Il secondo giorno del Convegno nazionale di Missio Ragazzi, che si sta svolgendo alla Casa per ferie “Ospitalità Bakhita” di Roma e terminerà domani – domenica 12 marzo – è stato dedicato ad un’approfondita riflessione su quale pastorale missionaria è possibile per le parrocchie.

La relazione da cui il confronto ha preso le mosse è stata affidata a don Antonio Mastantuono, vice assistente ecclesiastico generale dell’Azione Cattolica Italiana. Il sacerdote ha messo subito in chiaro che occorre andare «oltre la tentazione del fare», perché per rendere “missionaria” la pastorale di una parrocchia non dobbiamo chiederci “cosa dobbiamo fare” ma “come dobbiamo essere”. In altre parole occorre prendere sul serio l’invito di papa Francesco che invita ad una “Chiesa in uscita”.

Come? Cercando di vivere tre dimensioni da cui non possiamo prescindere, spiega don Mastantuono, ovvero: la dimensione dinamica, che consiste nell’abbattere i confini della parrocchia, proprio sull’esempio di Gesù che per eccellenza «è colui che sconfina, che rompe i confini – per esempio – del linguaggio e del rapporto uomo-donna»; la dimensione di “comunità di racconto”, che differenza le parrocchie dalle ong nella misura in cui le prime sono capaci di raccontare l’esperienza di Gesù e la bellezza della relazione uomo-Dio; infine la dimensione dell’ospitalità, che non ha paura dell’altro, dello straniero, del diverso ed invita a passare dall’ “etica dei principi” all’ “etica del cuore”. Solo così la parrocchia – ricorda il sacerdote, citando papa Francesco – può fare proprio lo stile della missio ad gentes: in tal modo «lo Spirito Santo trasformerà i fedeli abitudinari in discepoli, i discepoli disaffezionati in missionari, tirandoli fuori dalle paure e dalle chiusure e proiettandoli in ogni direzione sino ai confini del mondo».

Alla domanda di molti convegnisti su come superare il frazionamento delle diverse realtà che in una stessa parrocchia educano alla fede (per esempio: catechismo, Azione Cattolica Ragazzi, Scout, ecc.), don Mastantuono ha risposto che ciò è possibile «solo se la comunità parrocchiale diventa sinfonica»: ogni ambito suona il suo strumento musicale, ma tutti hanno ben chiaro che «al centro deve esserci la missione, da vivere ciascuno secondo il proprio specifico».

laboratori del pomeriggio hanno impegnato i partecipanti su tre fronti diversi: nel gruppo dedicato all’animazione, sono state lanciate idee e contenuti per realizzare una proposta completa di Grest missionario per l’estate 2018; nel gruppo dedicato alla cooperazione, sono state tracciate le basi per la stesura dell’itinerario formativo annuale 2017/2018, pensato per tutte le realtà ecclesiali che educano alla fede; nel gruppo dedicato alla formazione, è stata condotta una riflessione a partire dalle pitture di Joey Velasco, un artista filippino che dipinge con la particolarità di inserire i bambini nelle scene della passione di Gesù, segno del loro protagonismo nella fede e della loro innata e spontanea missionarietà.

Dopo la lectio divina guidata da don Michele Autuoro, direttore della Fondazione Missio, la giornata si è conclusa con un momento di festa, grazie al maestro percussionista senegalese Ismaila Mbaye e al suo spettacolo musicale dal titolo “Percussionando”, con il quale gira l’Italia per far scoprire a tutti il bello dell’Africa (troppo spesso pensata e descritta solo come miseria, fame, guerra).