 19]

 

Il fenomeno della globalizzazione [n. 20]

 

La crescente urbanizzazione [n. 21]

 

Il peso del debito estero [n. 22]

 

La corruzione [n. 23]

 

Il commercio e il consumo di droga [n. 24]

 

La preoccupazione per l’ecologia [n. 25]

 

CAPITOLO III
CAMMINO DI CONVERSIONE

 

Urgenza della chiamata alla conversione [n. 26]

 

Dimensione sociale della conversione [n. 27]

 

Conversione permanente [n. 28]

 

Guidati dallo Spirito Santo verso un nuovo stile di vita [n. 29]

 

Vocazione universale alla santità [n. 30]

 

Gesù, unica via alla santità [n. 31]

 

Penitenza e riconciliazione [n. 32]

 

CAPITOLO IV
VIA ALLA COMUNIONE

 

La Chiesa, sacramento di comunione [n. 33]

 

Iniziazione cristiana e comunione [n. 34]

 

L’Eucaristia, centro di comunione con Dio e con i fratelli [n. 35]

 

I Vescovi, promotori di comunione [n. 36]

 

Una comunione più intensa tra le Chiese particolari [n. 37]

 

Comunione fraterna con le Chiese cattoliche orientali [n. 38]

 

Il presbiterio come segno di unità [n. 39]

 

Promuovere la pastorale vocazionale [n. 40]

 

Rinnovare l’istituzione parrocchiale [n. 41]

 

I diaconi permanenti [n. 42]

 

La vita consacrata [n. 43]

 

I fedeli laici e il rinnovamento della Chiesa [n. 44]

 

Dignità della donna [n. 45]

 

Le sfide per la famiglia cristiana [n. 46]

 

I giovani, speranza del futuro [n. 47]

 

Accompagnare il bambino nel suo incontro con Cristo [n. 48]

 

Elementi di comunione con le altre Chiese e Comunità ecclesiali [n. 49]

 

Rapporto della Chiesa con le comunità ebraiche [n. 50]

 

Religioni non cristiane [n. 51]

 

CAPITOLO V
VIA ALLA SOLIDARIETA

 

La solidarietà, frutto della comunione [n. 52]

 

La dottrina della Chiesa, espressione delle esigenze della conversione [n. 53]

 

La dottrina sociale della Chiesa [n. 54]

 

Globalizzazione della solidarietà [n. 55]

 

Peccati sociali che gridano al cielo [n. 56]

 

Il fondamento ultimo dei diritti umani [n. 57]

 

Amore preferenziale per i poveri e gli emarginati [n. 58]

 

Il debito estero [n. 59]

 

Lotta contro la corruzione [n. 60]

 

Il problema delle droghe [n. 61]

 

La corsa agli armamenti [n. 62]

 

Cultura della morte e società dominata dai potenti [n. 63]

 

I popoli indigeni e gli americani di origine africana [n. 64]

 

La problematica degli immigrati [n. 65]

 

CAPITOLO VI
LA MISSIONE DELLA CHIESA OGGI IN AMERICA: LA NUOVA EVANGELIZZAZIONE

 

Mandati da Cristo [n. 66]

 

Gesù Cristo, « buona novella » e primo evangelizzatore [n. 67]

 

L’incontro con Cristo spinge ad evangelizzare [n. 68]

 

Importanza della catechesi [n. 69]

 

Evangelizzazione della cultura [n. 70]

 

Evangelizzare i centri educativi [n. 71]

 

0Evangelizzare con i mezzi di comunicazione sociale [n. 72]

 

La sfida delle sette [n. 73]

 

La missione ad gentes [n. 74]

 

CONCLUSIONE

 

Con speranza e gratitudine [n. 75]

 

Preghiera a Gesù Cristo per le famiglie d’America [n. 76]

 

 


 

 

(1) Eloquente, al riguardo, l’antica iscrizione posta nel battistero di San Giovanni in Laterano: « Virgineo foetu Genitrix Ecclesia natos quos spirante Deo concipit amne parit » (E. Diehl, Inscriptiones latinae christianae veteres, n. 1513, I.I: Berolini 1925, p. 289).

 

(2) Omelia in occasione delle ordinazioni diaconali e presbiterali a Bogotá (22 agosto 1968): AAS 60 (1968), 614-615.

 

(3) N. 17: AAS 85 (1993), 820.

 

(4) N. 38: AAS 87 (1995), 30.

 

(5) Discorso di apertura della IV Conferenza generale dell’Episcopato Latino-americano (12 ottobre 1992), 17: AAS 85 (1993), 820-821.

 

(6) Giovanni Paolo II, Lett. ap. Tertio millennio adveniente (10 novembre 1994), 21: AAS 87 (1995), 17.

 

(7) Discorso di apertura della IV Conferenza Generale dell’Episcopato Latino-americano (12 ottobre 1992), 17: AAS 85 (1993), 820.

 

(8) Cfr Lett. ap. Tertio millennio adveniente (10 novembre 1994), 38: AAS 87 (1995), 30.

 

(9) Discorso all’Assemblea del CELAM (9 marzo 1983), III: AAS 75 (1983), 778.

 

(10) Esort. ap. post-sinodale Christifideles laici (30 dicembre 1988), 34: AAS 81 (1989), 454.

 

(11) Propositio 3.

 

(12) S. Agostino, Tract. in Joh. 15, 11: CCL 36, 154.

 

(13) Ibid., 15, 17: l.c., 156.

 

(14) « Salvator… ascensionis suae eam (Mariam Magdalenam) ad apostolos instituit apostolam ». Rabano Mauro, De vita beatae Mariae Magdalenae, 27: PL 112, 1574. Cfr S. Pier Damiani, Sermo 56: PL 144, 820; Ugo Di Cluny, Commonitorium: PL 159, 952; S. Tommaso d’Aquino, In Joh. Evang. expositio, 20, 3.

 

(15) Allocuzione per la chiusura dell’Anno Santo (25 dicembre 1975): AAS 68 (1976), 145.

 

(16) Propositio 9; cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. sulla chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes, 22.

 

(17) Lett. enc. Redemptoris Mater(25 marzo 1987), 21: AAS 79 (1987), 369.

 

(18) Propositio 5.

 

(19) III Conferenza Generale dell’Episcopato Latino-americano, Puebla, febbraio 1979, Messaggio ai popoli dell’America Latina, n. 282. Per gli Stati Uniti d’America, cfr National Conference of Catholic Bishops, Behold Your Mother Woman of Faith (Washington 1973), pp. 53-55.

 

(20) Cfr Propositio 6.

 

(21) Giovanni Paolo II, Discorso di apertura della IV Conferenza Generale dell’Episcopato latino-americano (12 ottobre 1992), 24: AAS 85 (1993), 826.

 

(22) Cfr National Conference of Catholic Bishops, Behold Your Mother Woman of Faith (Washington 1973), p. 37.

 

(23) Cfr Propositio 6.

 

(24) Propositio 4.

 

(25) Cfr ibid.

 

(26) Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla sacra liturgia Sacrosanctum Concilium, 7.

 

(27) Lett. enc. Mysterium fidei (3 settembre 1965): AAS 57 (1965), 764.

 

(28) Ibid., l.c., 766.

 

(29) Propositio 4.

 

(30) Allocuzione durante l’ultima sessione pubblica del Concilio Vaticano II (7 dicembre 1965): AAS 58 (1966), 58.

 

(31) Cfr Giovanni Paolo II, Esort. ap. Reconciliatio et paenitentia (2 dicembre 1984), 16: AAS 77 (1985), 214-217.

 

(32) Cfr Propositio 61.

 

(33) Propositio 29.

 

(34) Cfr Bolla Sacrosancti apostolatus cura (11 agosto 1670), § 3: Bullarium Romanum, 26VII, 42.

 

(35) Tra gli altri giova citare: i martiri Giovanni Brébeuf e i suoi sette compagni, Rocco Gonzales e i suoi due compagni; i santi: Elisabetta Ann Seton, Margherita Bourgeoys, Pietro Claver, Giovanni del Castillo, Rosa Filippina Duchesne, Margherita d’Youville, Francesco Febres Cordero, Teresa Fernández Solar delle Ande, Giovanni Macías, Toribio de Mogrovejo, Ezechiele Moreno y Díaz, Giovanni Nepomuceno Neumann, Maria Anna di Gesù Paredes y Flores, Martino de Porres, Alfonso Rodriguez, Francesco Solano, Francesca Saverio Cabrini; i beati: Giuseppe de Anchieta, Pietro di San José de Betancur, Juan Diego, Caterina Drexel, Maria della Incarnazione Rosal, Raffaele Guizar Valencia, Dina Bélanger, Alberto Hurtado Cruchaga, Elia del Socorro Nieves, Maria Francesca di Gesù Rubatto, Mercede di Gesù Molina, Narcisa di Gesù Martillo Morán, Michele Agostino Pro, Maria di San José Alvarado Cardozo, Junípero Serra, Kateri Tekakwitha, Laura Vicuña, Antonio de sant’Ana Galvão e tanti altri beati che sono invocati con fede e devozione dai popoli dell’America (cfr Instrumentum laboris, 17).

 

(36) Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 50.

 

(37) Propositio 31.

 

(38) Propositio 30.

 

(39) N. 37: AAS 87 (1995), 29; cfr Propositio 31.

 

(40) Propositio 21.

 

(41) Cfr ibid.

 

(42) Cfr ibid.

 

(43) Cfr ibid.

 

(44) Cfr Propositio, 18.

 

(45) Propositio 19.

 

(46) Decr. sulle Chiese orientali cattoliche Orientalium Ecclesiarum, 5; cfr Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, can. 28; Propositio 60.

 

(47) Cfr Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptoris Mater (25 marzo 1987), 34: AAS 79 (1987), 406; Sinodo dei Vescovi, Assemblea speciale per l’Europa, Dich. Ut testes simus Christi qui nos liberavit (13 dicembre 1991) III, 7: Ench. Vat. 13, nn. 647-652.

 

(48) Cfr Propositio 60.

 

(49) Cfr Propositiones 23 e 24.

 

(50) Propositio 73.

 

(51) Propositio 72; cfr Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus (1 maggio 1991), 46: AAS 83 (1991), 850.

 

(52) Cfr Sinodo dei Vescovi, Assemblea speciale per l’Europa, Dich. Ut testes simus Christi qui nos liberavit (13 dicembre 1991), I, 1; II, 4; IV, 10: Ench. Vat. 13, nn. 613-615; 627-633; 660-669.

 

(53) Propositio 72.

 

(54) Ibid.

 

(55) Cfr Propositio 74.

 

(56) Cfr Ep. ap. Octogesima adveniens (14 maggio 1971), 8-9: AAS 63 (1971), 406-408.

 

(57) Propositio 35.

 

(58) Cfr ibid.

 

(59) Propositio 75.

 

(60) Cfr Pontificia Commissione « Iustitia et Pax », Al servizio della comunità umana: un approccio etico al debito internazionale (27 dicembre 1986): Ench. Vat. 10, nn. 1045-1128.

 

(61) Propositio 75.

 

(62) Propositio 37.

 

(63) N. 5: AAS 90 (1998), 152.

 

(64) Propositio 38.

 

(65) Ibid.

 

(66) Propositio 36.

 

(67) Cfr ibid.

 

(68) Sinodo dei Vescovi, Seconda Assemblea generale straordinaria, Relazione finale Ecclesia sub Verbo Dei mysteria Christi celebrans pro salute mundi (7 dicembre 1985), II, B, a, 2: Ench. Vat. 9, n. 1795.

 

(69) Propositio 30.

 

(70) Propositio 34.

 

(71) Ibid.

 

(72) Ibid.

 

(73) Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 31.

 

(74) Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes, 76; Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale Christifideles laici (30 dicembre 1988), 42: AAS 81 (1989), 472-474.

 

(75) Propositio 26.

 

(76) Ibid.

 

(77) Propositio 28.

 

(78) Ibid.

 

(79) Ibid.

 

(80) Propositio 27.

 

(81) Ibid.

 

(82) Cfr ibid.

 

(83) Decr. sul rinnovamento della vita religiosa Perfectae caritatis, 7; cfr Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale Vita consecrata (25 marzo 1996), 8: AAS 88 (1996), 382.

 

(84) Propositio 27.

 

(85) Cfr Propositio 28.

 

(86) Cfr Propositio 29.

 

(87) Cfr Lumen gentium, V; Sinodo dei Vescovi, Seconda Assemblea generale straordinaria, Relazione finale Ecclesia sub Verbo Dei mysteria Christi celebrans pro salute mundi (7 dicembre 1985), II, A, 4-5: Ench. Vat. 9, nn. 1791-1793.

 

(88) Propositio 29.

 

(89) Ibid.

 

(90) Propositio 32.

 

(91) Cfr Giovanni Paolo II, Lett. ap. Dies Domini (31 maggio 1998), 40: AAS 90 (1998), 738.

 

(92) Propositio 33.

 

(93) Cfr Lett. enc. Redemptor hominis (4 marzo 1979), 20: AAS 71 (1979) 309-316.

 

(94) Propositio 33.

 

(95) Ibid.

 

(96) Ibid.

 

(97) Propositio 40; cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 2.

 

(98) Cfr Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera ai Vescovi della Chiesa cattolica su alcuni aspetti della Chiesa come comunione Communionis notio (28 maggio 1992), 3-6: AAS 85 (1993), 839-841.

 

(99) Propositio 40.

 

(100) Ibid.

 

(101) Conc. Ecum. Vat. I, Cost. dogm. sulla Chiesa di Cristo Pastor aeternus, Prologo: DS 3051.

 

(102) Conc. Ecum. di Firenze, Bolla di unione Exultate Deo (22 novembre 1439): DS 1314.

 

(103) Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 11.

 

(104) Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sul ministero e la vita dei presbiteri Presbyterorum Ordinis, 5.

 

(105) Propositio 41.

 

(106) Ibid.

 

(107) Cfr Conc. Ecum. Tridentino, Sess. VII, Decr. sui sacramenti in genere, canone 9: DS 1609.

 

(108) Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 26.

 

(109) Cfr Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptor hominis (4 marzo 1979), 20: AAS 71 (1979), 309-316.

 

(110) Propositio 42; cfr Giovanni Paolo II, Lett. ap. Dies Domini (31 maggio 1998), 69: AAS 90 (1998), 755-756.

 

(111) Propositio 41.

 

(112) Propositio 42; cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla sacra Liturgia Sacrosanctum Concilium, 14; Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 10.

 

(113) Cfr Propositio 42.

 

(114) Propositio 41.

 

(115) Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sull’apostolato dei laici Apostolicam actuositatem, 8.

 

(116) Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 23.

 

(117) Cfr Decr. sull’ufficio pastorale dei Vescovi nella Chiesa Christus Dominus, 27; Decr. sul ministero e la vita dei presbiteri Presbyterorum Ordinis, 7; Paolo VI, Motu proprio Ecclesiae sanctae (6 agosto 1966), I, 15: AAS 58 (1966), 766-767; Codice di Diritto Canonico, cann. 495, 502, 511; Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, cann. 264, 271, 272.

 

(118) Propositio 43.

 

(119) Cfr Propositio 45.

 

(120) Cfr. Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera ai Vescovi della Chiesa cattolica su alcuni aspetti della Chiesa come comunione Communionis notio (28 maggio 1992), 15-16: AAS 85 (1993), 847-848.

 

(121) Cfr Propositio 45.

 

(122) Cfr Propositio 44.

 

(123) Ibid.

 

(124) Ibid.

 

(125) Cfr Propositio 60.

 

(126) Propositio 49.

 

(127) Ibid.

 

(128) Ibid.; cfr Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sul ministero e la vita dei presbiteri Presbyterorum Ordinis, 14.

 

(129) Propositio 49.

 

(130) Ibid.

 

(131) Cfr Propositio 51.

 

(132) Propositio 48.

 

(133) Propositio 51.

 

(134) Propositio 52.

 

(135) Cfr ibid.

 

(136) Cfr ibid.

 

(137) Cfr Propositio 46.

 

(138) Ibid.

 

(139) Ibid.

 

(140) Propositio 35.

 

(141) Cfr IV Conferenza Generale dell’Episcopato Latino-americano, Santo Domingo, ottobre 1992: Nuova evangelizzazione, promozione umana e cultura cristiana, n. 58.

 

(142) Cfr Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptoris missio (7 dicembre 1990), 51: AAS 83 (1991), 298-299.

 

(143) Propositio 35.

 

(144) Cfr Propositio 46.

 

(145) Ibid.

 

(146) Cfr Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 29; Paolo VI, Motu proprio Sacrum Diaconatus Ordinem (18 giugno 1967), I, 1: AAS 59 (1967), 699.

 

(147) Propositio 50.

 

(148) Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 29.

 

(149) Cfr Propositio 50; Congregazione per l’Educazione Cattolica e Congregazione per il Clero, Istr. Ratio fundamentalis institutionis diaconorum permanentium e Directorium pro ministerio et vita diaconorum permanentium (22 febbraio 1998): AAS 90 (1998), 843-926.

 

(150) Cfr Propositio 53.

 

(151) Ibid.; cfr III Conferenza Generale dell’Episcopato Latino-americano, Puebla, febbraio 1979, Messaggio ai popoli dell’America Latina, n. 775.

 

(152) Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale Vita consecrata (25 marzo 1996), 57: AAS 88 (1996), 429-430.

 

(153) Cfr ibid., 58, l.c., 430.

 

(154) Propositio 53.

 

(155) Ibid.

 

(156) Propositio 54.

 

(157) Ibid.

 

(158) Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 31.

 

(159) Propositio 55; cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 34.

 

(160) Propositio 55.

 

(161) Cfr ibid.

 

(162) Propositio 56.

 

(163) Cfr Esort. ap. post-sinodale Christifideles laici (30 dicembre 1988), 23: AAS 81 (1989), 429-433.

 

(164) Cfr Congregazione per il Clero e altre, Istr. Ecclesiae de mysterio (15 agosto 1997): AAS 89 (1997), 852-877.

 

(165) Propositio 56.

 

(166) Ibid.

 

(167) Cfr Lett. ap. Mulieris dignitatem (15 agosto 1988): AAS 80 (1988), 1653-1729; Lettera alle donne (29 giugno 1995): AAS 87 (1995), 803-812; Propositio 11.

 

(168) Lett. ap. Mulieris dignitatem(15 agosto 1988), 31: AAS 80 (1988), 1728.

 

(169) Propositio 11.

 

(170) Ibid.

 

(171) Ibid.

 

(172) Ibid.

 

(173) Cfr Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale Christifideles laici (30 dicembre 1988), 49: AAS 81 (1989), 486-489.

 

(174) Propositio 12.

 

(175) Ibid.

 

(176) Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 11.

 

(177) Ibid.

 

(178) Cfr Propositio 12.

 

(179) Propositio 14.

 

(180) Ibid.

 

(181) Cfr ibid.

 

(182) Propositio 15.

 

(183) Ibid.

 

(184) Ibid.

 

(185) Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sull’ecumenismo Unitatis redintegratio, 3.

 

(186) Propositio 61.

 

(187) Ibid.

 

(188) Decr. sull’ecumenismo Unitatis redintegratio, 3.

 

(189) Cfr Propositio 62.

 

(190) Cfr Sinodo dei Vescovi, Assemblea Speciale per l’Europa, Dich. Ut testes simus Christi qui nos liberavit (13 dicembre 1991), III, 8: Ench. Vat. 13, nn. 653-655.

 

(191) Propositio 62.

 

(192) Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Dich. sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane Nostra aetate, 2.

 

(193) Cfr Propositio 63.

 

(194) Ibid.

 

(195) Propositio 67.

 

(196) Cfr ibid.

 

(197) Propositio 68.

 

(198) Ibid.

 

(199) Propositio 69.

 

(200) Cfr Sinodo dei Vescovi, Seconda Assemblea generale straordinaria, Relazione finale Ecclesia sub verbo Dei mysteria Christi celebrans pro salute mundi (7 dicembre 1985), II, B, a, 4: Ench. Vat. 9, n. 1797; Giovanni Paolo II, Cost. ap. Fidei depositum (11 ottobre 1992): AAS 86 (1994), 117; Catechismo della Chiesa Cattolica, 24.

 

(201) Propositio 69.

 

(202) Propositio 74.

 

(203) Ibid.

 

(204) Cfr Propositio 67.

 

(205) Propositio 70.

 

(206) Ibid.

 

(207) Cfr Propositio 73.

 

(208) Cfr Propositio 70.

 

(209) Propositio 72.

 

(210) Ibid.

 

(211) Ibid.

 

(212) III Conferenza Generale dell’Episcopato Latino-americano, Puebla, febbraio 1979, Messaggio ai popoli dell’America Latina, n. 306.

 

(213) Propositio 73.

 

(214) Cfr Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Libertatis conscientia (22 marzo 1986), 68: AAS 79 (1987), 583-584.

 

(215) Propositio 73.

 

(216) Cfr Propositio 75.

 

(217) Lett. ap. Tertio millennio adveniente (10 novembre 1994), 51: AAS 87 (1995), 36.

 

(218) Propositio 75.

 

(219) Ibid.

 

(220) Propositio 37.

 

(221) Cfr ibid. Sulla pubblicazione di questi testi, cfr. Giovanni Paolo II, Motu proprio Apostolos suos (21 maggio 1998), IV: AAS 90 (1998), 657.

 

(222) Cfr Propositio 38.

 

(223) Cfr ibid.

 

(224) Cfr ibid.

 

(225) Cfr ibid.

 

(226) Cfr Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Il commercio internazionale delle armi. Una riflessione etica (1 maggio 1994): Ench. Vat. 14, nn. 1071-1154.

 

(227) Cfr Propositio 76.

 

(228) Ibid.

 

(229) Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2267, che cita Giovanni Paolo II, Lett. enc. Evangelium vitae (25 marzo 1995), 56: AAS 87 (1995), 463-464.

 

(230) Cfr Propositio 13.

 

(231) Cfr ibid.

 

(232) Cfr ibid.

 

(233) Ibid.

 

(234) Cfr Propositio 19.

 

(235) Cfr Propositio 18.

 

(236) Propositio 20.

 

(237) Cfr Congregazione per i Vescovi, Istr. Nemo est (22 agosto 1969), 16: AAS 61 (1969), 621-622; Codice di Diritto Canonico, cann. 294 e 518; Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, can. 280 § 1.

 

(238) Cfr Propositio 20.

 

(239) Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale Christifideles laici (30 dicembre 1988), 33: AAS 81 (1989), 453.

 

(240) Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 31.

 

(241) Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale Christifideles laici (30 dicembre 1988), 34: AAS 81 (1989), 455.

 

(242) Cfr ibid., 2: l.c., 394-397.

 

(243) Paolo VI, Esort. ap. Evangelii nuntiandi (8 dicembre 1975), 14: AAS 68 (1976), 13.

 

(244) Cfr Esort. ap. post-sinodale Christifideles laici (30 dicembre 1988), 34: AAS 81 (1989), 455.

 

(245) Discorso all’Assemblea del CELAM (9 marzo 1983), III: AAS 75 (1983), 778.

 

(246) Cfr Paolo VI, Esort. ap. Evangelii nuntiandi, 22: AAS 68 (1976), 20.

 

(247) Cfr ibid., 7, l.c., 9-10.

 

(248) Giovanni Paolo II, Messaggio al CELAM (14 settembre 1997), 6: L’Osservatore Romano, 1 ottobre 1997, p. 4.

 

(249) Propositio 8.

 

(250) Cfr Propositio 57.

 

(251) Cfr Propositio 16.

 

(252) Ibid.

 

(253) Propositio 2.

 

(254) Ibid.

 

(255) Ibid.

 

(256) Propositio 10.

 

(257) Relazione finale Ecclesia sub verbo Dei mysteria Christi celebrans pro salute mundi (7 dicembre 1985), II, B, a, 4: Ench. Vat. 9, n. 1797.

 

(258) Cfr Lett. ap. Laetamur magnopere (15 agosto 1997): AAS 89 (1997), 819-821.

 

(259) Congregazione per il Clero, Direttorio generale per la catechesi (15 agosto 1997), Libreria Editrice Vaticana, 1997.

 

(260) Propositio 10.

 

(261) Ibid.

 

(262) Ibid.

 

(263) Esort. ap. Evangelii nuntiandi (8 dicembre 1975), 20: AAS 68 (1976), 19.

 

(264) Propositio 17.

 

(265) Cfr ibid.

 

(266) Cfr ibid.

 

(267) Cfr Propositio 22.

 

(268) Propositio 23.

 

(269) Cfr ibid.

 

(270) Ibid.

 

(271) Propositio 24.

 

(272) Ibid.

 

(273) Ibid.

 

(274) Cfr Propositio 22.

 

(275) Cfr ibid.

 

(276) Ibid.

 

(277) Cfr Propositio 25.

 

(278) Cfr ibid.

 

(279) Cfr ibid.

 

(280) Cfr Instrumentum laboris, 45.

 

(281) Cfr Decr. sull’ecumenismo Unitatis redintegratio, 3.

 

(282) Cfr Propositio 64.

 

(283) Cfr. Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sull’ecumenismo Unitatis redintegratio, 3.

 

(284) Cfr Propositio 65.

 

(285) Ibid.

 

(286) Cfr IV Conferenza Generale dell’Episcopato Latino-americano, Santo Domingo, ottobre 1992, Nuova evangelizzazione, promozione umana e cultura cristiana, nn. 139-152.

 

(287) Cfr Propositio 65.

 

(288) Cfr Propositio 86.

 

(289) Ibid.

 

(290) Propositio 58.

 

(291) Ibid.

 

(292) Ibid.

 

(293) Cfr Ibid.

 

(294) Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 11.

 

(295) Propositio 12.